I Vicere. Federico De Roberto

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I Vicere - Federico De Roberto

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zitellona, asciutta asciutta, scrollava il capo; Chiara abbracciava Lucrezia piangendo; il marchese salutava mestamente i lavapiatti; ma la più commossa era donna Graziella: «Non mi par vero!… Non volevo crederci!… Che si muore così?… E il povero Giacomo? Dice che è corso subito lassù?… Povero cugino!… Se almeno avesse potuto arrivare a chiuderle gli occhi!… Che dolore, non aver tempo di rivederla!…»

      Udendo Chiara singhiozzare in seno alla sorella Lucrezia, esclamò: «Hai ragione, sfogati, poveretta! Mamma ce n’è una sola!…»

      Ella pareva tanto addolorata della disgrazia dei cugini da dimenticare perfino che la morta era sorella della sua propria madre. Si profferiva alla principessa; le diceva, traendola in disparte:

      «Hai bisogno di nulla?… Vuoi che ti dia una mano?… Come sta la mia figlioccia?… Che ha lasciato detto il cugino?…»

      «Non so… Ha ordinato a Baldassarre il da fare…»

      Baldassarre, infatti, andava su e giù, mandando ancora messi, ricevendo quelli che tornavano dall’aver eseguito le ambasciate. Tutti i parenti, ormai, erano avvertiti: soltanto il famiglio mandato ai Benedettini venne a dire che Padre don Lodovico stava per arrivare, ma che Padre don Blasco non era nel convento.

      «Va’ dalla Sigaraia… a quest’ora sarà da lei… Corri, digli che è morta sua cognata…»

      Don Lodovico arrivò con la carrozza di San Nicola; e nella Sala Gialla tutti s’alzarono all’apparire del Priore. Chiara e Lucrezia gli andarono incontro, gli presero ciascuna una mano, e la marchesa, cadendo in ginocchio, proruppe:

      «Lodovico!… Lodovico!… La nostra povera mamma!»

      Tacevano tutti, guardando quel gruppo: la cugina, con gli occhi rossi, mormorava:

      «È una cosa che strazia l’anima!»

      Il Priore, chinatosi sulla sorella, la rialzò senza guardarla in viso, e nel silenzio generale, rotto da brevi singhiozzi repressi, disse, alzando gli occhi asciutti al cielo:

      «Il Signore l’ha chiamata a sé… Chiniamo la fronte ai decreti della Provvidenza divina…» e poiché Chiara voleva baciargli la mano, egli si schermì: «No, no, sorella mia…» e la strinse al petto, baciandola in fronte.

      «Perché si nasce!…» esclamò dolorosamente don Giacinto all’orecchio di don Mariano; ma questi, scrollando il capo, si fece innanzi con piglio risoluto:

      «Basta adesso, signori miei!… I morti son morti, e il pianto non li risuscita… Pensate alla vostra salute, adesso, che è l’importante…»

      «Coraggio, poveretti!…» confermò la cugina Graziella, prendendo per mano le cugine, costringendole amorosamente a sedere; mentre il marchese baciava sua moglie in fronte, le asciugava gli occhi, le parlava all’orecchio, e donna Ferdinanda, poco portata alle scene patetiche, si metteva il principino sulle ginocchia.

      Il biglietto del signor Marco passava di mano in mano; il Priore manifestava anch’egli l’intenzione di partire per il Belvedere, ma i lavapiatti protestarono.

      «Per far che cosa?… Angustiarsi per niente?… Se si potesse dar aiuto…»

      «Partirei io!» soggiunse la cugina.

      «Aspettiamo, piuttosto,» propose il marchese. «Giacomo manderà certo a dire qualcosa…»

      L’arrivo di un’altra carrozza fece infatti supporre che venisse qualcuno dal Belvedere. Era invece la duchessa Radalì. Poiché ella aveva il marito impazzato e non faceva visite a nessuno, il suo pronto accorrere intenerì più che mai la cugina, che la chiamava zia, quantunque non ci fosse parentela tra loro; ma il ritorno di donna Vincenza da San Placido segnò il colmo della commozione. La cameriera non trovava parole per esprimere il dolore della monaca, giungeva le mani dalla pietà:

      «Figlia mia! Povera figlia!… Come una pazza, fa come una pazza!… E chiama: “Sorelle mie! Sorelle mie!…”»

      Lucrezia piangeva anch’ella, adesso; Chiara disse tra i singhiozzi:

      «Io vado alla badìa…»

      «Vostra Eccellenza farà un’opera santa… Anche la Madre Badessa piangeva: “Povera principessa!… Degna serva di Dio!”»

      La cugina s’offerse d’accompagnarla; ma poi, visto che la principessa non sapeva dove dar del capo:

      «Resto piuttosto ad aiutar Margherita,» disse a Chiara; e questa s’alzò, mentre le raccomandavano: «Baciala per me… e per me… Dille che domani andrò a trovarla…» E don Giacinto chiamava: «Marchese, marchese!… accompagnate vostra moglie…»

      In mezzo alla confusione, mentre la marchesa andava via col marito, spuntò finalmente don Blasco, col faccione sudato che luceva e il tricorno in capo. Entrò senza salutar nessuno, esclamando:

      «L’avevo detto, eh?… Doveva finire così!…»

      Non gli risposero. Il Priore, anzi, chinò gli occhi a terra quasi cercando qualcosa; donna Ferdinanda, per suo conto, pareva non essersi neppure accorta dell’arrivo del fratello. Il monaco si mise a passeggiare da un capo all’altro della sala, asciugandosi il sudore del collo e continuando a parlar solo:

      «Che testa!… Che testa!… Fino all’ultimo!… Andare a crepare in mano di quell’imbroglione!… Io l’avevo profetato, ah?… Dov’è?… Non è venuto?… È lui il padrone, qui dentro!»

      Poiché nessuno fiatava, la cugina credé d’osservare:

      «Zio, in questo momento…»

      «Che vuol dire, in questo momento?…» rispose il monaco, piccato. «È morta, Dio l’abbia in gloria!… Ma che s’ha da dire? Che ha fatto una gran cosa?… E Giacomo?… È andato?… È andato solo?… Perché non va nessun altro?… Ha proibito agli altri di andare?…»

      «No, Eccellenza…» rispose timidamente la principessa. «È partito appena saputa la notizia.»

      «Io volevo accompagnarlo…» disse Lucrezia; ma allora il Benedettino saltò su:

      «Tu? Per far che cosa? Sempre voialtre femmine tra i piedi? Vi pare che sappiate sole aggiustare il mondo?… Dov’è Ferdinando?… Non è venuto ancora?»

      Sopravvenivano in quel momento il cavaliere don Eugenio e don Cono Canalà, altro dei lavapiatti. Don Cono entrò in punta di piedi, quasi per paura di schiacciar qualcosa, e fermatosi dinanzi alla principessa esclamò, gestendo col braccio:

      «Immensa iattura!… Catastrofe immensurabile!… La parola spira sul labbro…» mentre il cavaliere leggeva il biglietto del signor Marco.

      Frattanto don Blasco, girando come un trottolone, soffermavasi dinanzi agli usci, guardava in fondo alla sfilata delle stanze, pareva fiutasse l’aria, borbottava: «Che fretta!… Che affezione!…» ed altre parole incomprensibili.

      Nel crocchio dei parenti, ciascuno adesso diceva la sua: il Priore, a bassa voce, accanto alla duchessa ed alla zia Ferdinanda, parlava della «dolorosa ostinazione» della madre; ma tratto tratto, quasi pavido di far male discutendo anche rispettosamente la volontà della morta, s’interrompeva, chinava il capo; la cugina era inquieta per la mancanza di notizie dal Belvedere:

      «Giacomo avrebbe potuto

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