Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2. Ali Bey

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Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - Ali Bey

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fino all'istante in cui li congedai. La mia casa, le strade, la moschea, e l'uscita della città erano affollate di gente, che da ogni banda cercava d'avvicinarmisi per toccarmi, per chiedermi una preghiera, ec. Dirigendomi al N. giunsi a mezzogiorno nel mio campo di già stabilito al di là del ponte sulla riva destra del Sebou, fiume assai considerabile, che scorre all'ouest.

Venerdì 31 Maggio

      Ci ponemmo in cammino alle otto del mattino, diriggendoci d'ordinario all'E. N. E., e facendo mille ravvolgimenti nelle montagne, fino alle due dopo mezzogiorno, che feci alzare le tende in riva al fiume Jenaoul che scorre con poche acque all'ouest.

      Il paese è composto di montagne secondarie, la maggior parte calcaree, con alcuni tratti di terra coltivata.

      Tra gli omaggi che mi furono resi dagli abitanti de' Dovar posti lungo la strada merita d'essere ricordato il seguente. Io vidi i fanciulli riuniti per incontrarmi; de' quali colui che precedeva gli altri era vestito d'una tonaca bianca, con un fazzoletto di seta sul capo, e portava in mano un bastone alto sette piedi, all'estremità del quale eravi una tavoletta su cui era scritta una preghiera. Dopo avermi fatto un complimento studiato, mi baciarono la mano, la stoffa, o ciò che potevano toccare, e partirono in seguito assai soddisfatti. Quanto era commovente la loro semplicità! Le madri facevano la scolta per vedere l'accoglimento ch'io faceva ai loro figliuoli.

Sabbato primo Giugno

      Alle otto del mattino eravamo già in su la strada andando nella direzione di E. seguendo più d'un'ora e mezzo il fiume Yenaoul che scorre lungo la vallata. Si entrò subito dopo nelle montagne, e si attraversò un piccolo fiume ad un'ora dopo il mezzogiorno. Alle due si fece alto sulla sponda destra.

      Il terreno non diversifica da quello di jeri, se non che la vegetazione era alquanto più rigogliosa. Vidi molti campi lavorati, ed un solo dovar.

      Il tempo era in parte coperto, ed il termometro nella mia tenda segnava alle quattro della sera 26 e 7 di Réaumur.

Domenica 2

      Si riprese il cammino alle sette del mattino seguendo l'andamento di molte vallate tra montagne di mediocre altezza, ove si dovettero attraversare ad ogni istante alcuni piccoli fiumi; ed alle quattr'ore ed un quarto della sera si piantarono le tende presso a Tezza, piccola città posta sopra una rupe alle falde d'altre montagne più alte al N. O. Assai pittoresco è il quadro che offre questa città, circondata di antiche mura, colla torre della moschea che s'innalza fuori delle case come un obelisco. La rupe è scoscesa in alcuni lati, ed in altri coperta di piante fruttifere. I giardini ne circondano la base. Da un altro lato aggiungono varietà alla veduta un ruscello ed altri minori rigagnoli che si precipitano dall'alto, ed un ponte mezzo rovinato. Una sorprendente quantità d'ussignuoli, di tortorelle, e d'altri uccelli di varie specie, rendono questo luogo assai delizioso.

      La valle coperta d'abbondante messe, mi convinse che questi abitanti sono più laboriosi che quelli delle coste del mare.

      Il tempo fu sereno, e caldo assai fino all'istante di far alto, in cui il cielo coprissi di dense nubi; ed appena alzate le tende si udirono terribili colpi di tuono, e cadde una dirotta pioggia.

      Malgrado questo contrattempo, ebbi il vantaggio di poter approfittare d'un istante in cui il sole apparve tra le nuvole, e trovai la mia longitudine cronometrica – 6° 0′ 15″ Ouest dell'osservatorio di Parigi.

      Incontrai sulla strada molte carovane di Arabi che venivano da Levante, cacciati dalla carestia che regnava ne' loro paesi: erano composte d'intere tribù, che conducevano con loro gli avanzi de' loro bestiami, e tutto quanto possedevano. L'aspetto di tali carovane può dare un'adeguata idea delle antiche emigrazioni della Palestina e dell'Egitto, prodotte dalla stessa cagione.

      Un colpo di sole sul rovescio delle mani mi cagionò una resipola. Si gonfiarono assai, e l'infiammazione diventò forte in modo di farmi soffrire acuti dolori.

Lunedì 3

      Non diminuendo le mie doglie non feci levare il campo: altronde tutta la notte e la mattina il tempo imperversò.

      Osservai il passaggio del sole di mezzo a grosse nubi, che mi diede la latitudine al N. di – 34° 30′ 7″; ma quest'osservazione non è attendibile. La pioggia continuava ancora verso sera con un gagliardo vento d'O., e la mia mano sinistra proseguiva a tormentarmi.

Martedì 4

      La dirotta pioggia non ci permise di riprendere il cammino.

Mercoledì 5

      Alle otto del mattino si partì dirigendoci all'E., attraversando vallate, salendo e scendendo colline rinfrescate da molli ruscelli. Ad un'ora ed un quarto essendosi passato un fiume, feci alzare le tende entro il circondario d'un antico Alcassaba (castello) detto Temessovín.

      Il terreno di questa contrada è tutto composto di argilla glutinosa che forma le colline e le valli fino ad una grande profondità, poichè io vidi degli strati verticali di oltre quaranta piedi. Io suppongo essere il medesimo strato generale, che da una parte va fino alla strada che conduce da Tanger a Mequinez, e dall'altra va a formare le montagne del Tetovan.

      In questo giorno incontrai una càffila (carovana) proveniente dal Levante, che conduceva una greggia di più di mille cinquecento capre. Avevano collocate sopra alcuni camelli una specie di baldacchini o piccole tende entro le quali stavano le donne ed i fanciulli delle famiglie più ricche della tribù; le altre camminavano scoperte. Molti buoi e vacche erano cariche, e portavano, come i muli loro carico sul dorso.

      Questo era l'ordine della marcia. Il bestiame collocato avanti era diviso in corpi di circa cento capi cadauno, e diretti da quattro o cinque garzoni, che cercavano di conservare un intervallo di circa venti passi tra un corpo e l'altro; le tende, gli equipaggi e la maggior parte delle donne e dei fanciulli collocati sui camelli stavano nel centro; gli uomini a cavallo e a piedi portando il fucile appeso, formavano la retroguardia, ed andavano pure dispersi sui due lati.

      L'Alcassaba ove noi eravamo accampati è formato d'un quadrato di muri di 425 piedi di fronte con una torre quadrata ad ogni angolo, ed un'altra nel centro di ogni faccia. Il muro aveva tre piedi di spessezza, ed era alto diciotto. Da quest'altezza sorge un sottile parapetto sull'estremità esteriore tutto sparso di feritoj; e la residua grossezza del muro è il solo spazio su cui devono stare i difensori, che non possono fare alcun movimento senza pericolo di cadere. Vedesi nel centro dell'Alcassaba una moschea ruinata, presso alle rovine d'altri edificj. Varj gruppi, ciascuno di tre o quattro baracche, sono il miserabile asilo degli abitanti di questa solitudine. Il kaïd dell'Alcassaba che abita in un dovar distante una lega, venne a complimentarmi, e ad offrirmi un montone, orzo, latte, ed altre derrate.

Giovedì 6

      Alle sette ore e mezzo del mattino la mia carovana si avanzava all'Est, e continuò a tenere la stessa direzione fino alle tre e mezzo della sera, quando a canto di un povero dovar, ed a poca distanza da alcune rovine, o informi abituri, feci collocare il mio campo.

      Il terreno formato d'argilla pura presentava una vasta pianura, ed un vero deserto senz'abitanti, e senz'altra verdura che quella d'alcuni cespugli abbruciati. Alle dieci si passò presso ad una grande cisterna piena d'eccellente acqua, e verso il mezzogiorno si attraversò un piccolo fiume.

      Il tempo benchè sereno era rinfrescato da un vento d'E.

Venerdì 7

      Partj alcuni minuti prima delle sette del mattino, e dopo di avere passato il fiume Moulovìa, vidi le ruine d'un Alcassaba. Per lo spazio di due ore seguitai a tenere la strada al N. E. in poca distanza dal fiume, indi piegando all'E. continuai fino alle due dopo mezzogiorno. Passai in seguito presso ad un grande Alcassaba minato, intorno al quale vedevansi molti dovar: indi dopo aver attraversato il fiume Enzà si fermò il campo sulla sua sponda.

      Profondo è il fiume Moulovìa, ma nel luogo in cui noi lo varcammo, avendo molta estensione, presenta un buon guado. Egli scorre

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