Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo I. Botta Carlo

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Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo I - Botta Carlo

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dei popoli. In Piemonte per la vicinanza le nuove dottrine si erano introdotte, e quantunque non pochi per le enormezze di Francia si fossero ritirati, alcuni ancora vi perseveravano. In Milano le novità avevano posto radice, ma molto rimessamente siccome in terreno molle e dilettoso. In Venezia per l'indole molto ingentilita dei popoli gli atroci fatti avevano destato uno sdegno grandissimo, e poco vi si temevano gli effetti dell'esempio, massime con quel tribunale degl'inquisitori di stato, quantunque fosse divenuto più terribile di nome che di fatto. Gli Schiavoni ancora servivano di scudo, siccome gente aliena dalle nuovi opinioni, e fedelissima alla repubblica. In Napoli covava gran fuoco sotto poca cenere, perchè le opinioni nuove vi si erano molto distese, ed il cielo vi fa gli uomini eccessivi. In Roma fra preti, che intendevano alle faccende ecclesiastiche, ed un numero esorbitante di servitori, che a tutt'altro pensavano, che a quello che gli altri temevano, si poteva vivere a sicurtà. In Toscana, provincia dove sono i cervelli sottili, e gli animi ingentiliti, poco si stimavano i nuovi aforismi, e la felicità del vivere vi faceva odiar le mutazioni. In Genova poi erano molti e fortemente risentiti gli umori; ma siccome vi si lasciavano sfogare, poco erano da temersi, ed i rivolgimenti non fanno per chi vive sul commercio.

      La Francia intanto venuta in preda a uomini senza freno e senza consiglio, vedendo la piena che le veniva addosso, volle accoppiare alle armi le lusinghevoli promesse, e le disordinate opinioni. Però i suoi agenti sì pubblici che segreti riempivano l'Italia della fedeltà del governo loro, e delle beatitudini della libertà. Affermavano, non voler la Francia ingerirsi nei governi altrui; voler esser fedele coi fedeli, rispettar chi rispettava. Quest'erano parole; ma i fatti avevano altro suono; imperciocchè e cercavano di stillare le nuove massime nell'animo dei sudditi con rigiri segreti, mostravano loro il modo di unirsi, loro promettevano ajuti di consiglio, di denaro, e di potenza, e tentando ogni modo ed ogni via, si sforzavano di scemar la forza dei governi con torre loro il fondamento della fedeltà dei sudditi.

      Per meglio dichiarare il secolo, sarà mestiero raccontare ciò che allegavano le due contrarie parti; parrà certamente ch'io dica cose enormi, ma se ne fecero delle più enormi ancora. Dicevano adunque i novatori smoderati apertamente, ed a tutti che lo volevano udire, che i re son tutti tiranni, e bisognare uccidergli; i nobili satelliti dei tiranni; i nobili appoggiare i tiranni con l'armi, i preti con le opinioni; il popolo esser sovrano; da lui derivar ogni potere; il popolo esser pupillo, nè poter mai perdere i suoi diritti nè per tempo nè per usurpazione; il ribellarsi esser dovere, quando son lesi da chi governa i diritti del popolo; abbominevole, assurda e ridicola cosa esser la realtà; solo governo legittimo esser la repubblica; nè tutte le repubbliche esser legittime, ma solo le democratiche; l'aristocrazìa mera peggiore della realtà; l'oligarchìa un male orrendo; sola, e vera fedeltà esser quella verso il popolo; la fedeltà verso i re e verso gli aristocrati esser tradimento; perciò tradire i re, tradire gli aristocrati essere non solo lecito, ma debito; quest'esser le massime eterne dettate dalle natura e da Dio; il Vangelo esser democratico; e qui aggiungevano cose, che quantunque siamo disposti a favellar alla libera, non osiamo per riverenza alla santità replicare; nascere una era novella per l'umana generazione, e compiersi le predizioni delle scritture; sorgere coi diritti la giustizia, con la giustizia la pace, con la pace la felicità; abbastanza, e pur troppo essersi fatto pruova delle usurpazioni, ora doversi pruovare la libertà; abbastanza, e pur troppo essersi pruovati i privilegi, ora doversi pruovare l'equalità; la libertà elevar gli animi, l'equalità consolargli; essere finalmente giunto il tempo, in cui il povero avrà soccorso senza scherno, l'oppresso riparo senza prezzo, ed in cui la società più farà per chi meno puote; poichè negli antichi governi il potere era tutto volto a favor di chi può contro chi non può, vero ed unico fine di ogni buon governo; avere il potere e la legge, esser troppo, aver nemmen la legge esser troppo poco; aver tutti una legge uguale esser giusto; bastar bene, ed esser anche di soverchio, che i ricchi ed i grandi abbiano il potere che danno le ricchezze e le dipendenze, senza che abbiano quello che danno i privilegj; così nelle nuove forme torsene a chi ha troppo, e darsene a chi ne manca, santo e dolce compenso. Sorgessero adunque, sclamavano, giacchè sorgevano i tiranni, sorgessero i popoli a far quello che più piace a Dio, quello che stat'era da Dio eternamente prescritto: sorgessero, abbattessero, conculcassero i tiranni, fondassero i governi popolari, fondassero le repubbliche, e stabilissero un fortunato e dolce vivere. A così alta impresa spirar l'aure favorevoli; la tirannide essere stata spenta in Francia, parte tanto principale d'Europa; una grande, valorosa e potente nazione esser tutta sorta in piè per ajutare chiunque voglia gettar dal collo il grave giogo; abbastanza essersi sofferto, abbastanza tollerato, ora splendere più benigne stelle; pruovassero, che i più numerosi sono i più forti, che gli oppressi non son vili; trasportassero il governo del mondo dal vizio potente alla virtù infelice.

      Dall'altro canto nè maggior moderazione d'animi si osservava, nè maggior modestia di parole. Dove sono, dicevano, questi giacobini (che così gli chiamavano da una setta furibonda nata in Parigi), che ora si fanno a voler riformare il mondo? Bel principio al governo loro il metter la mano nella roba e nella vita altrui, e portar le teste lacere in processione! Imprigionar gli onesti, e scannar gl'imprigionati! parlar di aristocrazìa! ma se l'aristocrazìa fa male, fallo a pochi, la democrazìa a tutti; chi fa scudo ai re, unico, e salutar temperamento in una nazione grande, se non l'aristocrazìa, massime quando i re son diventati bersaglio a popoli indemoniati? che virtù! I ladri in onore, le meretrici in trionfo! Se sono i popolari virtuosi per ignoranza, sono i magnati per educazione, e la virtù rozza diventa ferocia, se non la tempera la gentilezza. Se i magnati son freno alle voglie assolute del principe, ed alle voglie disordinate della plebe, sono ancora esempio ad infondere nei popoli costumi miti, e gentili; non essere nidi di tiranni i castelli, bensì specchi di civiltà; ciò che fu, non esser quello che è, e nemmanco i popoli essere stati angeli; doversi in questo, e quanto al passato dare e chiedere perdonanza. E che valse ai nobili l'aver dato alla patria i privilegi loro, non conquistati per forza ma conceduti per ricompensa, se, spenti i privilegi, loro si tolsero le proprietà, poi la libertà, poi la vita? E quando finiranno gli esilj, le persecuzioni, e le carneficine? Della realtà che dirassi? se non se questa esser modo di governo connaturale all'uomo, poichè là dove sono uniti uomini in società, là sempre nasce come di necessità la realtà, se non di nome, almen di fatto, ma le più volte e di nome e di fatto; non vedersi forse dove i più governano, reggere un solo? e non valer forse meglio la realtà vera, che la realtà velata? non esser quella sempre più temperata o dalle leggi, o dalle consuetudini, o dalla necessità di comparire, se non buono, almeno giusto? all'incontro esser questa più sospettosa, perchè senza appoggio, più crudele perchè più sospettosa, più arbitraria perchè senza freno. Nascere la realtà dal desiderio innato in tutti di dominare; poichè questo inducendo l'anarchìa, morte della società, fa che si trasporta il dominio da tutti prima in pochi, poi per la medesima ragione da pochi in un solo; e beate le nazioni che trovano la realtà bell'e fatta, senza dover passare per l'anarchìa per farsela! Il popolo sovrano! Certo sì per ammazzar prima i migliori uomini, poi se stesso! Error scelerato essere il voler ridurre un teorema speculativo in pratica; che anche i matti furiosi son padroni di muoversi, e pure si metton loro le catene addosso: con le astrattezze non governarsi gli uomini, ma con i rimedj contro le passioni, e mal rimedio essere lo sbrigliarle. Doversi perciò questi regoli plebei spegnere del tutto ad eterno esempio di una gran malvagità punita; e siccome ne furono scrollate le fondamenta stesse della società, così doversi questa ritirare non solo là dond'era partita, ma più verso un governo forte e stretto. A questo opportuni stromenti essere i nobili ed i religiosi, i primi perchè dan la forza, i secondi perchè danno la persuasione, ed a tutti questi preporre un re forte e risoluto. Nè ciò bastare; spenti gli uomini infami, doversi anche spegnere le dottrine sfrenate; perchè, se bisogna castigar la generazione presente, e' bisogna sanar le future; una moderata ignoranza esser migliore d'un insolente sapere: insomma punir i traditori, premiar i fedeli, riordinar in tutto e per sempre il vivere sociale. Per questo muoversi l'Europa, per questo aguzzar l'armi; nè tanto moto essere per palliar solamente un male immenso, ma per estirparlo; rimanere ancora in Europa sufficienti residui di realtà e di aristocrazìa per risarcir l'edifizio della società rovinata, se prudentemente e gagliardamente si rimettessero insieme; questo voler fare i re confederati, a questo mirare le speranze di tutti i buoni, a questo offerirsi i nobili, a questo persuadere i religiosi; che se tanta aspettazione, se così gran consenso, se una sant'ira mossa da crudeli misfatti fossero indarno, dover

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