Santa Cecilia. Barrili Anton Giulio

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Santa Cecilia - Barrili Anton Giulio страница 7

Santa Cecilia - Barrili Anton Giulio

Скачать книгу

già più volte colpiti dalla vindice mano dell'imperatore, si fanno sempre da capo a congiurare. Io so che una nuova congrega di cristiani, come si chiamano dal nome del loro maestro, si raduna in un ipogèo, poco discosto dalle carceri Mamertine. Tu devi condurre una coorte per farli prigioni. Un mio fidato ti condurrà alla casa di una vedova, che ti aprirà l'adito al sotterraneo. Quella femmina è venduta a me; io stesso ho teso l'agguato da lunga pezza, aspettando che avessero a cadervi; mi hai dunque inteso… —

      Io ero trasognato, nè sapevo rinvenire dallo stupore in cui quel discorso di Almaco mi aveva immerso, e stavo chiedendo a me stesso per qual ragione io, povero gregario, fossi improvvisamente chiamato ad opera di tanto rilievo, in quella che io mi pensavo di essere dannato al flagello o ad altra pena più grave. E intanto che la mia mente girava per quel laberinto, senza trovar modo di uscirne, il prefetto spazientito mi gridò:

      – Orbene?

      – Almaco, – mi affrettai a dire, con quelle parole che prime mi vennero alle labbra, – non credere che io non ti sia grato. Mi pensavo di venire a ricevere un castigo ed ho in quella vece un segno grandissimo della tua benevolenza. Laonde io mi sto tutto dubitoso a cercare qual grazia mi abbia avuto agli occhi tuoi, nè so credere a me stesso, nè intendere. Tu bene avresti potuto commettere la impresa ad altro capitano, senza che ti bisognasse far centurione un gregario, e per giunta un ignoto…

      – Prosegui, – diss'egli, – tu sei greco e sottile.

      – Sì, ma la mia sottigliezza non giunge più oltre; io non ho il bandolo di questa matassa. —

      Almaco, già ve l'ho detto, non era uomo da rispondere pel suo verso alla gente, e usava cominciar sempre lui e condurre a suo modo il discorso.

      – Tu dunque andrai con una coorte, – soggiunse egli, – e t'impadronirai di tutta quella marmaglia. Ma forse, anzi senza il forse, ci sarà trambusto; qualcheduno vorrà resistere, ed anco non ribellandosi alcuno, si potrà sparger sangue…

      – Oh, non temere! Io adoprerò in ogni cosa conforme ai tuoi comandi.

      – No, Greco; tu hai in quella vece a far ciò che la tua ira ti consiglierà.

      – La mia ira?

      – Per l'appunto. Se tu vedessi colà un tuo giurato nemico…

      – Ah! – esclamai allora, credendo di avere indovinato.

      – Mi hai dunque inteso? – disse Almaco col suo consueto sorriso.

      – Sì, clementissimo signore, ti ho inteso. Valeriano è della setta dei cristiani… assisterà all'agape misteriosa…

      – Certamente, – soggiunse Almaco, – egli vi sarà. Tu m'intendi; fatto prigione, egli è pur sempre potente per natali, per autorità di consanguinei, per numero di clienti, e potrà fuggirti di mano, esser graziato dall'imperatore. Ora cotesto non può, non deve accadere.

      – A me la cura di ciò! – gridai, ebbro di vendetta. – Dammi gli uomini, ed io mi metto all'impresa. Lo sdegno condurrà il mio braccio, e saprà egli trovare il buon luogo dove infiggere la spada. —

      E mi mossi, ciò detto, in atto di partire.

      – Non così presto! – mi disse il prefetto, che mi apparve allora in tutta la sua terribile maestà. – Trebazio, il mio fidato, ti starà al fianco, tutt'oggi. Tu sarai centurione; ma bada! innanzi di notte potresti anche esser dato in pasto ai cani, dopo che io t'avessi fatto svellere la lingua. —

      Furono queste le sue ultime parole; dopo di che egli si alzò e si ritrasse nelle sue stanze. Trebazio, un orrido ceffo, venne da me e non mi lasciò per tutto il giorno; inutile precauzione, dacchè l'ufficio troppo bene rispondeva alla mia sete di vendetta, e, dopo tutto, non era agevole uscire dal palazzo di Almaco, nel quale ero rinchiuso.

      A tarda notte uscimmo, accompagnati da pochi soldati. Il grosso della coorte era già disseminato a crocchi nei pressi delle carceri Mamertine, aspettando il nostro arrivo.

      La notte cupa aiutava ad agevolar l'intrapresa. Come fummo alla casa detta da Almaco, Trebazio percosse tre leggeri colpi sull'uscio con le nocche delle dita. La vedova venne ad aprirci, e ci mise dentro coi nostri.

      La casa era di meschina apparenza e quasi priva di arredi; ma più dolente era l'aspetto della donna, su cui mi parve leggere come un rimorso dell'ufficio a cui s'era prestata.

      – Ci sono? – le chiese Trebazio.

      Ella rispose affermativamente col capo, e additò nel fondo della casa una botola, coperta da una cateratta, che Trebazio fu sollecito ad alzare, discoprendo una rozza scala di pietra.

      Il lezzo del sotterraneo mi salì alle nari; ma l'ansia di trovar Valeriano mi fece correre il primo in quella buia ed umida chiostra. Gli altri mi tennero dietro con passo leggero, e fatti trenta scalini ci trovammo in un andito, lungo il quale ci fu mestieri andare a tentoni, seguendo la parete.

      Così c'inoltrammo un bel tratto, fino a tanto che scorgemmo in lontananza un filo di luce pallida, mercè il quale si potè andare più speditamente. Poco più oltre il punto da dove avevamo cominciato a scorgere il lume, la muratura finiva e l'andito si allargava a forma di sala. Altre sale, informi, e scavate nel masso, con rozzi pilastri qua e là per sostenere le vôlte, si succedevano lungo il nostro cammino.

      Man mano la luce si fece più viva, e cominciammo a udire un canto sommesso di molte voci. Allora feci fermare i miei uomini, per dividerli in tre drappelli, due dei quali dovevano farsi innanzi dai due lati dell'ampio sotterraneo, rasentando le pareti che restavano nell'ombra, per ricongiungersi quando fossero proprio addosso alla conventicola. Io, con gli altri, mi feci innanzi dal mezzo, giovandomi di tutte le ombre dei pilastri, e rattenendo il respiro.

      Allo svoltar di una di quelle informi colonne, era un uomo appostato. Fece per aprir la bocca e gridare; ma Trebazio fu più sollecito di lui, e gli ficcò il suo ferro nella strozza, che gorgogliò, ma senza forza, quelle parole con cui voleva dare il segnale agli amici.

      VII

      – Ottimamente! – dissi a Trebazio. – Hai fatto un bel colpo, e senza la tua prontezza i galilei sarebbero stati posti in sull'avviso.

      L'uomo colpito dalla spada di Trebazio era stramazzato a terra, e non dava più segno di vita. Però non ce ne curammo più oltre, e, sgomberataci per tal modo la via, c'inoltrammo ancora sotto le arcate, e allo svoltar di un angolo ci trovammo sopra alla conventicola dei cristiani.

      Da quanto posso oggi ricordarmene, era una vasta sala, rozza come tutte le altre già percorse, e non doveva servire che da poco ad uso di tempio, imperocchè era ignuda affatto di fregi, non aveva sarcofaghi, nè epigrafi, nè alcuno di quelli emblemi che più tardi ebbi a notare nelle sotterranee dimore della setta. Rischiaravano il luogo alcune faci di resina, e al rossastro chiarore di queste potemmo scorgere forse un centinaio di uomini e donne, quelli col capo scoverto e queste col velo tirato sul volto, che stavano ginocchioni dinanzi ad un vecchio, coperto di una lunga tonaca bianca, il quale sembrava in atto di parlare.

      Ma noi non udimmo parola del suo discorso, perchè al nostro sbucar nella sala un lungo grido di terrore interruppe la cerimonia, e cominciò tosto uno scompiglio da non potersi descrivere.

      I miei occhi, guidati dallo spirito della vendetta, trovarono subito Valeriano. Egli si era rizzato in piedi a stava in mezzo a otto o dieci che, più animosi degli altri, avevano posto mano ai ferri.

Скачать книгу