L'olmo e l'edera. Barrili Anton Giulio

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L'olmo e l'edera - Barrili Anton Giulio

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farebbe una fregata in crociera.

      Un altro sintomo è quella curiosità di sapere un certo nome. Si adoperano, per soddisfarla, tutti i più sottili artifizi; si passeggia più volentieri coi ciceroni della cronaca cittadina; si stringe la mano con maggior piacere alle persone che hanno qualche attinenza colla Dea, ancora senza nome, e solo per farlo cascare, questo benedetto nome, a guisa di un diamante smarrito che si cerchi, tra i ritagli di una conversazione capricciosa.

      E questi sintomi c'erano ambedue. Guido Laurenti, chi avesse voluto trovarlo, era in giardino, o per quella tal via che metteva alla palazzina, ma senza veder mai la bella innominata. Poi, di sera andava a teatro, in traccia di gente chiacchierina; ma senza cavarne un costrutto. E per vero, non avendo mai veduto la dama per via, nè in altro luogo di ritrovo, non sapeva da che parte incominciare, non poteva metter le mani su chi la conoscesse, o di persona, o di nome.

      Un giorno la fortuna gli condusse tra piedi un conoscente, persona curiosa che andava per le vie alte della città, a dare un'occhiata ai nuovi edifizi. L'occasione non aveva che tre capegli sul cranio, ma Guido li afferrò destramente, conducendo il compare per quella tal via che sapete, e là domandandogli di chi fosse quel palazzo rosso, di chi quel bianco, di chi quella casa grigia, e via discorrendo, sempre con aria sbadata e per mo' di chiacchera.

      Di tal guisa, tirando innanzi, seppe finalmente che la palazzina gialla era la villa Argellani.

      –Argellani! che gente è?

      –Non so;—rispose l'amico—forastieri, che l'hanno comperata, credo, dai Visdomini. L'uomo è morto, lasciando la vedova, che deve starci di casa.

      E' fu tutto quanto potè sapere Laurenti; ma era già molto; una vedova ed un cognome!

      La Argellani, ei l'avea già udita nominare, epperò non gli giungea nuovo il parentado; ma quando, e in che modo, non rammentava. E il nome di battesimo? quello era il busilli.

      Così egli rimase senz'altro lume, a mezza strada. A chi far capo? Chiederne ai ciceroni della cronaca, gittar loro innanzi quel nome per avere tutte le altre notizie, gli parea cosa disdicevole; inoltre, siccome avviene agli innamorati, sembrava a lui che il primo venuto gli avrebbe letto il suo segreto negli occhi.

      Meditò, meditò, ma non gli venne alcun partito che valesse. Parlare col giardiniere! sì, certo; quello era lo spediente migliore, anzi l'unico buono; ma come fare? La conoscenza c'era; ma non andava oltre il saluto, e la cosa era come passata in giudicato. O come avrebbe fatto per entrare in discorso con lui?

      Il giardiniere diventava, issofatto, un gran personaggio, e per accontarsi ragionevolmente con esso lui, ci voleva proprio una diplomazia di quella più fine, una diplomazia da Talleyrand, e da Metternich.

      Ci pensò una notte e un giorno; finalmente ebbe trovato lo spediente. Era molto arrisicato, e poteva anco non approdare; ma il nostro diplomatico non ci aveva da scegliere tra parecchi il più acconcio; gli bisognava sperimentare quel solo che avea potuto trovare.

      Uscì a tarda notte in giardino. Il cielo era buio, e propizio al gran misfatto. Giunse fino al muraglione, presso ad una bella pianta di camelie, che era una rarità della specie; sollevò il vaso tra le palme, lo sospese fuori del murello, e lo lasciò spietatamente cadere nella prateria sottostante.

      Quindi si allontanò sollecito da quel luogo, ma non tanto, che non udisse il tonfo del vaso.

      –Povera camelia!—esclamò, affrettando il passo: e fu quella l'orazione funebre dell'uccisore alla sua vittima.

      Come aspettasse impaziente il mattino, potete argomentarlo, o lettori. All'alba era già in piedi. Scese in giardino, ma senza ardir nemmanco di guardare dov'era rimasto il vuoto nella fila dei vasi, e se ne andò ad inaffiare le sue aiuole più lunge, da dove nessuno, che fosse nella prateria, avesse potuto veder spuntare il sommo della sua testa. Un'ora passò; quindi un'altra mezz'ora, e già egli pensava che la sua camelia fosse perduta senza utilità, allorquando udì levarsi dai piedi dell'olmo una voce che gridava:

      –Signore! signore!

      Il cuore gli balzò in petto; ma e' non si mosse. Intanto la voce ripigliava più forte: signore! ohè, signore?

      Si avanzò allora fino al murello, e si provò a guardare. Gli era per l'appunto il giardiniere, che aveva rizzato la povera pianta, e stava col viso in aria a cercare di lui. I cocci del vaso erano sparsi sul terreno, ma il terriccio di castagno era agglomerato tuttavia intorno alle radici; la vittima respirava ancora.

      –Signor…. signor…. La mi scusi; non so il suo riverito nome.

      –Laurenti, ai vostri comandi, brav'uomo.

      –Signor Laurenti, veda….. questa è roba sua;—proseguì il giardiniere, levandosi con una mano il cappello, e additando la camelia coll'altra.

      –Che? come?—gridò Laurenti.—Oh la mia povera camelia! E come mai la è caduta? Forse il vento….

      –Oh, non ha tirato vento, stanotte;—rispose il giardiniere.—Sarà stato quel tristo d'un Grigio. Sa Ella? un gatto bellissimo, ma e' ci ha il ticchio di scorazzar la notte, per dar la caccia ai topi. Si sarà arrampicato per l'edera fino alla fila dei vasi, e avrà fatto lui il malanno.

      –Ah!—esclamò Laurenti. E siccome il Grigio non era lì per protestare, la calunnia ebbe corso.

      –Mascalzone d'un Grigio!—proseguì il giardiniere,—se lo colgo, n'ha a toccare una serqua!

      –Oh no; povera bestia!—disse Laurenti, che non voleva far bastonare un innocente, quantunque gli giovasse lasciarlo accusare.—Esso ha operato a fin di bene per ammazzarci i topi, e non gli s'ha a dare un castigo. Poi non è un gran male, quello che ha fatto; soltanto mi rincresce un tratto per quella pianta….

      –Sicuro, una bella pianta! Camellia maculata Adhemari!—sentenziò il giardiniere dopo averne esaminati i bianchi petali chiazzati di rosso cupo.—Ma per ventura non la s'è fatta un gran male. Il peso del vaso la fece cader ritta.

      –Ah, manco male.

      –E purchè la sia rimessa subito in terra.. Veda, non ci ha che un ramo guasto, ma il tronco è sano, e le radici del pari; la terra non pare quasi che abbia fatto quel salto.

      –Manderei a torla;—soggiunse timidamente Laurenti,—ma non ho il servitore in casa.

      –Che! la porto io;—rispose il giardiniere, alzando il cespo da terra con molta accuratezza.

      –Voi? Mi duole davvero che v'abbiate a pigliare questa molestia.

      –Son pochi passi, signor…. signor Laurenti. C'è qui presso la postierla che mette nella viottola; due salti e sono da Vossignoria. Ah Grigio, Grigio! Ne fa sempre qualcheduna delle sue.

      E così accagionando il povero Grigio, l'amico giardiniere s'incamminò per la discesa del prato, verso la postierla che aveva accennata a Laurenti.

      Il nemico era dunque costretto ad accettare battaglia. Il primo colpo da gran capitano era fatto; e' bisognava saper fare il secondo; entrato in dimestichezza col giardiniere, cavargli le parole di bocca.

      Laurenti andò a riceverlo sull'uscio di strada. Gli era un uomo sui cinquantacinque, piuttosto alto della persona, robusto e vegeto, dalle labbra tumide, indizio di bontà, e dagli occhi limpidi ed arguti. I capegli corti e brizzolati, in ragione dell'età; sulle guancie, sul mento e sul labbro superiore si scorgeva quella tinta turchiniccia che è segno di una folta barba, ma accuratamente rasa di fresco;

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