Svolte Nel Tempo. Guido Pagliarino

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Svolte Nel Tempo - Guido Pagliarino

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lanciare satelliti esploratori su altre orbite per non insospettire qualcuno a terra, ché il fatto non sarebbe stato conforme alla prassi di rientro.

      Dopo aver riflettuto ed essersi consultata col primo ufficiale capitano Marius Blanchin, un parigino trentenne alto un metro e novanta, magro, di pelo rosso e occhi verdi ereditati dalla madre irlandese, Margherita aveva deciso di scendere personalmente all’astroporto per un’ispezione diretta, nell'intento di comprendere un po’ meglio la situazione prima d’assumere altre iniziative. Poiché non conosceva il tedesco, pur avendo un traduttore inserito nel proprio micropersonal aveva chiesto a Valerio Faro d'accompagnarla, dato ch'egli comprendeva e parlava quella lingua fluentemente avendola studiata a fondo, a suo tempo, per la sua tesi di laurea in Storia delle Dottrine Economiche e Sociali incentrata su opere del tedesco Karl Marx, e avendola usata per successive ricerche storiche: Margherita riteneva a ragione che, nel caso fosse stato necessario esprimersi in tedesco faccia a faccia con qualcuno, sarebbe stato opportuno che un buon conoscitore della lingua parlasse direttamente, senza tramiti strumentali, così da ridurre il rischio d’essere scoperti.

      Intanto, usando uno dei traduttori automatici di bordo, la comandante aveva chiesto in tedesco a Roma l’autorizzazione a prendere terra con un disco-navetta. Era stata concessa senza difficoltà. In Margherita s'era rafforzata l'idea, che già l’aveva toccata constatando che non erano venuti intoppi da terra, che la loro missione fosse stata tranquillamente a conoscenza del Comando dell’astroporto.

      Un certo Paul Ricoeur, soldato del plotone di fanteria d’Astromarina ch’era dislocato sulla nave con compiti di protezione, aveva preso posto sul disco assieme alla comandante, a Valerio Faro e alla sergente pilota Jolanda Castro Rabal. Ciascuno dei quattro aveva con sé un paralizzatore individuale.

      Giunti a terra avevano visto, gelando, che sull’asta svettante sulla torre dell’astroporto di Roma campeggiava la bandiera della Germania nazista invece del solito stendardo turchino con stelle dorate disposte in cerchio degli Stati Confederati d’Europa.

      La comandante aveva ordinato alla pilota: “Jolanda, rimani nel disco, stai in preaccensione e sii pronta a decollare”, quindi era sbarcata cogli altri. Erano entrati nell’edificio dell’astroporto. Qui il trio aveva potuto incrociare diversi simboli nazisti; tra l’altro s’era imbattuto in un gran bassorilievo commemorativo esaltante 'Adolf Hitler I, Duce e Imperatore della Terra e Conquistatore della Luna'; e udendo le persone incontrate parlare tra loro in tedesco e vedendo alcune di esse salutarsi, come nel III Reich, col braccio teso, i tre avevano verificato senza possibilità di dubbio di trovarsi in una società politicamente diversissima dalla loro, in cui non aveva luogo la vivida democrazia che avevano lasciato alla loro partenza, ma era il nazismo a dominare.

      Mentre il gruppetto tornava sui propri passi, Margherita aveva sussurrato, esitante, ai due compagni: “Potrebbe trattarsi d’un guaio scatenato da noi stessi per un malfunzionamento del congegno Cronos”.

      Non appena a bordo della navetta, aveva ordinato alla pilota il ritorno sulla nave.

      Nei pochi minuti necessari a raggiungere il vascello, il pensiero di tutti era andato alle rispettive famiglie; s’erano chiesti se i loro cari li avrebbero riconosciuti e se, addirittura, in questo mondo essi ci fossero: Margherita aveva lasciato sulla nostra Terra padre, madre e la sorella più giovane, anch’ella ingegnere ma civile e titolare di studio professionale, Valerio la mamma, un fratello coniugato e due nipotini; la pilota il marito; il soldato la moglie e una bambina.

      Di sicuro c’era soltanto che quel disordine temporale non aveva avuto effetto su equipaggio e passeggeri della cronoastronave, per cui nessuno s’era ritrovato inglobato, fors’anche psicologicamente, nella nuova società nazista.

      La comandante si riprometteva di raccogliere, non appena a bordo, notizie su questa nuova sconosciuta Alter Terra collegandosi, tramite uno dei computer principali della nave, a un archivio storico: con cautela, tuttavia.

      Al momento d’uscire dal disco nell’astrorimessa Valerio Faro le aveva detto: “Ci ho riflettuto, Margherita, e forse tu ti sbagli: il guaio può essere dipeso non dalla nostra nave al rientro, ma da un sigaro in esplorazione nel passato; e forse è proprio in grazia della gran lontananza dalla Terra della nostra 22 durante il mutamento storico che non ne siamo stati influenzati.

      â€œHmm…” aveva preso a considerare lei in un mugugno.

      Aveva ripreso lui: “Margherita, nonostante le gran cautele che la legge impone per i viaggi nel passato della Terra, la certezza assoluta che non ne sia modificato il futuro non può esistere. Che ne dici? Non è forse possibile che il danno sia venuto dal sigaro 9? Ricordi, no? che solo un paio di giorni prima che noi prendessimo il volo per 2A Centauri era balzato nell’Italia del 1933, con l’équipe storica del professor Monti?”

      â€œForse hai ragione”.

      Effettivamente, anche se, fin ad allora, mai nessuna missione storica aveva interferito con le vicende della Terra avendo ognuna rispettato sempre gli ordini governativi di non ingerenza, tuttavia un incidente non era del tutto impossibile, tant’è vero che, come la Storia ricordava, proprio la prima cronospedizione storica aveva rischiato un guaio temporale: un suo disco, mentre nell'anno 1947 si trovava in esplorazione a bassa quota sul New Mexico, era stato avvistato e segnalato da una formazione di bombardieri dell’USAF e lesionato, poco dopo, da un colpo di contraerea dell’aviazione militare esplosogli vicino. La navetta, pur se danneggiata, era riuscita ad atterrare in una località desertica presso Roswell e i quattro occupanti erano stati prontamente imbarcati da un altro disco e posti in salvo. Nessun sconvolgimento temporale era successo solo grazie a un particolare dispositivo di cui erano dotate tutte le navette e ch’era stato messo in funzione dal pilota prima d’abbandonare il mezzo: un congegno che aveva fuso ogni parte utile a eventuali lavori di retroingegneria, per cui il rottame recuperato non aveva potuto servire alle Forze armate degli Stati Uniti.

      Era noto d’altronde che la cronoastronave 9 non era più recentissima, come denunciava il suo basso numero di serie, per cui non erano inverosimili improvvisi guasti, nonostante i costanti lavori di manutenzione.

      Così come supponeva il Faro, secondo gli ufficiali ingegneri della 22 la nave e i suoi esseri umani non erano stati toccati dalla svolta nel tempo – come l'aveva chiamata Margherita – perché il sigaro s’era ritrovato al di là dello spazio-tempo attorno a 2A Centauri; e ciò li faceva supporre, sempre come aveva pensato Valerio, che il disordine temporale non fosse stato causato dal sigaro ma da un'altra crononave che, in epoca precedente il 2133, avesse accidentalmente modificato il futuro a causa d’un qualche infortunio.

      La comandante aveva infine convenuto che, se la calamità fosse dipesa dalla cronoastronave 22 al rientro in orbita, anch'essa, con tutte le registrazioni dei suoi computer e con gli esseri umani che trasportava, sarebbe stata verosimilmente trasmutata divenendo parte del mondo nazista.

      Si trattava di sapere adesso quante e quali spedizioni storiche, dopo quelle già sicuramente rientrate prima che il sigaro 22 avesse lasciato il nostro mondo, fossero balzate nel passato durante il breve lasso di tempo intercorso sulla Terra fra la partenza e il ritorno della nave di Margherita: solo quella del professor Monti e della sua équipe con la nave 9, oppure anche altre?

      C’era nondimeno da considerare, come Valerio aveva fatto rilevare dopo aver riflettuto ulteriormente, un’eventualità diversa da quella d'un solo universo mutato da un incidente, quella di universi paralleli: si trattava della seria congettura di tanti cosmofisici, giunti in merito nei decenni alle più disparate teorie senza tuttavia riuscire a verificarne nessuna sperimentalmente;

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