Piangendo Sulla Luce Versata. George Saoulidis

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Piangendo Sulla Luce Versata - George Saoulidis

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       Contents

       Title Page

       Copyright

       Capitolo Zero

       Capitolo i

       Capitolo i^2

       Capitolo i^3

       Capitolo i^4

       Capitolo 2i

       Capitolo 2i^2

       Capitolo 2i^3

       Capitolo 2i^4

       Capitolo 3i

       Capitolo 3i^2

       Capitolo 3i^3

       Capitolo 3i^4

       Capitolo 4i

       Capitolo 4i^2

       Capitolo 4i^3

       Capitolo 4i^4

       Capitolo 5i

       Capitolo 5i^2

       Capitolo 5i^3

       Capitolo 5i^4

       Capitolo 6i

       Capitolo 6i^2

       Capitolo 6i^3

       Capitolo 6i^4

       Capitolo 7i

       Capitolo 7i^2

       Capitolo 7i^3

       Capitolo 7i^4

       Capitolo 8i

       Capitolo 8i^2

       Capitolo 8i^3

       Grazie per aver letto questo libro.

      PIANGENDO SULLA LUCE VERSATA

      Di George Saoulidis

      Tradotto da Giulia Bussacchini

      Copyright © 2019 George Saoulidis

      All rights reserved.

      Pubblicato da Tektime

      Capitolo Zero

      La signora in blu era immobile, e guardava verso l’angolo della stanza. L’aria attorno a lei era indisturbata, le particelle di polvere danzavano, ed alcuni raggi di sole illuminavano brevemente la loro traiettoria vorticosa.

      Il corpo che aveva causato tale agitazione di polvere si trovava ancora nel bel mezzo dello spesso tappeto. Un uomo alto e pesante, non causa ai muscolosi, ma piuttosto agli spaghetti e formaggio feta, era faccia in giù, le sue membra immobili, e la sua bava veniva assorbita istantaneamente dal tappeto. I suoi piccoli occhiali erano schiacciati sotto il cranio, la montatura era storta, ma le lenti erano rimaste intatte.

      La signora in blu alzò lo sguardo sulla lavagna.

      Il movimento delle sue ciglia non fu abbastanza per disturbare la polvere che cadeva.

      Sulla lavagna erano stati scarabocchiati simboli matematici, metà dei quali apparentemente scritti, cancellati e riscritti un miliardo di volte. L’angolo sinistro era asciutto, graffiato e logoro. Un inizio che aveva tormentato l’omone per anni. La lavagna torreggiava nella stanza, come un totem, un costante promemoria per l’uomo pesante di continuare a lavorare, continuare a riflettere sul significato dei simboli.

      Non molto altro era degno di nota nella stanza. Era come se qualcuno avesse ereditato la casa della madre, piena di bric-à-brac - filati di lino da lavoro ed altri oggetti artigianali caratteristici di una casa greca - e poi avesse rimosso meticolosamente tutto quanto, lasciando macchie scolorite sulla vernice della mobilia. Mobili vecchi, fatti a mano, con chiavistelli scricchiolanti e piedi irregolari, resi saldi da una pagina di giornale piegata e ben posizionata, pressati dal peso degli anni, quasi come a farli ritornare alla polpa di legno da cui erano venuti. Qualcuno cresciuto in una casa simile potrebbe identificare facilmente la maggior parte degli oggetti mancanti solamente dalle ombre lasciate.

      Lì, una cornice spessa. Là, appeso al chiodo ora orfano, si trovava un piatto decorato, che le persone sembrano amare appendere ai muri. Lì,

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