Piangendo Sulla Luce Versata. George Saoulidis
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La donna in blu si diresse verso la lavagna, i suoi passi disturbarono i moti della polvere, facendola vorticare attorno a lei. Raccolse il pennarello dal pavimento, strappò con attenzione una pagina da un blocco note e ricopiò i simboli matematici dalla lavagna. Li ricontrollò, assicurandosi di aver trascritto tutto, e poi con il tessuto strappato che trovò accanto a lei ripulì la lavagna. Svolse l’operazione con forza, facendo in modo di cancellare tutto per bene. La parte in alto a sinistra dei simboli oppose resistenza, ma poi cedette.
Ripose il panno e piegò il foglio. Senza fatica.
Poi infilò la pagina piegata all’interno del suo vestito blu, proprio accanto al suo cuore. Senza fatica.
E poi trascinò il pesante uomo per la gamba fino in fondo al corridoio. Senza fatica.
Capitolo i
Yanni salì al piano superiore e si diresse nel suo ufficio/laboratorio. Azionò il laser ed accese il computer collegato allo stesso. Serrò le tende per oscurare la stanza, indossò gli occhiali protettivi, estrasse la sua sigaretta elettronica e emise il fumo nella direzione del fascio laser che puntava verso il soffitto.
Il fumo della finta sigaretta rese visibile il laser, il quale era diretto verso l’alto come una freccia.
Yanni era infastidito da tale sciocca conformità con le leggi della natura.
Esalò qualche altra boccata di fumo ed inserì diverse variabili su Matlab.
Il raggio di luce blu sfarfallò appena, ma non deviò la propria traiettoria.
Yanni grugnì e poi fissò il punto blu sul soffitto, riflettendo sulle equazioni.
Lavorava duramente in quel modo per sette ore di fila.
Thalia lo raggiunse e gli portò un sandwich. “Sei rimasto al buio tutto il giorno?” domandò.
“Non riesco a vedere il laser con una sorgente di diecimila lumen in stanza” disse.
La donna finse un sorriso, chiaramente non comprendendo il concetto, e poi gli disse, “Dovresti prenderti cura dei bambini, devo andare a comprare delle cose”.
“Sì, arrivo subito”, le disse Yanni quando la donna fece per richiudere la porta.
Thalia se ne andò lasciando Yanni al piano inferiore sul divano, con la bambina in braccio e Georgie intento a gettare farina sul suo camion giocattolo. Alla TV c’erano in cartoni, il cui volume sfiorava il rischio di scoppio cocleare, e la bambina piangeva perché voleva la sua mamma. La riposizionò fra le sue braccia e le diede il ciuccio. Poi Yanni s’appropriò del tablet per scrivere ai suoi amici su Facebook. Prese a digitare sul dispositivo, ma poi si rese conto che lo schermo era sporco di cioccolata, quindi lo pulì frettolosamente. Aggiunse tutti i suoi amici ad una chat di gruppo su Facebook, dicendo loro della festa che Thalia stava organizzando.
Poi scrisse un messaggio a Niko. Il suo amico era l’unico a non essere su Facebook, in tal senso l’uomo era all’antica. Insisteva nel non accettare contatti Facebook dalle ragazze, solo i loro numeri di telefono (nel caso in cui non salivano subito in auto con lui). Vedeva il fatto di ammirare in modo anonimo le foto di una ragazza come qualcosa da pervertito, e le donne gli mandavano delle foto osé autonomamente appena scoprivano che era un architetto.
Nikos lo chiamò, “Yasou, pensi che me ne sarei dimenticato amico? Il due settembre, il giorno in cui distruggiamo la casa, ogni anno, da quindici anni!”
Yanni provò un leggero imbarazzo e disse, “Già, temo che quest’anno la festa sarà molto più calma.”
Nikos disse, “Come l’anno scorso e quello prima ancora. È questo l’effetto che il matrimonio ha su di te. Sì, nessun problema amico, voglio solo trascorrere del tempo con te, ultimamente non ti vedo più”.
“A proposito, sarebbe utile che portassi con te una ragazza più appropriata. L’ultima volta le nostre mogli ci hanno quasi cavato gli occhi, amico. Hai alimentato il fuoco per decenni con il tuo modo di fare fastidioso” disse Yanni.
“Ahah già, è stato impagabile!” disse Nikos ridendo. “No, non preoccuparti, non porterò nessuno. Verrò solo”.
Yanni s’accigliò all’insolita affermazione dell’amico e domandò, “Solo? Tu? Come mai?”
“Ho trovato la mia Musa,” rispose Nikos. “Usciamo a bere una cosa e ti dirò tutto di lei”.
“Sembri serio. Devo saperne di più”, disse Yanni.
Si accordarono sul luogo e sull’orario, e poi Yanni controllò il tablet, il quale era ormai ricoperto di farina e bava. Georgie sedeva sul suo camion facendo finta di trasportare un carico di preziosa farina. Gli altri amici sposati avevano risposto alla chat di gruppo, avevano lasciato dei like e mandato delle emoji, iniziando a conversare in merito al portare quella bottiglia di buon vino che l’ultima volta era piaciuta a tutti.
Yanni si accomodò sul divano, reggendo la sua bimba in braccio, in attesa del ritorno della moglie. Tutto ciò che desiderava era che la sua Musa facesse ritorno.
Capitolo i^2
“Non sei così vecchio. Abbiamo la stessa età. Stai dicendo che anche io sono vecchia?” domandò Thalia con un’espressione che sembrava avvisarlo di fare attenzione a ciò che avrebbe detto.
Yanni aprì le braccia con fare di scuse e rispose, “No, certo che no. Sto parlando di età accademica. Di idee. Non mi sento più così sveglio”.
Thalia rifletté seriamente sulla situazione, cullando la bambina che stava dormendo; era l’immagine della dolcezza. “Yanni, fai ciò che riesci. Forse dovresti passare il testimone a qualcuno a cui insegnerai come raggiungere il traguardo. È una cosa tanto brutta?”
“Ugh. È la mia idea, tesoro. Ci ho lavorato per così tanti anni, non sopporterei vederla nelle mani di qualcun altro” disse Yanni, parlando più con sé stesso che con la moglie.
Thalia si portò di fronte a lui, come ad ordinare al marito di prestarle attenzione e disse, “Yanni. Se consoliderai gran parte delle tue prove, non avranno altra scelta che dartene credito. Pensa alla tua famiglia, fa’ un buon lavoro, passa il testimone e lascia che qualcun altro finisca la gara”. Gli porse la bambina in modo da poter svolgere le faccende domestiche.
Yanni prese la bimba fra le braccia prima di posarla nella culla. Poi accese il carillon, e la piccola rise di lui, i suoi occhi non si concentrarono mai veramente su qualcosa, ma guardavano tutto ciò che la circondava.
L’uomo trascorse la giornata lavorando nel suo laboratorio domestico. Almeno questa volta si ricordò di accendere il laser.
Lo guardò. La sorgente luminosa lo guardò di rimando, senza sfarfallare.
Indossò gli occhiali protettivi ed aumentò l’intensità. “Ho solo bisogno di un momento in cui esclamare Eureka. Un po’ di fortuna” pensò. Ovviamente sapeva che il momento in cui qualcuno esclamava Eureka era un mito. La vera scienza era lenta e continua, o non così ininterrotta, ma piena di vicoli ciechi.
Non gli avrebbe però fatto male tentare la