Jessica Ek. Giovanni Haas
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Cazzo, il mio diario!
Questa volta il pensiero della ragazza le arriva forte e chiaro.
«Brutto figlio di puttana! Se ti azzardi a leggerlo, ti uccido. E tu che cazzo hai da guardare?» urla in faccia a Jessica. «Lo potevi fermare, no?»
La ragazza corre all'interno, forse a rivestirsi. Jessica la segue con lo sguardo attraverso la porta e la vede prendere le scale che vanno al piano superiore, due gradini alla volta.
«Si può sapere che succede qui? Avevo chiesto solo dieci minuti per parlare con Marco in tranquillità e invece…»
A parlare è probabilmente un educatore; sta arrivando dal corridoio alla sua destra. È sui trent'anni, indossa un paio di Lewis con una cintura in pelle e una fibbia di ferro grande come un limone che raffigura un cavallo rampante; tiene le maniche della camicia color caco arrotolate.
Quando vede Jessica, s'interrompe e riprende a parlare con un tono più gentile.
«Mi scusi, a volte questi ragazzi sono incontrollabili. Non so cos'avessero da strillare tanto.»
«Non c'è problema, capisco benissimo. Piuttosto, sono io che devo scusarmi per la mia intrusione senza preavviso.»
«Io sono Roberto, il responsabile del centro Santa Margherita.»
I due si stringono la mano e la ragazza nota che porta al polso destro un orologio in acciaio cromato con cinturino in pelle.
«Come posso aiutarla?»
Dal piano superiore riappare la ragazza di prima; ora indossa jeans e scarpe. Mentre vola giù per le scale, strilla a Roberto: «È tornato Franco? È tornato?»
«Fermati un attimo e spiegami cosa…»
La ragazza non si ferma e corre all'esterno. Jessica sta bene attenta a non prendersi un'altra botta e nello spostarsi si rende conto che le fa male la spalla. Se la massaggia con la mano e l’uomo le rivolge uno sguardo comprensivo.
«Come le ho detto» le dice Roberto, «non sono facili da controllare.»
«Lo vedo» dice lei sorridendo. «Mi chiamo Jessica Ek, sono venuta qui per cercare delle informazioni sulle origini della mia famiglia.»
«Ah, capisco» Roberto ricambia il sorriso. «Si tratta dell'Orfanotrofio Santa Margherita, immagino. Prego, accomodiamoci nel mio ufficio.»
Mentre lo segue, Jessica lo osserva meglio: non è alto – neppure i tre centimetri della suola in gomma dei suoi scarponi lo aiutano a superarla di statura – ma ha un bel fisico e la tenuta da cowboy gli dona un sacco; inoltre, la barba appena accennata lo rende affascinante.
Pur non avendolo mai visto, Jessica riconosce quel locale: c’è la scrivania dov'era seduta la direttrice Del Biagio quando ancora era in servizio e la finestra dove Elisa era andata a piangere quando le aveva comunicato della malattia di Ronaldo.
Evidentemente, a quel tempo sulla scrivania non c'era il computer e l'ufficio era un po' più ordinato, ma la sensazione è quella di esserci già stata.
«Lei, quindi, era un'ospite qui al Santa Margherita?»
Roberto si siede dietro la scrivania e la fa accomodare su una seggiola di fronte a lui.
«In realtà, lo erano i miei fratelli; io sono stata affidata a un altro istituto.»
«Quindi, le informazioni che cerca riguardano i suoi fratelli, non lei.»
«Esatto, mi piacerebbe sapere alcune cose…»
«I dati degli ospiti della struttura sono protetti dalla privacy… cosa vorrebbe sapere? »
Jessica prende un respiro. Intravede le prime difficoltà, anche se non percepisce pensieri negativi da parte di Roberto. Sente caldo, non sa se per l'agitazione o per il riscaldamento, e le torna in mente la ragazza vestita con la maglietta di Hello Kitty.
«Le cose stanno così: è da poco che sono venuta a conoscenza di avere due fratelli. Uno, Matteo Balestra, l'ho ritrovato tre giorni fa e, tramite sua madre adottiva, ho scoperto che suo fratello gemello Ronaldo si trovava qui con lui al momento dell'adozione. Quindi, eccomi qui con la speranza di ritrovare anche lui.»
Roberto fa uno sguardo desolato.
«Purtroppo le devo dire che noi non abbiamo nulla che fa riferimento a quegli anni, a parte qualche vecchia foto della casa sulle pareti. Quando l'istituto fu trasformato in una casa-famiglia, l'intero archivio fu portato via. Credo che le varie schede dei ragazzi li abbiano seguiti presso i loro nuovi istituti.»
«Ma neppure nel computer avete nulla?»
«No di certo. Abbiamo solo informazioni che riguardano i ragazzi che sono arrivati dal 1991 in avanti. A quando risalgono le vostre adozioni?»
«Beh, quella di Matteo al 1975. Di Ronaldo non so nulla.»
Jessica omette di dire che da quanto ne sa Ronaldo è morto lo stesso anno. Non vuole credere a quella conclusione, almeno finché non ne avrà le prove.
«Allora non posso fare altro che darle gli indirizzi degli istituti che potrebbero aver accolto quei ragazzi. Dovrà rivolgersi a loro se vuole sperare di avere qualche informazione in più. Come le dicevo prima però, ci sono delle regole sulla privacy che dovranno rispettare, non le sarà facile scoprire quello che cerca.»
«Sì, lo so. Però, grazie ai nomi degli orfanotrofi saprò dove cominciare a cercare.»
Jessica in parte è soddisfatta: in fondo non ha ricevuto un rifiuto alla sua richiesta di aiuto e Roberto è riuscito a farle avere delle informazioni importanti.
E non può fare a meno di notare che malgrado l’esterno della struttura faccia pensare a qualcosa di abbandonato da tempo, all’interno l’ambiente è gradevole e pulito. I pavimenti sono lustri e le grandi finestre del pian terreno sono adornate da tende in colori vivaci. Sulle pareti spiccano opere di pittura firmate dagli alunni che le hanno realizzate. Jessica intravede un paio di targhette con l’anno e i nomi e sorride.
In fondo quel posto ha mantenuto il suo carattere positivo nonostante la vecchia direttrice temesse il contrario. Luoghi come quello possono rappresentare la salvezza per ragazze e ragazzi senza famiglie stabili e con disturbi della personalità.
Una volta sulla porta d’ingresso, rientra la ragazza con la maglietta di Hello Kitty. Ha un'aria molto appagata e in mano tiene ben saldo il suo diario. Senza chiedere permesso, passa tra Roberto e Jessica, costringendoli a scansarsi per evitare una gomitata.
«Eh,