Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio. Dawn Brower

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Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio - Dawn Brower

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anche una remota possibilità che lei—no, non voleva nemmeno pensarci. Lana stava bene. Si era assicurato che ricevesse le cure migliori. Se quella stronza psicopatica, Imogen Duncan, non avesse tentato di uccidere la sua stessa sorella, Jessica Sousa, non sarebbe accaduto niente di tutto ciò. Lana sarebbe stata al sicuro. Invece di essere colpita dal fuoco incrociato di una vendetta di anni prima.

      “Signor Sullivan” disse un’infermiera. “Pensavamo fosse andato a casa”.

      Scosse il capo senza guardarla. “Dovevo vederla ancora prima di andarmene”. In realtà aveva utilizzato l’ufficio che aveva acquisito quando avevano sparato a Daniella un paio di mesi prima. Aveva dormito lì quando era stato obbligato a riposare. Ci era stato anche prima quel giorno, per cercare di non pensare a Lana ed allo stato in cui versava. Qualcosa lo aveva fatto alzare e tornare alla sua stanza. Ora che si trovava lì, niente poteva allontanare il suo sguardo dall’incosciente Lana che giaceva sul letto d’ospedale. Gli si formò un nodo in gola che non sembrava andarsene. Aveva sprecato così tanto tempo ad allontanarla. Perché era stato così stolto? Se avesse potuto tornare indietro…no, pensarla in quel modo non avrebbe aiutato.

      Niente avrebbe cambiato il cammino che si erano ritrovati ad intraprendere. Anche Lana l’aveva allontanato. Avevano preso entrambi quella decisione; forse era ora di scoprire quali fossero le ragioni. Doveva esserci un modo per mettere da parte le loro differenze e scoprire se avessero avuto un futuro insieme. Tale evento era stato il campanello d’allarme che aveva fatto ragione un testardo come lui.

      “È un bene che lei sia qui” gli disse l’infermiera. “Il dottore ha deciso che è ora di svegliarla. Qualche ora fa hanno interrotto l’apporto di sostanze che la facevano restare incosciente. Potrebbe svegliarsi presto, e le farebbe bene vedere un viso famigliare”.

      Alzò il capo per guardarla. “Perché nessuno ha detto niente prima? Sua madre dovrebbe essere qui…” Non lui. Avrebbe probabilmente avuto una ricaduta o qualcosa di simile nel vederlo. Non erano in buoni rapporti, non ancora. Aveva l’assoluta intenzione di cambiare lo stato delle cose, ma lei avrebbe avuto bisogno di tempo per adattarsi.

      La Signora Kelly avrebbe dovuto essere con sua figlia. Avrebbe dovuto chiamarla. Chiuse gli occhi e sospirò. Era tardi, e tutti già dormivano alla villa. Sarebbero venuti qui in mattinata, e sarebbe stato abbastanza presto per rendersi conto che Lana si sarebbe svegliata. Non avrebbero dovuto decidere questa cosa nel bel mezzo della dannata notte. Se non avesse corrisposto all’ospedale un’importante somma di denaro per il privilegio di andare e tornare come gli faceva comodo, anche lui non sarebbe stato lì.

      “Il dottore non voleva aggiungere ulteriore ansia” spiegò l’infermiera. “Il suo cuore ha subito molto stress. La ferita era piccola, ma se non l’avessero curata in tempo sarebbe morta. Il Dottor West vuole fare le cose in modo cauto”.

      Perché l’infermiera doveva ripetere che Lana sarebbe potuta morire? L’eventualità lo fissava negli occhi ogni volta in cui la guardava giacere nel letto d’ospedale. Tristemente, la realtà continuava a colpirlo al volto. Ogni giorno ne riceveva una dose che gli faceva rimpiangere le molteplici decisioni che aveva preso durante il proprio cammino.

      “Il dottore sarà qui quando si sveglierà?”

      L’infermiera si mordicchiò il labbro. Era meglio che Preston fosse stato qui quando Lana avrebbe aperto gli occhi. Era stata una sua idea, ed era il suo dottore. A Sullivan non piaceva il modo in cui l’infermiera era rimasta in silenzio. Voleva scuoterla come se avesse aiutato a farla rispondere, ma evitò di farlo—a fatica.

      “Il fatto è che è difficile stabilire quando riuscirà ad allontanare le sostanze dal proprio corpo. La dobbiamo tenere d’occhio e chiamare immediatamente il dottore quando si sveglierà. Sarà qui il prima possibile quando la paziente avrà ripreso conoscenza”.

      A Sullivan non piaceva questa situazione; ciononostante aveva stranamente senso. Lo staff medico all’Envill East era il migliore. Doveva fidarsi di loro e del modo in cui svolgevano il proprio lavoro. Non poteva fare niente per aiutare Lana oltre che restare al suo fianco e pregare che riuscisse a farcela. Lo uccideva vederla restare inerte.

      “Dovrei restare?” voleva, ed allo stesso tempo era terrorizzato dal farlo. “Il dottore lo sta facendo per un motivo. Se resterò le farà male vedermi?” Avrebbe preferito strapparsi il cuore piuttosto che ferirla.

      “Va bene se resta”. L’infermiera gli sorrise. “Come ho detto quando sono arrivata, è bene che almeno una persona sia qui quando si sveglierà. Una folla di persone potrebbe essere troppo, e durante le ore diurne di visita ha più ospiti”.

      Lana aveva molte persone che l’amavano. Si meritavano di essere nella sua vita molto più di lui. Qualcuno migliore di lui sarebbe dovuto essere lì per lei, ma poiché lui era tutto ciò che lei aveva al momento, avrebbe fatto ciò che poteva.

      “Si può svegliare in ogni momento?” domandò.

      “Mi aspetto che lo faccia presto” rispose l’infermiera. “La lascio solo con lei. Prema il pulsante di chiamata se si sveglierà, arriverò subito”.

      Annuì ed avvicinò una sedia al letto. Non l’avrebbe lasciata sola anche se una parte di lui voleva correre il più lontano possibile. Non voleva evitarla, solo le sensazioni che lei invocava dentro in lui. A volte le vecchie abitudini erano difficili da perdere. Per anni avevano avuto questo rapporto canzonatorio che rasentava la derisione. Non capiva come mai Lana sembrasse odiarlo, ma le concedeva alcune malignità perché a volte si sentiva di meritarsele. Inoltre non credeva che lei lo trovasse veramente così antipatico. Per la maggior parte del tempo si trattava di un gioco a cui non riuscivano a smettere di giocare. Sullivan la rispettava molto più di quanto rispettasse ogni donna al di fuori della propria famiglia. Avrebbe provato ad essere un uomo migliore per lei. Non era completamente certo che ne fosse in grado…

      Provò un forte dolore alla testa, ed il suo respiro. Oh Dio… chi l’aveva colpita con così tanta forza al petto posandovi poi un peso importante sopra? Che cos’era quel bip? Dove diavolo si trovava? Mosse la mano e palpò di fianco a sé, cercando di capire che cosa stesse succedendo. Un materiale morbido riempì il palmo della sua mano quando lo strinse. Il suo respiro si fece ancora più irregolare, ed il bip si fece più acuto, infiltrandosi con fare insistente nelle sue orecchie. Lo stridere del metallo e dei vetri infranti si unì al bip, generando un caos di suoni. Facevano eco attorno a lei, riportandola al momento in cui la sua auto era stata colpita, facendola sbandare ed arenandosi a lato della strada. Un forte dolore la pervase paralizzandola. Il panico la fece andare in crisi mentre cercò di riottenere il controllo di sé stessa e ciò che la circondava.

      “Sshh”, disse un uomo.

      La calmò in un modo che non riusciva a spiegare. Non si era resa conto che stava urlando fino a quando la sua stessa voce raggiunse le sue orecchie. Chi c’era con lei? Aprì lentamente gli occhi e non trovò altro che un’immagine sfocata. Sbatté le palpebre diverse volte fino a quando riuscì a mettere a fuoco. Il bellissimo diavolo che non sembrava allontanarsi dai suoi pensieri nonostante tutte le volte in cui lei cercasse di esorcizzarlo, ed ora la fissava con preoccupazione. Non poteva essere un buon segno. “Sully?” La sua gola era secca, rendendo la sua voce roca.

      I suoi capelli scuri e gli occhi verde smeraldo erano solamente una parte della sua maschile bellezza. Era il pacchetto completo—una bocca peccaminosa, zigomi marcati, ed un bel corpo definito. Peccato che fosse un irraggiungibile abile sciupafemmine. Avrebbe forse prevalso su Lucifero in persona in quanto al più bell’angelo caduto di sempre. Era la personificazione dell’iniquità, Sullivan Brady.

      “Non parlare”, le disse. “Chiamo l’infermiera”.

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