Futuro Pericoloso. Mª Del Mar Agulló

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Futuro Pericoloso - Mª Del Mar Agulló

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la limousine seguendo le indicazioni del suo capo. Era agitata, non voleva rovinare il suo nuovo lavoro dal primo giorno. Il tragitto durò appena dieci minuti. Se fosse andata per una strada automatica, ci avrebbe messo più di cinquanta minuti. Monica iniziò a capire il senso dell’utilizzo delle strade antiche: evitare ingorghi e arrivare prima alla meta.

      – Sono piacevolmente sorpreso di lei – l’uomo regalò un sorriso a Monica per la prima volta —. Quanti anni hai? – chiese a Samuel.

      Samuel alzò la mano nascondendo il pollice e indicando un quattro. L’uomo gli si avvicinò e gli accarezzò la testolina.

      – Ci vediamo all’una, non arrivi in ritardo stavolta – disse rivolgendosi di nuovo a Monica, che fece sì con la testa.

      L’uomo si mise degli occhiali da sole abbastanza moderni e scese dalla limousine, con così tanta sfortuna che rovesciò il resto del caffè sui pantaloni bianchi.

      – Merda! Cazzo!

      Samuel e sua madre risero mettendo la mano davanti alla bocca per nascondere la risata. Il capo di Monica si girò e sorrise forzando le labbra.

      La donna di Elche si diresse con suo figlio verso un parcheggio abbandonato non molto lontano dall’azienda del suo capo, ricordandosi delle parole dell’uomo che l’aveva chiamata il giorno prima per dirle di non allontanarsi dall’azienda.

      – Dobbiamo aspettare in macchina fino a che finisca?

      – Sì. Vuoi che giochiamo a qualcosa?

      Samuel scosse la testa per dire di no.

      – Preferisco leggere.

      – Sai, anche a tuo papà piaceva molto leggere.

      – Mamma, quando andrò all’aldilà, lo vedrò?

      – Non lo so, amore mio, speriamo di sì – gli rispose molto dolcemente.

      Samuel prese uno dei due libri che si era portato e iniziò la lettura. Monica, invece, cercò su Internet il suo nuovo capo. Si chiamava Alexis, aveva quaranta anni come aveva immaginato e, quando era più giovane, era stato sulla copertina di numerose riviste a causa dei suoi scandali. Da quello che poté scoprire, si era sposato quattro volte, tutti matrimoni brevi tranne quello attuale, che durava già da quattro anni e dal quale erano nate le sue due meravigliose figlie: Yolanda di tre anni e Aura di un anno e mezzo. L’azienda dove l’aveva lasciato, “Il diamante dorato”, apparteneva alla sua famiglia da tre generazioni. Si occupava della fabbricazione e della ricerca di nuovi aggeggi tecnologici. Inoltre costruiva centri di immagazzinaggio dell’energia solare e bacini idrici in zone molto piovose per un progetto a scopo umanitario che permettesse di avere elettricità e acqua potabile a costo zero nelle case, un progetto annunciato anni prima, che Monica e altre persone bisognose non vedevano l’ora che si realizzasse.

      Rovistando tra le foto da adolescente di Alexis, finalmente se lo ricordò. Se non l’aveva riconosciuto, era per colpa del suo grande cambiamento fisico. Quando era più giovane, era cicciottello, aveva la faccia piena di brufoli e si poteva dire che era brutto. Adesso, non potendo dire che era bello, era molto attraente, in parte grazie al suo aspetto più maturo. Da giovane aveva avuto un sacco di ragazze che gli si avvicinavano per i suoi soldi. Monica si ricordò che una di quelle ragazze era proprio una sua amica dell’infanzia che non ebbe molta fortuna. La sua attuale moglie era una vecchia modella svedese di biancheria intima, famosa per aver sfilato tre volte per la prestigiosa sfilata del disegnatore italo-spagnolo Fiordi Ramos e per aver avuto qualche particina in film famosi.

      Senza che se ne rendesse conto, intenta com’era a scoprire nuovi dettagli sul suo capo, l’orologio segnò l’una meno un quarto. Monica mise in moto la limousine e si avviò.

      Alexis salì senza dire una parola. Iniziò subito a leggere qualcosa sul suo cellulare, di stragrandi dimensioni. Monica lo guardava dallo specchietto retrovisore. Le sarebbe piaciuto scoprire di più sul suo nuovo capo, ma non osava parlargli, e inoltre non doveva. Quando arrivarono alla villa, scese senza salutare ed entrò in casa sua. Monica pensò che era antipatico.

      Appena tornò a casa, vi entrò precipitosamente e cercò suo figlio maggiore, ma Oscar non era tornato. Subito dopo essersi assicurata che suo figlio non fosse tornato nel lasso di tempo in cui era al lavoro, suonarono il campanello di casa. Monica corse alla porta pensando che dovesse essere suo figlio. Invece vi trovò Ignacio con una rosa rossa un po’ pallida nella mano sinistra e uno sguardo che assomigliava un po’ a quella di un attore che recita in modo esagerato cercando di sedurre e un po’ a quella di un sadico assassino.

      – Ciao, bella – disse mentre abbassava lo sguardo.

      – Cosa vuoi, Ignacio? – chiese Monica mettendo le braccia sui fianchi.

      – Non voglio arrivare alla difficile situazione di doverti sfrattare, quindi ci stavo pensando. Da sempre ho notato una certa attrazione tra noi – Monica tossì per non ridere —, ma dato che ieri Maribel mi ha detto che tu senti qualcosa per me, mi è parsa una buona idea uscire insieme. Se tu fossi parte della mia famiglia, non dovresti pagarmi l’affitto. Pensaci, sarebbe stupido rimanere per strada perché non vuoi uscire con me. In futuro potremmo persino sposarci e avere dei figli, se vuoi, anche se non mi piacciono molto i bambini.

      – Credo di non averti capito bene. Mi proponi di prostituirmi in cambio dell’affitto?

      – No, mi hai capito male. Io voglio solo che trionfi l’amore. Siamo due persone innamorate, perché non stare insieme?

      Monica pensò che aveva sentito abbastanza stupidaggini, quindi rifiutò qualsiasi offerta dicendogli con durezza:

      – Per te non sentirò mai niente di simile all’amore, quindi mettitelo in testa. Non tornare mai più per farmi una proposta così indecente come quella che mi hai appena fatto.

      Monica si girò e sbatté la porta, davanti alla faccia stupita di Ignacio, che rimase lì in piedi senza sapere come reagire.

***

      Erano le nove del mattino quando la porta principale si aprì. Monica vi accorse turbata. Oscar entrò con la faccia stanca.

      – Tieni – disse Oscar a sua madre, consegnandole una busta.

      Monica l’aprì, meravigliandosi della quantità di denaro che conteneva.

      – Dove li hai presi? E dove sei stato da quando te ne sei andato? – chiese turbata.

      – Tranquilla, sto bene. Paga Ignacio – disse con voce serena.

      – No, finché non mi dici dove hai preso tutti questi soldi.

      – Me li hanno dato i nonni, bastano per un anno intero.

      Monica rimase a bocca aperta.

      – Vedi, mamma, a volte non essere orgogliosi non è così brutto.

      – Voglio che glieli restituisca subito – disse con tono autoritario.

      – Ne abbiamo bisogno, o questi o la strada.

      – Non più. Oscar, ho un lavoro, mi hanno assunta come autista.

      Ora era Oscar a essere meravigliato.

      – Cosa? Pensavo fosse uno scherzo. Sulle strade antiche guidano solo pazzi che cercano una scusa per sfidare la morte.

      – Non

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