Futuro Pericoloso. Mª Del Mar Agulló

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Futuro Pericoloso - Mª Del Mar Agulló

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consultando l’ubicazione di un virus del quale doveva raccogliere dei campioni.

      – Non dire niente – disse Carolina alla sua collega indicandola con il dito.

      Keysi sosteneva la teoria che Jacinto fosse innamorato di Carolina, cosa che faceva innervosire quest’ultima, che considerava il suo giovane compagno solo come un amico.

      – Non volevo dire niente – Keysi sorrise e tenne i suoi pensieri per sé —. Ho brutte notizie – annunciò – l’anziano è morto.

      – Ci sono altre persone infette?

      – Per il momento no. Ci manderanno più campioni oggi. – Keysi guardò dalla finestra. Era una giornata soleggiata, i turisti camminavano pigri e il mare brillava —. Credo che continuerò a studiare il virus australiano.

      – Perché non ti riposi un po’? Stai chiusa qui a lavorare da quasi ventiquattro ore, hai bisogno di riposo.

      – Cosa credi che penserebbero i famigliari delle persone infette, se sapessero che invece di cercare una cura mi sto riposando? – le chiese Keysi turbata.

      – Non credo che tu sia d’aiuto essendo stanca.

      – Non sono stanca! – protestò la ragazza inglese.

      Verso le due del pomeriggio arrivarono i campioni del virus tramite la Rete di trasporto di merci altamente pericolose. Si trattava di una rete di piccoli tubi ignifughi, anticongelanti, che non si potevano rompere, di due metri quadrati di diametro, molto rapidi, che stavano sotto terra e che comunicavano con i laboratori. Altrimenti, nel caso delle isole come Maiorca, il virus arrivava fino a un aeroporto, dove veniva trasportato da un aereo speciale fino alla sua destinazione. All’inizio avevano iniziato a costruire la rete per il trasporto di merci, ma a causa degli alti costi al suo posto si costruì una rete più piccola che fosse di utilità medica. La rete era costruita in parallelo alla Rete di trasporto sotterraneo, una rete che trasportava passeggeri, che univa praticamente tutto il mondo e che aveva una velocità che sfiorava i duemila chilometri all’ora.

      Clara si affrettò a portare i campioni nella Sala 4.

      – Ecco a voi. Per qualunque cosa, chiamatemi – si offrì Clara, che quel giorno aveva una pettinatura all’antica, propria di due secoli prima, che simulava la figura di un leone feroce.

      – Credo che uscirò un po’.

      – Anch’io. Andrò a casa mia a mangiare. Potresti venire con me. Adesso che le mie compagne sono in viaggio sto da sola. Così non dovresti vedere… – Carolina evitò di nominare Raúl, l’ex fidanzato di Keysi.

      – Non ce n’è bisogno, però ti ringrazio.

      Carolina se ne andò di corsa, rovesciando una bibita nel corridoio del laboratorio. Keysi rimase un paio di minuti in più, controllando lo strano virus, cercando di trovare un difetto. Fuori dal laboratorio Jacinto l’aspettava.

      – Keysi, aspetta.

      La ragazza britannica si fermò di colpo, aspettando che Jacinto continuasse a parlare.

      – Mi faresti un favore?

      – Un altro?

      – È uno piccolino.

      – D’accordo, dimmi – cedette la ragazza inglese.

      – Mi aiuteresti a sedurre Carolina?

      Keysi assunse una faccia sorpresa.

      – Jacinto, so che è dura, ma devi accettare che non le piaci.

      – Ma le piacerò – disse allegramente.

      – Non ti arrendi mai?

      – Con lei no.

      – Da quando la conosci?

      – Da un paio di anni, da quando ho iniziato a lavorare qui.

      – E da quando sei innamorato di lei?

      – Credo da due secondi dopo che l’ho conosciuta.

      – Non credo alle favole – disse seccamente.

      – E lo dice quella che lasciò tutto il suo mondo e venne a vivere in Spagna poco dopo aver conosciuto un ragazzo.

      Keysi arrossì.

      – Non posso aiutarti.

      – Sì che puoi, ma non vuoi. Dai, non ti costa nulla, trascorri tutto il giorno insieme a lei.

      – Non abbiamo questo tipo di relazione.

      Keysi continuò a camminare, finché arrivò al suo appartamento. Entrò e si rallegrò di essere da sola. Accese la sua macchina di cottura, mise tutti gli ingredienti negli scompartimenti indicati e aspettò che il merluzzo con patate arrosto accompagnato da salsa di porro fosse pronto.

      La ragazza britannica iniziò a trangugiare il cibo per finire quanto prima e poter tornare subito al laboratorio. La sua ossessione di scoprire antigeni velocemente cresceva giorno dopo giorno. Quando stava finendo di mangiare, Raúl entrò nell’appartamento, accompagnato da una donna mora molto giovane e attraente.

      – Oh, mi dispiace, Keysi, non sapevo che eri qui.

      – Non scusarti.

      La donna rimaneva in silenzio vicino alla porta. Teneva in mano una piccola valigia.

      – Ti presento mia sorella Marina, è venuta da Alicante – Raúl e tutta la sua famiglia erano di quella città – per trascorrere qui alcuni giorni in vacanza.

      Keysi si pulì i resti di cibo dalla faccia con un tovagliolo che profumava di vaniglia – la spezia preferita della ragazza inglese —, si avvicinò alla sua ex cognata e la salutò.

      Marina e Keysi parlarono allegramente per un po’, finché la prima se ne andò con suo fratello, che voleva farle vedere questa bella città vicino al mare.

      Keysi aveva dormito a malapena negli ultimi giorni e, anche se aveva detto alla sua collega che non era stanca perché non voleva ammetterlo, lo era. Si sdraiò sul divano con l’intenzione di chiudere gli occhi per alcuni secondi che si trasformarono in ore.

***

      Carolina si sentì svuotata entrando nel suo appartamento, a nord della città. Viveva con due studentesse di Diritto, una di Valencia e l’altra di Barcellona, che in quel periodo erano in viaggio a Nizza. Col tempo erano diventate grandi amiche, anche se non aveva molte cose in comune con loro.

      Aprì il frigo con la speranza di trovare qualcosa di appetitoso da mangiare, ma l’unica cosa che trovò furono avanzi di cibo che emanavano un odore sgradevole. Chiuse il frigo e scese al ristorante sotto casa.

      Era un ristorante all’antica, dove la tecnologia era appena arrivata. La maggior parte dei ristoranti erano serviti da ologrammi che reagivano alla voce, inviando le ordinazioni dei clienti alla cucina, dove un complesso di macchinari preparava i pasti in maniera automatica. Il più delle volte il risultato non era piacevole per i clienti; invece i prezzi erano molto bassi perché non c’erano stipendi da pagare.

      Un uomo di mezza età e un po’ grasso salutò Carolina

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