Lo Spirito Del Fuoco. Matteo Vittorio Allorio

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Lo Spirito Del Fuoco - Matteo Vittorio Allorio

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ma devi sapere che Jack è vittima del primo sogno d'iniziazione…», si fermò un secondo regolando il respiro.

      «Sai di cosa parlo?».

      Aura, che aveva percepito un male fin troppo forte dentro il cuore del giovane terrestre, trasalì cercando di non darlo a vedere. Ora, tutto le era chiaro e guardando l'amico negli occhi, capì il reale motivo del suo comportamento.

      «Sì, è il rituale antico con il quale il male avvicina a sé nuovi seguaci tramite tre orribili sogni» rispose con un filo di voce.

      L'astro, sconsolato, mosse il capo confermando le sue parole. La gravità della situazione era maggiore di quel che Aura pensava ma, di certo, non poteva mostrarsi turbata dopo i discorsi precedenti.

      «Se Ashar, il grande e onnipotente re del sole, padre di tutti i padri, ha scelto un umano, stai pur tranquillo che non è un caso. Devi essere forte, nessuno ha detto che sarebbe stato facile e tanto meno come fare. Lo hai salvato ed è un successo non da poco».

      La ninfa aveva ragione.

      Come suo astro protettore, nonché guida e mentore, doveva reagire affrontando al meglio il suo compito.

      Respirò profondamente.

      Entrambi fissarono il giovane.

      «Il suo cuore è più forte di quanto pensi, non temere». Quelle parole, ossigeno puro per lui.

      «Ricorda che il rituale è composto da tre sogni. Starà a te vegliare su di lui impedendo all’oscurità di continuare il suo infido piano».

      In quell'istante, la forza e il coraggio tornarono e sapendo esattamente cosa fare, Santos strinse i pugni determinato.

      Doveva salvarlo a ogni costo, proteggere la sua anima dall'oblio della più totale perdizione e nessuno, stregone o semidio, glielo avrebbe impedito.

      «Ingrati!», li rimproverò Boris sbucando da sotto il mantello di Jack interamente affumicato. Nel vederlo, Santos spalancò gli occhi sentendosi in colpa per essersene completamente dimenticato.

      «Santi numi!» esclamò il folletto guardando Aura.

      Da sempre, le ninfe lo terrorizzavano e mai nessuno era riuscito a capirne il motivo.

      «Amico mio…», si affrettò Santos piegandosi sulle ginocchia per accertarsi delle sue condizioni.

      «Sto bene astro, non farmi da balia». Sbuffò Boris passandosi un lembo del mantello sul piccolo e tozzo volto.

      «Ci vuole ben altro per mettermi al tappeto!», continuò burbero sbattendosi le vesti.

      Quella, sicuramente un'altra vicenda che avrebbe decantato per il resto della vita elogiando la sua ineguagliabile resistenza fisica.

      «Ha carattere il giovanotto!», terminò ironico pulendosi la folta e bruciacchiata barba grigia.

      «Non cambierai mai!», gli sorrise l'astro. La sua boriosità, nonostante avesse rischiato fortemente di morire carbonizzato, integra come sempre.

      «Vi ho sentiti…». Si limitò il folletto provando a posare lo sguardo sulla ninfa senza successo.

      «Starò al tuo fianco e proverò a rendere meno pesante questo fardello per le tue esili spalle. Ti aiuterò vegliando con tutte le mie forze sul salvatore. Questo, sempre se tu lo vorrai ovviamente».

      Il suo unico compito, non altro che un semplice favore per un caro e vecchio amico, era stato quello di portare le vesti al loro arrivo, niente più. Aggregarsi nel viaggio verso Fati non era stato previsto e dopo aver accompagnato l'astro in quella casa, si sarebbe dovuto fermare nella città per conto suo.

      Non era tenuto a far altro se non tornarsene nel suo piccolo regno ma questa volta, la posta in gioco era decisamente alta. Purtroppo, annoverava l'intera Costellazione.

      «Mai ho trovato più onore e coraggio che in te, piccolo amico. Sarebbe un privilegio condividere questa missione al tuo fianco».

      Aura restò in disparte, quello che stava accadendo la riempì di gioia.

      Santos ora aveva un compagno che, per quanto piccolo, mostrava coraggio e personalità.

      In quell'istante, carico di sentimento, i due compagni si scambiarono una simbolica quanto importante stretta di mano, sancendo così la loro alleanza.

      «Amici miei, custodi, poco più di un anno ci divide dalla visione oscura. Il vostro sarà un cammino tortuoso e pieno di ostacoli ed è per questo che le vostre anime non dovranno mai vacillare.», ufficializzò il patto Aura guardandoli orgogliosa.

      Per quanto lungo, un anno sembrò poco per poter preparare il giovane terrestre a compiere il proprio destino ma, spinti l'uno dalla forza dell'altro, non si scoraggiarono fiduciosi delle proprie capacità.

      «Inizieremo l’addestramento non appena riprenderà le forze!», stabilì così l’astro posando lo sguardo su Jack.

      Con un fisico così esile, prepararlo ad affrontare creature potenti e senza scrupoli non sarebbe stato facile ma le qualità per farlo, di certo, non gli mancavano.

      Boris, consapevole del buon senso dell'amico, annuì. Orgoglioso e deciso a essere un prezioso aiuto si massaggiò la folta barba.

      13

      I raggi del sole erano già caldi. Infastidito dalla luce, Jack aprì gli occhi.

      Stordito, si guardò intorno. Tonde pareti turchesi, non troppo alte, terminavano in un affascinante soffitto a cupola sul quale, dipinto perfettamente, un cielo di un blu profondo ne era padrone.

      Il semplice arredamento, raffinato e dal tocco femminile, rendeva il tutto caloroso e familiare.

      Un grazioso tavolino bianco dalle gambe intrecciate poggiava sotto un’enorme finestra alla sua sinistra. Filtrando tra le lunghe tende color panna, i raggi del sole entravano delicati.

      Dove si trovava?

      Nella sua mente, frammenti d'immagini sfocate e incomprensibili.

      Si voltò.

      Alla sua destra, una credenza dalla grande specchiera dominava dall’alto l’intera stanza e nel guardare la propria immagine riflessa nello specchio, si sentì vuoto e prosciugato da ogni energia.

      A stento si riconobbe. Il volto pallido e scavato e i capelli arruffati lo sconvolsero.

      Dell'atletico ragazzo, ormai nessuna traccia.

      Se solo pochi giorni lo avevano ridotto in quelle condizioni come avrebbe potuto affrontare quell'infausto destino?

      Cercò di scacciare via quella pessimistica idea alzando gli occhi al cielo.

      Il soffitto presentava molteplici oggetti appesi a piccole e luccicanti catene e nel vederli, ignaro di cosa fossero, si perse tra i loro colori sgargianti riuscendo così ad alleviare la forte emicrania.

      Il tempo che passò non riuscì a quantificarlo ma, ripresosi dall'incanto dei riflessi variopinti, levò con delicatezza le candide coperte che lo avevano avvolto. Provò ad alzarsi.

      Riuscì a malapena a mettersi diritto sulle gambe prima che una lancinante

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