La Figlia Dell’Acqua. Aidan Fox

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La Figlia Dell’Acqua - Aidan Fox

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di vedere per la quarta volta, il terreno si spalancò sotto i suoi piedi.

      Si sentì cadere.

      E poi niente.

      ***

      Riprese conoscenza un po’ stordita in una caverna scura scavata nella roccia. Tastò il suo volto alla ricerca di contusioni, ma la sua caduta era miracolosamente avvenuta senza danni. Constatato che la sua salute non era oggetto di preoccupazioni, si mise ad osservare i dintorni.

      Il primo riflesso da avere scoprendo un posto sconosciuto: ripararsi.

      Mentre i suoi occhi si abituavano all’oscurità, distinse una debole luce sopra la sua testa. Era probabilmente caduta attraverso un piccolo tunnel fino a quel sottosuolo. Tentò di arrampicarsi aggrappandosi alle pareti, ma queste erano bagnate da qualche sorgente sotterranea e la facevano scivolare come se fossero ricoperte d’olio.

      Rinunciò con un’imprecazione, poi si mise a tastare la roccia alla ricerca di un’altra uscita. Per fortuna, trovò rapidamente un’apertura, e ci si infilò.

      Avanzò per qualche metro, poi intravide una sorgente di luce blu davanti a lei. A tentoni lungo le pareti, si diresse istintivamente verso la luce e finì per sfociare in una grande grotta.

      Uscì dal tunnel gemendo, poi si tolse la polvere dagli abiti con cura. Prima di alzare la testa, e di aggrottare le sopracciglia con stupore.

      Non era tanto in una grotta quanto… in un posto vissuto. Con sua grande sorpresa, il posto sembrava abitato.

      Un muro di ghiaccio occupava tutto il fianco della sala. Era da là che proveniva il bagliore. Il resto era abbastanza semplice, sprovvisto di qualsiasi mobilio o decorazione, ma tenuto troppo bene per essere selvaggio. E poi, certi elementi, come dei manoscritti sparsi, o dei resti di alimenti allineati con pazienza, testimoniavano la presenza di un oste misterioso.

      Doveva essere un rifugio di passaggio.

      Un sorriso si dipinse sul volto di Naëli.

      Il posto doveva per forza avere una via di accesso.

      Stranamente, si sentiva calma, lì. La sua paura se ne era andata. In quel luogo regnava una pace straordinaria, come se si trovasse nel cuore della foresta. Studiò le pareti, le accarezzò con la punta delle dita, e riempì i suoi polmoni di aria fresca. Quel posto era un’oasi di pace.

      Ma la cosa più accattivante era il ghiaccio che occupava il fondo della sala. Avvicinandosi, Naëli scoprì sulla sua superficie un insieme di caratteri delicatamente scolpiti nel ghiaccio.

      “Non c’è niente di più delicato né di più fragile. Ma niente è così distruttivo. Allo stesso tempo multiplo e singolo, visibile e invisibile, ci serve per vivere”

      L’ intuito suggerì a Naëli che era questo l’enigma per entrare nel rifugio, che doveva essere riservato agli iniziati.

      Immaginò di usare i suoi poteri sull’ostacolo, ma l’acqua in forma solida le aveva sempre resistito, richiedendole una concentrazione fenomenale per un risultato mediocre.

      Come se la natura solida rendesse l’esercizio più difficile, e pretendesse una padronanza migliore del suo potere.

      Si pizzicò le labbra realizzando che risolvere l’enigma era l’unico modo per uscire da lì.

      Si mise a riflettere.

      Cos’è allo stesso tempo debole, forte, unico, multiplo, visibile ed invisibile? Era un farfugliamento che non aveva né capo né coda.

      -Come si può essere visibili ed invisibili allo stesso tempo? Si chiese a voce alta.

      Debole e forte.

      Multiplo e singolo.

      Visibile e invisibile.

      Qual era l’ultima frase?

      “Ci serve per vivere”.

      Che cosa era indispensabile per vivere?

      Dormire.

      Mangiare.

      E bere.

      Il suo viso si illuminò. Ma certo! Era l’acqua! Debole e flessibile in piccole quantità, ma spaventosa quando si accumulava, invisibile sotto forma di gas, unica perché la si chiamava “l’acqua”, ma allo stesso tempo composta da miliardi di piccole gocce, milioni di molecole! Come era possibile che lei, che aveva una simile affinità con questo elemento, non l’avesse indovinato prima?

      Fece ricorso ai suoi poteri per captare l’umidità del luogo e concentrò quest’ultima per spezzare il muro. L’ostacolo si sciolse senza rumore, lasciando apparire un nuovo tunnel. A parte che questa volta, non si trattava di una galleria di pietra e terra.

      Era una galleria di ghiaccio. Un tunnel affascinante che si stendeva qualche metro sotto la superficie di quello che poteva essere un piccolo lago.

      Naëli ci si addentrò, affascinata.

      In mezzo alla galleria c’era una roccia umida, sulla quale era posato un piccolo libro. Naëli se ne impossessò, intrigata, e percorse in diagonale il suo contenuto. Il titolo era sorprendente: Sull’origine del potere e sui Maestri dell’Acqua. Era un’ opera storica che descriveva in qualche pagina la storia dei Sette Principati.

      Aggrottò le sopracciglia, poi scosse la testa.

      Lassù, Joan la aspettava. Il tempo era contato, avevano già accumulato troppo ritardo.

      Aveva di meglio da fare che consultare un vecchio manoscritto.

      Mise l’oggetto in tasca, poi sgattaiolò verso l’altra parte del tunnel, che sfociava sulla riva del lago.

      Era libera.

      Ritrovò rapidamente le proprie tracce.

      Qualche secondo più tardi, trovava il Lupo di mare nel mezzo della boscaglia. In quel preciso momento, Joan uscì come un pazzo dai cespugli.

      -Finalmente! Sbottò. Sono delle ore che giro in tondo, questa foresta diabolica mi rende pazzo!

      Naëli sogghignò, imbarazzata, e scelse di nascondere una parte della sua recente avventura. Il suo amico non era dell’umore giusto per parlare di rifugi di terra e gallerie di ghiaccio. E sentiva di avere vissuto un’esperienza intima, riservata solo a lei.

      -Anche io, rispose semplicemente. In marcia, abbiamo perso abbastanza tempo.

      Joan assentì e raddrizzò il Lupo di mare, prima di sedersi per ripartire, maledicendo colui che aveva inventato le foreste con dei nomi che Naëli non avrebbe osato ripetere.

      ***

      Qualche tempo dopo, emergevano dalla foresta con sollievo. Joan si girò per controllare il limitare del bosco per un breve istante, respirò profondamente, poi rilanciò i motori con forza rendendosi conto del vantaggio che avevano perso.

      -La fine della tappa non è più

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