Nel Segno Del Leone. Stefano Vignaroli

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Nel Segno Del Leone - Stefano Vignaroli

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del titolo dei testi ivi conservati. Alcuni frati lavoravano in assoluto silenzio, seduti ad alcuni scrittoi, disposti al centro della stanza. Un grande camino spandeva luce e calore a tutto l’ampio salone. A un cenno del Priore, gli amanuensi riposero in buon ordine i loro strumenti e si congedarono, uno dopo l’altro. In breve Lucia rimase da sola con Padre Gerolamo. Per prima cosa gli consegnò il prezioso tomo affidatole da Bernardino. Il Priore lo apprezzò, dapprima annusandolo, per sentire l’odore della carta stampata, poi sfogliandone alcune pagine, infine soffermandosi su alcune delle illustrazioni.

      «Un ottimo lavoro!», si pronunciò, dirigendosi verso la sezione della biblioteca contrassegnata dalla lettera D. «Ringraziate il vostro amico tipografo. Pochi al mondo sanno lavorare come lui.»

      «È lui che ringrazia voi. Senza il vostro lavoro, la sua opera avrebbe avuto ben più scarso valore. Ed è per questo che ci teneva a farvi avere la prima copia che ha stampato.»

      «Ne sono lusingato, e anche i miei confratelli lo saranno. Ma veniamo a noi. Fra non molto caleranno le tenebre, e immagino che abbiate bisogno di ospitalità. Non abbiamo suore qui a Sant’Urbano, quindi dovrò farvi preparare una stanza per la notte nella foresteria. Spero non abbiate timore di dover rimanere da sola.»

      «Non preoccupatevi, sono molto stanca e dormirò come un ghiro. E poi si tratta solo di una notte. Domattina all’alba ripartirò. Farò una visita di cortesia al Sindaco Germano degli Ottoni e rientrerò a Jesi prima di domani sera. Ma vorrei chiedervi ancora un paio di cosette. Innanzitutto vorrei pregare, e quindi vi chiederei di poter partecipare alla preghiera dei vespri insieme ai vostri confratelli.»

      «E per questo non c’è problema. Recitiamo la preghiera vespertina nella chiesa e c’è sempre qualche fedele ad assistere. Prendete posto nella navata centrale e rivolgetevi al Signore come meglio ritenete. Ci sono anche dei Padri confessori, se volete approfittare. Avete qualche altra richiesta, mia Signora?»

      «Sì, se mi è concesso. L’ultimo favore che vorrei chiedervi è quello di far essiccare per me gli stimmi dei Crocus che ho raccolto stamani. Sapete bene che vanno essiccati il prima possibile, per sfruttarne le loro proprietà medicinali.»

      «Purtroppo, in questo non posso accontentarvi. Il fratello che curava la farmacia era molto anziano ed è venuto a mancare giusto qualche mese fa. Non abbiamo ancora avuto modo di sostituirlo, e quindi non c’è nessuno che sia in grado di usare lo strumentario che era di sua pertinenza.»

      Lucia stava per chiedere di poter fare lei il lavoro ma, conscia che la richiesta sarebbe stata motivo di serio imbarazzo per il Priore, si trattenne. Avrebbe dovuto trovare una valida alternativa per essiccare gli stimmi prima di tornare a Jesi. Non sapeva come, ma ci avrebbe pensato.

      «Bene, certo, capisco. Fornitemi almeno alcuni vasetti di vetro per conservarli in modo adeguato.»

      «Va bene, mia Signora, per quelli non ci sono difficoltà. Dopo i vespri, potrete consumare la cena in refettorio con noi e, alla fine del pasto, il nostro fratello custode vi consegnerà i vasetti di cui avete bisogno.»

      «Vi ringrazio moltissimo, Padre, e prima di andarmene non mancherò di elargire una generosa offerta al vostro Convento.»

      Piuttosto che sulle preghiere e sui vasetti di vetro, i pensieri di Lucia erano concentrati su ben altri interessi, anche nel corso del colloquio con il priore. Era ben conscia che in quel giorno, 21 di Marzo, ricorreva l’equinozio di primavera, ma la notte che stava per giungere sarebbe stata ancor più magica per la circostanza astrale che prevedeva sia il novilunio, sia l’entrata del sole nella costellazione dell’ariete. Nella sua testa risuonava una frase che spesso la nonna le aveva ripetuto: “La luna nuova in ariete porta il fuoco sacro dell’amore, che ci renderà tutte libere.”

      Così, una volta rimasta sola nella stanzetta della foresteria, più volte si era affacciata alla finestra ad ammirare la volta celeste, che si presentava ai suoi occhi come un tappeto di stelle luminose, in cui la luna non si vedeva, ma la sua presenza si intuiva come un disco scuro evidente in un preciso punto del cielo. Ricordava una per una le parole della preghiera che la nonna Elena le aveva insegnato, da rivolgere alla Terra, alla Buona Dea.

      Rendimi libera. Accendi il Fuoco Sacro e Rendimi libera di essere. Rendimi libera di Amare. Rendimi libera e mi insegnerai ad aver dentro di me tutti gli amori del Mondo.

      Provò un brivido lungo la schiena al pensiero che qualcuno dei frati avesse potuto intuire poc’anzi i suoi pensieri. L’inquisizione era un’istituzione della Chiesa molto potente, anche in quei luoghi sperduti, e non era proprio il caso di doverci aver a che fare. Ma ora il desiderio di raggiungere il Colle dell’Aggiogo, il luogo magico in cui a suo tempo era stata iniziata all’arte di guaritrice e le era stato consegnato il volume “La chiave di Salomone” perché ne fosse la custode, era troppo forte. In fin dei conti, che c’era di male, una volta giunta lassù, nell’accendere un falò, magari al fine di essiccare al calore dello stesso gli stimmi dei crocus, recitare la preghiera alla Buona Dea e celebrare così l’equinozio di primavera in maniera degna, anche se in solitudine? Sarebbe potuta ritornare al monastero prima dell’alba, prima della preghiera mattutina dei monaci, e nessuno si sarebbe accorto di nulla

      Quando fu sicura che tutto fosse tranquillo, afferrò i vasetti con i crocus e uscì nel freddo pungente della notte, raggiunse il suo cavallo, lo sciolse, per non far rumore lo condusse a piedi per un bel tratto, poi saltò in sella e prese su per l’erta che, superati i piccoli centri abitati di Poggio e di Frontale, conduceva al Colle dell’Aggiogo.

      La radura antistante quelli che erano i ruderi della dimora di Alberto e Ornella era illuminata in maniera tenue dal chiarore bluastro emanato dalle stelle. La volta celeste era attraversata dalla via lattea ed erano ben riconoscibili da Lucia le principali costellazioni, il Piccolo e il Grande Carro, Orione, il Toro, l’Auriga, il Cane Maggiore, e via dicendo. Il luogo ricordava troppo a Lucia i tragici eventi di cui era stato teatro neanche due anni addietro, e quindi decise di proseguire verso la sommità del colle. Individuò uno spiazzo tranquillo, legò Morocco a un albero, raccolse la legna e accese il falò. In breve le fiamme salirono allegre, disperdendosi verso l’alto in mille scintille. La giovane dispose i Crocus in prossimità del fuoco, e si concentrò sulle fiamme, che in ogni istante assumevano forme e sfumature di colore diversi.

       Le scintille rendono tutto ciò che è invisibile e irreale, reale e visibile.

      Ora il viso di Lucia era illuminato dalle fiamme e reso ancor più vivo dalla loro luce. La ragazza, immersa nei suoi pensieri e nelle sue meditazioni, non si era neanche accorta delle giovani donne che man mano si stavano avvicinando al falò e che, tenendosi per mano, si erano unite alle sue meditazioni.

       Tutto è amore, e l’amore libera tutto e tutti e ci rende liberi.

      Lucia sentì giungere queste parole alle sue orecchie, in maniera ovattata, quasi fossero pronunciate sottovoce da lei stessa. Poi si guardò intorno e si vide circondata da almeno una decina di ragazze che, al calore del falò si erano iniziate a spogliare fino a rimanere nude, formando un cerchio intorno al fuoco. Gettò altra legna a ravvivare le fiamme e aumentarne l’altezza, e sentì l’istinto di liberarsi anche lei delle vesti.

       L’Ariete ci avvolge nel suo abbraccio. Ci invita ad abbracciare, a sentire la stretta, a sentire il cuore che scoppia nel petto per la felicità.

      Declamando queste parole, prese per mano due delle giovani vicine a lei, invitando le altre a fare altrettanto per unirsi in un circolo attorno al falò.

       Noi meritiamo noi stesse.

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