Per Sempre È Tanto Tempo. Morenz Patricia

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Per Sempre È Tanto Tempo - Morenz Patricia

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… Ciao» mi esce una voce rotta, appena udibile, ma è il meglio che riesco a fare e so che mi sente perché solleva lo sguardo e nei suoi occhi vedo qualcosa che non riesco a decifrare. Dolore?

      Impiega troppo tempo per rispondere e per un momento credo che non lo farà.

      «Ciao» alla fine mia saluta e torna subito alla sua posizione originaria, come se stesse fissando direttamente il sole.

      Meraviglioso, questa era la mia strategia migliore e ora non so più cosa dire. È il momento di improvvisare.

      «Sei … grande …»

      Davvero? Ho appena detto che è grande? Quasi posso sentirlo rispondere: certo, stupida, te ne sei andata per cinque maledetti anni, certo che sono grande. Il tempo per me non si è fermato.

      «Suppongo di sì»

      Mi guarda di nuovo per un paio di secondi, studiando non solo il mio viso, ma anche il mio corpo, però non m'imbarazza. «Anche tu sei cambiata.»

      «Suppongo di sì» ripeto le sue parole come facevamo da bambini sperando di essere spiritosa, ma ottengo solo un sorriso forzato e finto sulle sue labbra.

      «Non sapevo che fossi tornata» parla con un tono di voce piatto.

      «Sono tornata da una settimana» confesso e immediatamente i suoi occhi mi fissano furiosi, ma sa trattenersi molto bene e fare finta di niente.

      So quello che gli passa per la mente. Sono tornata da una settimana. Una settimana in cui non l’ho cercato.

      «Resterai?» chiede con un qualcosa che identifico come speranza, ma non sono sicura.

      «Sì …»

      Ci guardiamo in silenzio per qualche secondo finché lui distoglie lo sguardo verso un punto indefinito dietro di me.

      «Ecco che arriva l’autobus» è l’unica cosa che dice e il momento intimo svanisce.

      Salgo per prima e torna la paura, non conosco nessuna di queste persone e quasi tutti i posti sono occupati, dato che non siamo molto lontani dalla scuola. Per un momento penso di chiedere a Jake di sedersi con me, ma cambio idea appena sento una voce.

      «Hey, Jake. Ti ho tenuto un posto» dice un ragazzo magro, con la pelle scura, che contrasta con Jake non solo per il colore della pelle, ma anche per il sorriso. Probabilmente è il suo nuovo migliore amico.

      Vedo Jake prendere posto a fianco del ragazzo, mentre io passo alla fila successiva. C’è una ragazza con i capelli raccolti in un codino stretto, biondo cenere, un colore difficile da descrivere. Guarda fuori dal finestrino assorta nei suoi pensieri o nella musica emessa dai suoi auricolari. Non sembra una brutta persona, mi ricorda Campanellino – sono tentata di cercare Peter Pan -, così decido di tentare la fortuna.

      «Scusa … posso sedermi qui?»

      Si spaventa un po’ e subito si toglie uno degli auricolari.

      «Sì, certo» risponde con cenno di assenso, timorosa e si addossa al finestrino, anche se c’è spazio sufficiente per entrambe, capisco subito che è timida, forse anche più di me.

      «Sono Jocelyn» mi presento perché in realtà non ho nient’altro da dire.

      «Sono Meryl» risponde e subito aggiunge «Sì, a mia mamma piace molto Meryl Streep. Sai, l’attrice di Hollywood, solo in caso tu viva sotto un sasso e non sappia chi è …».

      In quell’istante qualcosa dentro di me si contrae all’udire la parola mamma, ma mi limito a sorridere. Non ho motivo di angosciare gli altri con i miei problemi. Inoltre, la ragazza è così nervosa che continua a divagare sulle qualità di attrice di Meryl Streep.

      Riesco a sentire appena le parole di Jake e del suo amico, ma posso ancora osservarlo. I suoi capelli sono più scuri del solito, un poco più alti sopra che dai lati e con uno stile spettinato che sono sicura non è stato creato di proposito. Indossa una maglietta grigia con una giacca scura come i suoi jeans neri e le scarpe sportive. Sì, alcune cose non cambiano mai.

      «Anche tu sei nuova?» chiede Campanellino riportandomi al presente.

      «Mm … qualcosa del genere» rispondo incerta, «vivevo qui qualche anno fa, ma me ne sono andata e ora sono tornata per iniziare la scuola superiore.»

      «Ah …» sembra delusa. «Allora devi avere degli amici qui, io sono di Washington. Mi sono appena trasferita.»

      «Io … non lo so, spero di averne ancora qualcuno.»

      In quel momento incontro lo sguardo di Jake. Non so se ha udito le mie parole.

      «Io qui non conosco nessuno» si lamenta Meryl «ti da fastidio se siamo vicine di posto in autobus? Ho paura di alcune ragazzine sedute dietro.»

      «Certo che no, va bene» rispondo mentre il suo viso s'illumina. Pensa che sia io a farle un favore quando è lei che lo fa a me.

      «Possiamo andare insieme anche a vedere le nostre classi» propone entusiasta e subito precisa incerta «Ovviamente, se tu vuoi.»

      «Grandioso» le sorrido. Potrei forse dirle di no? È così dolce.

      Continuo a osservare Jake e il suo amico, cerco di ascoltare la loro conversazione, ma parlano così a bassa voce che ci rinuncio, finché all’improvviso vedo che alza la mano e da un colpo sulla nuca al suo amico, per scherzo, credo.

      «Ahia! Okay! Sto solo scherzando» si lamenta il ragazzo, non riesco a sentire la sua risposta.

      Dopo un poco mi guarda di nuovo e accorgendosi che anch’io lo guardo entrambi abbassiamo gli occhi. È così triste vedere ciò che resta della nostra amicizia.

      «Ahhh!» grida, sussurra Meryl accorgendosi che abbiamo due ore di lezione insieme ed è una fortuna che la prima lezione di oggi sia una di queste.

      «Dai cerchiamo questa classe» la incito per farla camminare.

      «Possiamo sederci vicine se vuoi» mi dice di nuovo incerta, questa ragazza ha seri problemi d'inferiorità.

      La osservo per un momento. Non si rende conto che è una ragazza piacevole se non inizia a dubitare di se stessa?

      «Sì, benissimo» dico con un cenno di assenso.

      Camminiamo tra la folla, dopo aver individuato i nostri armadietti, entriamo nella classe per la nostra prima ora di lezione. Ho perso di vista Jake appena scesi dall’autobus, ma lo intravedo di nuovo dalla porta dell’aula. Noto un posto vuoto accanto a lui e per un attimo penso di occuparlo, ma poi Meryl m'indica un paio di posti dall’altra parte, in realtà è quasi la stessa cosa perché avrò Jake alla mia sinistra e la mia nuova amica a destra.

      «Guarda, il ragazzo dell’autobus che non smetteva di guardarti» lei sussurra al mio orecchio e le mie pulsazioni accelerano.

      Jake mi stava osservando? Lo avevo notato appena, un paio di volte. Non rispondo nulla perché in quel momento entra la professoressa. Adesso sono io che non smetto di osservare di sottecchi il suo profilo, il modo in cui tiene in mano la matita

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