L'Eredità Perduta. Robert Blake

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L'Eredità Perduta - Robert Blake

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a me. «Lei professore, ci aggiornerà sulla cultura precolombiana prima della conquista spagnola. Altre domande?»

      Entrambi facemmo cenno di no con la testa.

      «Qui avete la cartografia più recente.»

      Aprì una cartella sul tavolo e distribuì diversi documenti.

      «Farete uno studio preliminare prima di partire per la nostra destinazione. La nave salpa tra quattro giorni.»

      Il professore ed io ci guardammo stupiti. Tentammo un cenno di protesta, ma Henson aveva già lasciato la stanza.

      Un giorno prima della nostra partenza, James ci diede appuntamento nell'elegante sala da tè di Abbey Road per terminare alcune ricerche prima di imbarcarci. Arrivai pochi minuti prima del previsto perché fuori imperversava un forte acquazzone e decisi di aspettare all'interno.

      Quella sala era diventata uno degli ambienti di moda in città. Era un posto accogliente dove venivano servite le migliori torte del centro di Londra. Le pareti erano decorate con un tenue indaco, con appese delle tele raffiguranti la campagna sudorientale. Il loro colore era in contrasto con il mogano scuro dei tavolini e le sue bellissime sedie erano tappezzate con uno schienale in verde cobalto.

      Passai accanto ad un espositore pieno di un vasto assortimento di dolci, il loro colore intenso saziava l'appetito ancor prima di assaggiarli.

      Ero ubriaca dell'irresistibile profumo proveniente dal forno della cucina e dei suoi sapori incomparabili: formaggio marmorizzato con lamponi, banana con gocce di cioccolato, limone con cocco, caffè intenso, cioccolato con glassa alla vaniglia, zucca morbida, noci di macadamia e salsa al caramello.

      Al centro del locale spiccava una grande vetrina rotante, di diversi piani, con torte a tre e quattro strati con sapori molto simili alle paste.

      Mi sedetti di fronte ad una grande finestra dove ascoltavo il rumore prodotto dall'altro lato del vetro dalle sottili gocce di pioggia che punteggiavano la strada.

      Guardai l'orologio a cucù che presidiava la sala quando risuonarono le quattro. In quel momento James apparve con un abito grigio perla, un gilet color crema e un elegante fazzoletto azzurro annodato al collo. Lasciò l'ombrello nel portaombrelli e porse il cappello a una snella cameriera dai capelli rossi che gli rivolse un ampio sorriso. Si guardò intorno e gli feci un cenno dal mio tavolo; l'ambiente era affollato ed era difficile riconoscere qualcuno.

      «Buon pomeriggio, signorina Spencer» disse mentre mi baciava la mano e si sedeva «Aspetta da molto tempo?»

      «Solo da dieci minuti. Ero nella libreria alla fine della strada a guardare alcuni volumi e sono arrivata in anticipo.»

      «Posso?» chiese James.

      Prese il libro che era sul tavolo e cominciò a sfogliarlo.

      «Grandi speranze di Dickens. Ottima scelta.»

      «L'ho comprato per il viaggio» risposi con un sorriso. «Sembra che il professore sia in ritardo.»

      «È indisposto. Andrò a casa sua per dargli i passaporti e a documentazione. Ecco il suo.»

      Prese i visti dalla tasca interna della giacca e me li porse. La Geographicalal Society era responsabile di tutte le procedure burocratiche di cui avevamo bisogno durante il nostro viaggio. Era incredibile la rapidità con cui avevano ottenuto il passaporto e qualsiasi tipo di documentazione.

      «Spero non sia nulla di grave» replicai allarmata.

      «Uno dei suoi attacchi di gotta. Dovrà riposare sulla nave e seguire una cura per un paio di settimane.»

      Mi sentii sollevata. Conoscevo il professore da anni e sarebbe stato un grande supporto per me durante quel viaggio. Non avevo voglia di viaggiare da sola con Henson.

      James ordinò un tè e poi una cameriera con le guance rosa passò con il carrello dei dolci; sembravano deliziosi. Ne scegliemmo due ciascuno. Non sapevamo a cosa avremmo dovuto attenerci con il cibo in futuro e approfittammo dell'occasione.

      «So che lei è una delle prime laureate della sua Università» affermò, posando la tazza di tè. Non l'aveva lasciata riposare abbastanza a lungo ed era ancora in ebollizione.

      «Mi scusi se la correggo» risposi mentre assaggiavo una torta di mirtilli. «Da anni le donne si laureano nonostante l'opposizione dei settori conservatori. Continuano a pensare che l'istruzione universitaria dovrebbe essere solo maschile.»

      «Non intendevo offenderla. Mi riferisco ad un commento fatto dal direttore della Geographical Society.»

      «Il direttore è un grande amico di mio padre. Gli sono molto grata per l'opportunità che mi hai dato» spiegai. «Ma lei sarà d'accordo sul fatto che la Geographical Society non ha mai incoraggiato la partecipazione femminile.»

      James annuì con la testa.

      «Se sono qui oggi, è a causa del poco interesse mostrato per le culture precolombiane nel nostro Paese. Non c'erano molte altre opzioni quando si assumeva un esperto nella materia.»

      «Passeremo molto tempo a lavorare insieme» mi interruppe «Cosa ne pensi se ti chiamo con il tuo nome di battesimo?»

      «Perfetto» aggiunsi con un ampio sorriso. «Anch'io comincerò a darti del tu.»

      «Per rispondere alla tua domanda, Margaret, è vero che ci sono pochi esperti nella cultura precolombiana. La maggior parte dei nostri studenti non si è mai preoccupata del proprio passato nelle mani degli spagnoli.»

      «La distanza e il fatto che parlano un'altra lingua non li ha avvantaggiati.»

      «Se il direttore ti ha scelta, è perché sei ben preparata per questa spedizione.»

      «Grazie, James. Apprezzo le tue parole.»

      Continuammo a chiacchierare ancora per un po' finché non decidemmo di andarcene. C'era molto da preparare quel pomeriggio. Quando lasciammo l'edifico, aveva smesso di piovere e la strada era di nuovo piena di gente.

      «Una carrozza ti verrà a prendere presto. Ci vediamo alla Geographical Society.»

      «D'accordo. Dirò addio alla mia associazione e poi terminerò i bagagli.»

      «Un club di lettura?»

      Scossi la testa.

      «Appartengo al movimento delle suffragette del West End.»

      James non rispose e se ne andò lungo la strada.

      Ci imbarcammo a metà pomeriggio nel porto di Southampton verso il nord della Spagna, dove ci attendeva il vapore che faceva la rotta dall'Europa ai Caraibi. La nostra destinazione era la città di Cartagena delle Indie, nel nord della Colombia.

      Ci sistemarono in cabine adiacenti al terzo piano della nave. Piccoli scompartimenti senza bagno interno, con un letto nella parte inferiore e diverse poltrone. Erano decorati con motivi marini e avevano un oblò.

      Il viaggio aveva una durata di quaranta giorni, tempo più che sufficiente per definire i preparativi per la nostra spedizione e conoscerci un po' meglio.

      I primi giorni esplorammo quella splendida nave. Era un transatlantico di dimensioni impressionanti con giganteschi

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