I Robinson italiani. Emilio Salgari

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I Robinson italiani - Emilio Salgari

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ingannato!... Dinanzi a lui, ad una distanza di tre o quattrocento metri, si udivano delle voci.

      — Dei compagni!... — esclamò, con viva emozione. — Dunque non tutti sono morti fra l'esplosione? —

      Con un colpo di tallone s'alzò su un'onda che stava per investirlo e lanciò un acuto sguardo dinanzi a sè.

      Sui flutti argentei illuminati dall'astro notturno, gli parve di scorgere due forme umane ed una massa nerastra con delle antenne tese in alto. Un grido gli irruppe dal petto:

      — Ohe!... ohe!... Aiuto, camerati! —

      Una voce limpida, acuta, che veniva dal largo, subito gli rispose:

      — Da questa parte!

      — Chi siete voi?

      — Albani e Piccolo Tonno.

      — Il signor Emilio ed il mozzo, — mormorò il marinaio. Poi alzando la voce:

      — Ed il capitano?

      — Scomparso.

      — Avete trovato un rottame?

      — L'albero maestro: affrettatevi.

      — Vengo! —

      Il marinaio nuotava sempre e con maggior vigore, consumando le sue ultime forze. Ormai, alla luce azzurrina della luna, distingueva perfettamente i suoi compagni i quali si tenevano a cavalcioni dell'albero maestro.

      Già non distava che una gomena, quando credette udire dietro di sè un tonfo ed un rauco sospiro.

      Si volse rapidamente, ma altro non vide che un fiotto di spuma che s'allargava in forma di cerchio.

      — Qualche cadavere tornato a galla? — si chiese, rabbrividendo.

      Un grido che veniva dalla parte del rottame, s'alzò sul mare:

      — Attenzione, marinaio!...

      — Cosa avete scorto? — chiese il nuotatore, con inquietudine.

      — Avete un pesce-cane alle spalle.

      — Gran Dio!...

      — Avete un coltello?

      — Il mio di manovra.

      — Tenetelo pronto: vengo in vostro soccorso! —

      S'udì un tonfo, poi balzò in aria uno sprazzo d'acqua scintillante. Il signor Emilio aveva lasciato l'albero e nuotava verso il marinaio con lena affannosa, per aiutarlo contro l'assalto dell'affamato squalo.

      Il nuotatore, in preda ad una terribile ansietà, sapendo per prova con quale formidabile nemico aveva da lottare, si era arrestato, rannicchiando le gambe per tema di sentirsele mozzare da un istante all'altro.

      Aveva però estratto dalla cintola il coltello di manovra, una specie di navaja spagnuola acuminata, taglientissima e lunga mezzo piede, arma pericolosa nelle mani d'un uomo risoluto.

      Nessun altro rumore giungeva ai suoi orecchi, però la sua ansietà cresceva di momento in momento, poichè lo squalo poteva giungergli sott'acqua e tagliarlo in due con un solo colpo di mascelle.

      Ad un tratto vide emergere bruscamente, a meno di dieci passi, una testa enorme, sotto la quale s'apriva una bocca larga quanto una botte sfondata e irta di parecchie file di denti triangolari.

      — Aiuto!... — urlò il disgraziato.

      — Non temete, — rispose una voce. — Siamo in due a combatterlo! —

       Indice

      Il signor Albani, l'ex-ufficiale di marina, che doveva essere un forte nuotatore, era improvvisamente emerso dietro allo squalo. La luna faceva scintillare il coltello che teneva stretto fra i denti.

      Con un'ultima bracciata passò dietro al mostro nel momento in cui questo stava per inabissarsi e raggiunse il marinaio, il quale non osava più muoversi pur tenendo in pugno l'arma.

      — Non temete Enrico, — disse il signor Emilio, con voce tranquilla, — se lo squalo ci assale, avrà il suo conto.

      — Che ci arrivi sotto? — chiese il marinaio, che riprendeva animo, sapendo d'avere un valoroso compagno.

      — La luna illumina l'acqua e potremo vederlo: aspettate! — Si tuffò e gettò sotto i flutti un rapido sguardo, ma non vide nulla. Risalì a galla e tornò a guardare e scorse subito, a venti passi, un legger remolìo che indicava l'imminente comparsa d'un corpo gigantesco.

      — L'abbiamo alle spalle, — disse. — Mettete il coltello fra i denti e affrettiamoci a battere in ritirata verso l'albero.

      — Non verremo assaliti?

      — Non lo credo; troverà dei numerosi cadaveri senza dare addosso ai vivi, — rispose il signor Emilio, con un sospiro.

      — Ma credete che siano tutti morti gli altri?

      — Lo credo: affrettiamoci. —

      Si misero a nuotare rapidamente, volgendo di frequente il capo per vedere se il pesce-cane li seguiva, ma pareva che il mostro non pensasse più a loro. Appariva e scompariva emettendo dei rauchi sospiri, vibrava qualche colpo di coda sollevando delle vere ondate, ma si teneva lontano; senza dubbio aveva trovato ben altre prede senza correre alcun pericolo.

      In pochi minuti i due nuotatori attraversarono la distanza che li separava dall'albero su cui si teneva il loro compagno, colui che abbiamo udito chiamare il Piccolo Tonno.

      Quest'ultimo superstite, era il mozzo della Liguria. Era un ragazzetto di quindici o sedici anni, agile come una scimmia, bene sviluppato, con un viso intelligente e furbesco.

      Aveva gli occhi grandi e neri, tagliati a mandorla, il profilo regolarissimo che rammentava quello delle razze greco-albanesi, una boccuccia da donna con due labbra vermiglie, le guancie, un po' abbronzate, pienotte ed i capelli neri.

      Era stato imbarcato tre anni prima dal defunto capitano Falcone, il quale lo aveva raccolto morente di fame sulle spiagge d'Ischia. Non aveva conosciuto nè il padre, nè la madre, e solo ricordavasi di aver passata la sua gioventù in compagnia d'un vecchio pescatore, vivendo assieme fino al giorno in cui quel poveraccio era morto.

      Rimasto solo, aveva errato a capriccio sulle sponde o nelle campagne delle isole, vivendo di granchi e di frutta che rubava alla notte, finchè sopraggiunto l'inverno, estenuato, ridotto a pelle ed ossa, era caduto morente sulla riva, dove era stato trovato dal capitano, che erasi colà recato per visitare una sua vecchia parente.

      Ubaldo detto il Piccolo Tonno — tale era il suo nome, poichè mai ne aveva avuto un'altro, — aiutò i compagni a salire sul rottame, cercando contemporaneamente che l'albero non girasse su sè stesso.

      — Auff!... — esclamò il marinaro, scuotendosi

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