La famiglia Bonifazio. Caccianiga Antonio

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La famiglia Bonifazio - Caccianiga Antonio

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scoperte nella Beppina, compensarono Stefano della educazione incompleta, e la vista di quei capelli meravigliosi, che credeva prima un ornamento aggiunto alla natura, lo rese indulgente sull'ortografia e la grammatica, che mancavano alla sposa come il corredo. [pg!81]

       Indice

      Dopo un anno circa di matrimonio la Beppina diede alla luce una bella bimba, che somigliava alla mamma. Furono tutti contenti. La nonna ringiovaniva per fare la bambinaia, il nonno era beato che non fosse nato un maschio in quei tempi funesti, quando si richiedeva il sangue di nuove vittime per riscattare la patria.

      —Abbiamo già un nipote, nato in esilio, diceva il capitano, che un giorno dovrà fare il soldato, non sarà dunque mai al nostro fianco; questa bambina che è una vera delizia, sarà il sostegno della nostra vecchiaia.

      —E poi l'uomo è un asino! soggiungeva il maestro.

      Il capitano alzava le spalle indispettito, corrugava la fronte, faceva gli occhi severi, atteggiava la bocca all'ironia, e interrogava:

      —Se l'uomo è un asino, che cosa sono le [pg!82] donne?... che cosa sono le mogli, le figlie, le sorelle degli asini?...

      E il maestro rispondeva tranquillamente:

      —L'uomo è un asino, e le donne sono donne!... La storia ce lo insegna; essa ci parla di sovrani che furono belve, di guerrieri che furono eroi, e non dice che le loro mogli fossero nè bestie, nè eroine, erano donne. La donna non è simile all'uomo, sono gli uomini stessi che la giudicarono un essere inferiore, e fecero le leggi in conseguenza di tale giudizio.... ed anche in questo si mostrarono asini per eccellenza!...

      Il capitano gli voltava le spalle brontolando, e gli teneva il broncio fino all'ora della solita partita a tresette.

      Stefano era felice di vedere sua moglie ristabilita in salute, ed era soddisfatto della contentezza degli altri. E quando vedeva la sua Beppina allattare la neonata, la gli pareva una delle più belle madonne di Rafaello. La bimba fu battezzata col nome di Maria. Ma anche in seno d'una esistenza felice, Stefano non dimenticava mai i principii succhiati col latte, e sviluppati in tutta la loro forza dalla educazione paterna, dalle lotte del quarant'otto, e dai successivi avvenimenti della patria. Nessun galantuomo viveva indifferente alle faccende del giorno, nè si chiudeva in [pg!83] casa con sentimenti da egoista, abbandonando l'avvenire della patria alla fatalità del destino. Tutti i buoni Italiani apportavano la loro pietra, e apparecchiavano le fondamenta della futura nazione.

      Stefano andava a Treviso a vedere gli amici, e s'informava esattamente di tutto quello che veniva tentato per l'emancipazione del paese.

      Era il tempo dei Comitati secreti e del prestito di Mazzini.

      Come in tutte le parti soggette all'Austria, così anche a Treviso i patriotti corrispondevano segretamente cogli emigrati in Piemonte e in Francia, e apparecchiavano l'avvenire.

      La piccola Maria cominciava a camminar sola, correva incontro ai nonni, balbettava le prime parole, era la tenerezza di tutti.

      Venuto l'inverno la famiglia raccolta passava le sere nel salotto, ciarlando, giuocando alle carte e leggendo, la bambina dormiva tranquillamente nella sua cunetta di vimini, perchè la madre voleva tenersela sotto gli occhi fino all'ora di andare a letto, e allora se la portava in braccio, nella stanza, e la metteva nel suo letticino senza svegliarla.

      Se venivano gli amici facevano la partita alle carte e il capitano litigava col maestro. Maddalena [pg!84] cercava di mitigare le irritazioni, di giustificare gli errori, non si lamentava mai degli sbagli di Pigna che giuocava con lei, molto peggio del maestro col capitano; Stefano stava a guardarli, la Beppina lavorava nei vestitini della sua bimba. Quando erano soli il capitano giuocava agli scacchi con Stefano, o metteva in ordine i cartocci delle sementi, mentre suo figlio leggeva ad alta voce un buon libro, e le donne agucchiavano. Una sera di gennaio la pioggia cadeva a scrosci, il vento fischiava fra gli alberi, la famiglia era sola, raccolta nel tepore della stufa, quando si udì una scampanellata che indicava molta fretta.

      —Sarà il maestro Zecchini che si bagna, disse il capitano.

      Mosè corse ad aprire. Due sconosciuti domandarono se il signor Stefano Bonifazio era in casa.

      —Sì, signori, rispose il domestico, vengano avanti; e dopo di averli introdotti nell'atrio, domandò chi doveva annunziare.

      Uno di loro rispose:

      —Pregatelo di uscire un momento, abbiamo bisogno di dirgli una parola.

      Mosè entrò nel salotto col volto turbato, dicendo che c'erano di fuori due figure antipatiche che volevano parlare col signor Stefano. [pg!85]

      Stefano impallidì, il capitano se ne avvide e gli disse:

      —Andiamo a vedere.

      Uscirono insieme, lasciando le donne inquiete, nell'ansietà di un pensiero sospettoso.

      Erano due impiegati di Polizia, un commissario col suo assistente.

      Il primo mostrò l'ordine superiore, l'altro uscì a cercare le guardie che aspettavano dietro al cancello. Fecero una rigorosa perquisizione, misero sottosopra la casa, raccolsero varie lettere di Gervasio, dei documenti, delle carte varie, ne fecero un pacco e vi apposero il sigillo, raccolsero tutte le armi e ne fecero un fascio, poi intimarono l'arresto di Stefano.

      Ogni opposizione era vana. Il capitano frenava a stento lo sdegno che lo agitava. Le signore sulla porta del salotto, guardate a vista, supplicavano invano che a motivo della burrasca, aspettassero fino al mattino. Il commissario fu irremovibile, e intimò la partenza.

      Stefano corse a dare un bacio alla sua bambina, che dormiva tranquillamente, poi si gettò nelle braccia della moglie che svenne.

      La adagiarono sul canapè. Maddalena che voleva soccorrerla, non sapeva quello che si facesse; era fuori di sè, e barcollava. [pg!86]

      Il capitano cercava un'arma per fare un massacro, ma erano già tutte scomparse; le avevano portato fuori col pacco delle carte. Nella confusione generale, due sbirri presero Stefano sotto le braccia e lo trascinarono, seguiti dagli altri poliziotti, fino ad una vettura che aspettava a piccola distanza della casa. Lo fecero entrare nel calesse, tutti si collocarono nello stesso veicolo, chi dentro e chi fuori, e sferzati i cavalli partirono.

      In casa la desolazione e lo squallore erano succeduti alla pace d'un'ora prima. Beppina colle mani nei capelli, coricata sul canapè, chiamava il suo Stefano, mandando dei singhiozzi convulsi che parevano soffocarla. Maddalena in ginocchio se la stringeva al seno, piangendo dirottamente, il capitano col volto sconvolto, girava per la casa come un pazzo, senza sapere dove andava; Mosè lo seguiva col lume in mano senza parlare.

      Il primo a riprendere il dominio di sè stesso, fu il vecchio soldato, ma tutti i suoi ragionamenti riuscirono vani; nè la madre, nè la moglie, potevano consolarsi di tanta sventura; ascoltando gli scrosci della pioggia e i sibili del vento di quella orribile notte, pensavano ai patimenti fisici e morali del povero arrestato durante il viaggio, [pg!87] e poi negli orrori della prigione; conoscevano i processi lunghi e insidiosi dell'Austria, paventavano delle sue crudeltà; i genitori erano rimasti senza figlio, la moglie senza marito, la figlia senza padre! ogni felicità era scomparsa da quella casa, quella gente onesta e tranquilla non aveva diritto di amare il suo paese, nè di volerlo libero dagli stranieri,

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