Novelle umoristiche. Albertazzi Adolfo
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Doni nuziali.
I.
.... — Gioielli, no; che a te come a me non piace il lusso; e neanche alla sposa, speriamo. Dunque?
— Ma niente, zio.... Non si disturbi!
— E tu dàlli! Torno a dirti che non voglio sfigurare in faccia a nessuno. Cosa daranno i parenti della sposa, quelli così signori? E i testimoni?
— Ma....
— Eh eh! Me l'imagino: chi la spilla, chi le boccole, chi il monile.... Vedrai...: sciocchezze, grandezze! moda! fumo, insomma! Ma se io avessi preso moglie (non l'ho presa perchè le donne costano), primo patto: fuori di casa i parenti della sposa, i parenti alla moda!
— Già!, chi potesse....
— Niente regali! nessun obbligo, con nessuno! Perchè, si sa, i parenti che non hanno più cuore che quattrini, presto o tardi ti fan scontare le carezze e i regali. Ma io....
— Oh sì! lei è buono; mi ha sempre voluto bene.... — interruppe Terpalli.
— Mio dovere. Dunque?
— Non so....
— Al corredo ci avrà pensato la mamma della sposa; alla mobilia ci hai pensato tu. Scommetto anzi che hai provveduto a tutto, da bravo omino; che non vi manca proprio nulla!
— Ho fatto il possibile...; ma provvedere a tutto.... capirà....
— Ti bisognano tovaglie e salviette? Hanno aperto un bel negozio in via Garibaldi....
— No: grazie; ne abbiamo.
— Seggiole?... Tende?...
— Grazie....
— Che imbroglio, Signore Iddio! Parla! Di' su! spiegati!
— Faccia lei!... Quel che vuole....
— Quel che voglio? Io non voglio niente, io! L'orologio? l'hai. Vestito, sei vestito.... A meno che non ti bisognasse.... Oh! Vuoi un bel lume?
— Piuttosto...; giacchè lei è così buono, se crede...; se non le par troppo...; anche la Gigia gradirebbe «un servizio da caffè».
Pareva avesse invocata una cosa dell'altro mondo!
— Un servizio da caffè? — esclamò lo zio.
— Prendete il caffè voi altri?... Non vi dà ai nervi?
— Ma.... per gl'invitati; per qualche amico che capiti, alle volte....
— Bene bene! Vada per il «servizio »; conforme, però, alle mie povere forze; se vi contenterete....
Contentissimo, Gustavo Terpalli invitò lo zio alla colazione nuziale; lo scongiurò che non mancasse.
Poi quando egli fu giunto di corsa dalla fidanzata, ed ebbe detto a lei e alla madre del casuale incontro con lo zio Tarabusi, tutti e tre scoppiarono in una risata gioconda. Infatti, da che aveva avuta notizia del prossimo matrimonio, lo zio sfuggiva il nipote — al quale, scontroso e timido, rincresceva andare a cercarlo — e per risparmiarsi il dono di nozze si sarebbe nascosto sotterra; quantunque fosse pieghevole ai rispetti umani e sempre dubitasse di apparire avaro come era.
— Figuratevi con che aria mi diceva «me ne rallegro!»; con che inchini ha risposto all'invito della colazione, e con che bocca mi ha detto (e Terpalli boffonchiava): «Grazie! Vedrò..., potendo.»
La fidanzata rideva sino alle lagrime e le sembrava vedere quella faccia nuda e tonda simile a quella d'un comico, e il lungo soprabito, e gl'inchini....
— E figuratevi come è diventato rosso a udire chi sono i vostri parenti. Ah ah! signori!... signoroni!
— E il regalo? — domandò la mamma.
— L'ha proposto lui!
— Lui?
— Lui? Che cosa?
— Eh! dopo mia lunga tiritera..., per non cascare in cose di troppo costo..., ha offerto.... un lume!
La Gigia battè le mani.
— Io invece mi son fatto coraggio e gli ho domandato un «servizio da caffè».
— Bravo! — esclamò la Gigia. — È meglio! molto meglio!
Ma la madre scosse il capo.
— No. Era meglio il lume.
— Scusi — ribattè Gustavo —; ieri sera non diceva anche lei che il «servizio da caffè» ci sarebbe necessario? Chi deve pensare a regalarcelo?
— Una bella lampada nel salottino ci vuole: l'ho detto sempre — insisteva la vecchia. — Adesso è fatta....
— La compreremo.
No e sì. Comprerebbero piuttosto due candelabri. Sì e no. Ma l'orologio avvertì Gustavo che era trascorsa l'ora, perchè aveva perduto tempo con lo zio.
— Addio, Gigia; addio, mamma....
E via.
.... Povero e bravo Terpalli! La buona volontà, la nativa tendenza ai protocolli e ai libri mastri, la mano calligrafica e il bisogno gli consentivano poco più di mezz'ora ogni giorno e di un'ora ogni sera agli amorosi colloqui con la sposa e con la suocera. Oggidì quanti giovani potrebbero enumerarsi che stiano dalle nove alle quindici in un ufficio comunale; poi dalle sedici alle diciotto e quindi dalle venti alle ventidue in un ufficio privato, ove senz'astio, tranquillamente, sommare rendite e spese d'un conte milionario? A un uomo che si sottoponga a così disumano lavoro e che non scorga al suo termine una oasi o un giardino fiorito, non la gloria, non la ricchezza, ma sempre cammini con passo uguale per una pianura uguale sempre, per un deserto lungo una vita intera, a un tal uomo non basta il conforto di fumare qualche sigaro. Troppo poco! Era destino che Gustavo Terpalli si ammogliasse. E, per economia, egli smise anche il vizio di fumare; e guai per lui se non fosse incappato in una donnina savia: Ma in fatto di mogli la fortuna, che in altri generi talvolta sembra parziale per i birbanti, è imparziale e davvero cieca con tutti. Terpalli aveva potuto chiamarsi fortunato e restare un onesto ragazzo quand'era venuto ad alloggiare in casa d'una umile vedova, la cui soave figliola sentiva volare il tempo senza speranze di nozze e di vita.
Proprio la ragazza adatta a lui! Egli era magrolino e timido d'animo come di baffi, che radi radi sotto il naso acquistavano un po' più di vigore solo agli angoli della bocca; e la Gigia era piccolotta e grassoccia, molto timida fuori di casa, e con un po' di peluria anche lei agli