Dopo il divorzio. Grazia Deledda

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Dopo il divorzio - Grazia Deledda

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si mostrò pieno di contraddizioni e di rimorsi: egli dice sempre queste parole: è il peccato mortale. Perchè devi sapere che egli è un buon cristiano, e crede d'essere stato colpito dalla sventura perchè visse con Giovanna prima di essersi sposati religiosamente.

      — Ma ditemi una cosa...

      — Aspetta. Aggiungi che sposati religiosamente, poi, si sono. In carcere, sì, in carcere, anima mia, figurati che cosa orrenda. Non ricominciare a piangere, Giovanna, altrimenti ti butto in faccia questa saliera. Eccola lì la sciocca! Tutti dicevano: no, no, non sposarlo; se egli è colpevole e viene condannato tu potrai sposarne un altro...

      — Ah, come siete vili!... — urlò la giovine, con occhi fiammeggianti; ma lo sguardo acuto della madre si fissò sul suo ed ella tacque di nuovo.

      — Lo dicevo io, forse? — chiese zia Bachisia. — No, lo dicevano gli altri, e lo dicevano per il tuo bene.

      — Il mio bene, il mio bene, — si lamentò Giovanna, nascondendo il viso fra le mani. — Il mio bene è finito, è finito, è finito.

      — Avete figli? — le chiese Paolo.

      — Sì, uno. E se non ci fosse lui guai. Guai! Se Costantino verrà condannato e il bimbo non ci fosse, guai! guai! — E si ficcava le dita entro i capelli, al di sopra della fronte, e scuoteva la testa come una pazza.

      — Tu ti ammazzeresti, cuor mio? — chiese la madre con ironia. Lo studente credette vedere qualche cosa di finto nel moto di Giovanna: la rassomigliò ad una famosa attrice, in una commedia francese, e parole scettiche gli uscirono dalle labbra, davanti al dolore della giovine donna.

      — Ecco, — egli disse, — del resto ora è approvata la legge sul divorzio: ogni donna che ha il marito condannato può tornar libera.

      Giovanna non parve neppure capire quelle parole, e continuò a scuoter la testa fra le mani; zia Porredda disse convinta:

      — Sì, un corno! Neppure Dio può disfare un matrimonio!

      Zio Efes Maria osservò, un po' beffardo:

      — Già! L'ho letto sul giornale. Questo divorzio ora! Lo faranno in continente, dove, del resto, uomini e donne si maritano molte volte, senza bisogno di prete e di sindaco; ma qui, oibò!...

      — No, babbo Porru, non è in continente, è in Turchia, — osservò Grazia.

      — Anche qui, anche qui! — disse zia Bachisia, che aveva capito tutto.

      Appena ebbero cenato, le Era uscirono per andare dall'avvocato.

      — Dove le farete dormire? — chiese Paolo. — Nella camera dei forestieri?

      — Sicuro. Perchè?

       — Perchè veramente volevo starci io lassù: qui si soffoca. Qual migliore forestiero di me?

      — Abbi pazienza fino a domani, figliolino mio. Esse sono povere ospiti...

      — Oh Dio, che barbari costumi, quando finiranno? — egli chiese indispettito.

      — Lo chiedo anch'io, — disse zio Efes Maria, che s'era messo a leggere il giornale. — Mi rompono le scatole queste donne. Ebbene, cosa ne dici tu del nuovo Ministero?

      — Io me ne infischio, — egli rispose ridendo, perchè ricordava quel personaggio della Dame chez Maxim, delizia del teatro Manzoni, del quale egli era un habitué.

      E andò a guardare certi libri che aveva riposti in una nicchia in fondo alla stanza. Minnìa e il fratellino erano usciti nel cortile; Grazia, seduta davanti alla tavola, coi pugni nelle guancie, guardava sempre lo zio. Ed egli le si rivolse:

      — Tu leggi romanzi, non è vero?

      — Io no, — diss'ella arrossendo.

      — Ed io ti dico che se ti trovo io, leggendo certi libri, te li scaravento sul capo...

      Le labbra di lei tremarono: per nascondere il suo pianto s'alzò ed uscì fuori, e sentì che i fratellini litigavano ancora a proposito del portamonete col papa.

      — In quanto a rubare, — diceva il bambino, — tu stai zitta, perchè tu con quell'altra che è lì, quella pertica, oggi voi avete venduto del vino e vi siete tenute i soldi...

       — Ah, bugiardo! — disse Grazia andandogli sopra, e lo picchiò mentre piangeva amaramente.

      Intorno cantavano i grilli; il cavallo ruminava sbattendo la zampa sul selciato, le stelle piovevano un barlume latteo sul cortile caldo e fragrante di fieno secco.

      — Essa è una povera orfana, non maltrattarla, — diceva zia Porredda a suo figlio, difendendo Grazia, (i tre ragazzi erano figli del figlio maggiore dei Porru, ricco pastore, e di una giovane morta un anno prima) — e se vuol leggere lasciala leggere.

      — Sì, lasciala leggere! — affermò solennemente zio Efes Maria. — Ah, perchè non lasciarono leggere anche me quando era giovinetto? Sarei diventato astronomo, istruito come un prete.

      Astronomo, per zio Efes Maria, era uomo coltissimo, savissimo, come a dire filosofo.

      — Hai visto il papa, figlio mio? — chiese zia Porredda, per associazione d'idee.

      — No.

      — Come, tu non hai visto il papa?

      — O che credete voi? Il papa sta dentro una scatola, e per vederlo bisogna pagare, pagare molto.

      — Oh va! — ella disse — tu sei un miscredente.

      E uscì nel cortile, dove i nipotini si bastonavano: piombò in mezzo a loro, li divise, li gettò uno per parte del cortile, gridando:

      — In verità mia che siete tanti pollastri. Eccoli i pollastri, che Dio vi salvi. Cattivi figliuoli! Tutti cattivi!

      I bambini singhiozzavano fra lo stridìo dei grilli, nella notte serena.

       Indice

      L'indomani mattina Giovanna fu la prima a svegliarsi: dal vetro infisso nella porta penetrava un roseo barlume d'aurora, e nel silenzio mattutino si udivano garrir le rondini.

      Appena svegliata, la giovine provò un senso di dolcezza, ma tosto le parve che un rombo di tuono fortissimo l'avvolgesse. Ricordava.

      Quel giorno doveva decidersi il destino del suo sposo. Ella aveva la certezza della condanna di Costantino, ma si ostinava a sperare ancora. Che egli fosse o no colpevole ella non pensava affatto, e forse non aveva pensato mai: solo la conseguenza del fatto, la separazione forse eterna da quell'uomo giovine, dalle forme svelte e forti come quelle d'un veltro, dalle mani liscie e le labbra ardenti, la martoriava. E nel ricordare sentì tanta angoscia che balzò incoscientemente dal letto e cominciò a vestirsi, dicendo con voce anelante:

      — E tardi, è tardi, è tardi...

      Zia Bachisia apri i suoi piccoli occhi di lucciola, ed anch'essa

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