Una sfida al Polo. Emilio Salgari

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Una sfida al Polo - Emilio Salgari

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stato anche il suo maestro.

      — Miss Ellen, aprite gli occhi allora e non perdete un colpo, poichè voi sola sarete giudice competente. —

      La giovane abbozzò un sorriso di soddisfazione, staccò le mani dal volante e dopo essersi ravviata, con una mossa brusca, i biondi capelli, s'alzò in piedi.

      — Miss Ellen, — disse a sua volta il canadese, — voi mantenete sempre il vostro giuramento?

      — Più che mai, — rispose la giovane americana. — La mia mano apparterrà al vincitore.

      — Grazie, miss. Signor Torpon, vi aspetto. —

      I due partners si trassero da parte e levarono dalla tasca il loro cronometro d'oro, per la ripresa dei cinque minuti.

      Il canadese e l'americano s'inchinarono dinanzi a miss Ellen e si mossero incontro stringendosi la mano all'americana, vale a dire a rischio di disarticolarsi le braccia, mentre i diecimila spettatori prorompevano in un ultimo e più rimbombante hurràh.

      Si erano messi in guardia, coi pugni ben postati all'altezza del viso, fortemente appoggiati sulla gamba destra, in una posizione la quale dimostrava come entrambi dovessero conoscere profondamente la terribile e pericolosissima arte della boxe.

      Gli hurràh erano bruscamente cessati. Un profondo silenzio regnava nella pista, rotto solo dal soffio affannoso dell'automobile di miss Ellen Perkins.

      Si sarebbe detto che tutte quelle persone non respiravano più. I due campioni si guardarono per alcuni istanti nel bianco degli occhi, poi l'americano fece il primo passo tirando al canadese un formidabile fist-shoke che, se l'avesse colto giusto, gli avrebbe fracassata almeno una costola o mandati alcuni denti a passeggiare nella pista.

      L'avversario, quantunque in apparenza sembrasse molto meno robusto, aveva parata la botta con tale velocità e maestria da strappare, agli spettatori, un vero urlo d'entusiasmo.

      Perfino miss Ellen si era degnata di approvare con un gesto del capo.

      — By-good!... — brontolò l'americano, sconcertato. — Non vi credevo così forte, signor di Montcalm.

      Mi tenevo sicuro di spazzarvi via subito, mentre ora mi accorgo d'aver di fronte un boxer di prima forza.

      Bah!... Vedremo la fine!... —

      Il canadese si limitò a sorridere ed a lanciare uno sguardo rapido verso miss Ellen.

      La giovane americana, in piedi dietro al volante, conservava una immobilità assoluta. Solamente i suoi occhi pareva che si fossero accesi.

      — Attento, signor di Montcalm, — riprese l'americano, il quale si era rimesso prontamente in guardia. — Vi avverto che io proverò contro di voi un colpo terribile, insegnatomi dal mio maestro, che se riesce vi spaccherà la fronte e vi farà, nel medesimo tempo, schizzare gli occhi dalle orbite.

      Lo chiamano il colpo di Tom Powell.

      — Chiacchierate meno e agite di più, signor Torpon, — rispose il canadese. — Non sentite dunque quest'aria frizzante?

      — Bah!... Noi yankees siamo ben corazzati contro il freddo e anche contro il caldo. Non per niente ci chiamano mezzi uomini e mezzi coccodrilli.

      Sfondate le mie scaglie, se ne siete capa.... —

      .... fu il primo ad assalire.... (Cap. II).

      La frase fu bruscamente strozzata da un urlo di dolore. Il pugno del canadese gli era giunto, con velocità fulminea, in mezzo al petto, facendolo risuonare come un grosso tamburo.

      — Aho!... — esclamò l'americano, facendo una brutta smorfia ed un salto indietro.

      — Si è rotta qualche scaglia del coccodrillo? — chiese ironicamente il canadese.

      — Oh no!... Sono ben solide le mie!... —

      Un hurràh fragoroso, lanciato dai canadesi e dagl'inglesi che assistevano in buon numero alla lotta, aveva salutato quel primo colpo.

      Gli americani avevano risposto con dei grugniti e con delle imprecazioni, poichè avevano puntato molti dollari sul loro compatriotta.

      I due partners s'avvicinarono ai due campioni, offrendo loro un bicchiere di gin coktail affinchè si riscaldassero un po' e potessero meglio resistere al freddo che accennava ad aumentare anzichè diminuire, poi diedero il segnale di rimettersi in guardia.

      L'americano, il quale si era già prontamente rimesso dalla formidabile tambussata, fu il primo ad assalire, facendo una serie di finte all'altezza del viso del canadese. Certo cercava di tirargli il famoso colpo di Tom Powell che avrebbe dovuto sfigurarlo per sempre e forse acciecarlo.

      Il signor di Montcalm, ripiegato su sè stesso come una tigre che sta per scagliarsi sulla preda, colle narici frementi, gli occhi scintillanti, parava con una velocità ed una precisione da strappare frequenti applausi così da parte degli anglo-canadesi come degli americani.

      Tuttavia non riuscì a parare in tempo un fist-soke che lo colpì in mezzo al petto e che lo fece un po' traballare. Non era però il terribile colpo di pugno che il yankee si era giurato di assestargli, e che avrebbe dovuto spaccargli la fronte alla radice del naso.

      Il canadese aveva fatto a sua volta un salto indietro, e dopo essersi passate le mani sul punto colpito, operando un energico massaggio, aveva detto, con voce perfettamente tranquilla:

      — Siamo pari, signor Torpon. Io mi aspettavo il famoso colpo di Tom Powell.

      — Verrà più tardi, — rispose l'americano.

      — Uhm!... Ne dubito!... Ormai ho conosciuto il vostro giuoco.

      — Non ancora; miss Ellen giudicherà. —

      Un altro hurràh entusiastico aveva salutato quel colpo, mandato però questa volta esclusivamente dagli spettatori americani. I canadesi e gli inglesi erano rimasti impassibili come per dimostrare la piena fiducia che avevano nel loro campione.

      I due partners si erano nuovamente avanzati, offrendo ai due lottatori del brandy.

      L'americano tracannò d'un fiato il suo, mentre invece il signor di Montcalm lo respingeva, dicendo al partner:

      — Noi canadesi non abbiamo paura del freddo e non abbiamo sempre bisogno di scaldarci.

      — Vi darà maggior animo, — gli disse sottovoce il maestro di boxe.

      — Ne ho da vendere: aspettate un po' e vedrete che cosa ne farò del mio rivale. È ora di finirla una buona volta.

      — Per l'onore della vecchia Francia picchiate sodo e demolitemi per bene quell'insolente yankee. Ricordatevi del colpo segreto che vi ho insegnato e che credo valga meglio di quello di Tom Powell.

      — Lasciate fare a me, maestro.

      —

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