Una sfida al Polo. Emilio Salgari

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Una sfida al Polo - Emilio Salgari

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Pronti? — aveva chiesto il partner dell'americano.

      — Pronti!... — avevano risposto ad una voce i due rivali, rimettendosi prontamente in guardia.

      L'americano era diventato prudentissimo, mentre invece il canadese aveva subito cominciato ad eseguire una serie di finte con una velocità così fulminea, che certi momenti gli spettatori non riuscivano più a distinguere i suoi pugni.

      Incalzava violentemente, come se fosse impaziente di finirla, costringendo il suo avversario a rompere senza posa ed a balzare indietro.

      Il suo maestro, che funzionava da partner, lo incoraggiava collo sguardo.

      L'americano, sconcertato, non osava più tentare il suo famoso colpo. Batteva invece sempre in ritirata suscitando, fra i suoi compatriotti, dei mormorii poco benevoli a suo riguardo.

      — Fugge!... — borbottavano, pensando ai dollari che avevano scommesso. — Che abbia paura? —

      Ad un tratto un grido scoppia dietro le ultime file della folla, subito seguìto da cento, da mille altri.

      — I policemen!... I dragoni della Regina!... —

      Un immenso urlo di furore risponde:

      — Ancora loro!... —

      Tre automobili, lanciati a tutta velocità, montati ognuno da una dozzina di poliziotti, divorano la bianca via. Dietro di essi galoppano disperatamente due squadroni di dragoni.

      Gli elmi luccicano e luccicano pure le sciabole di già sguainate.

      La legge la vuole vinta a qualunque costo ed arriva con forze imponenti.

      I due campioni si sono fermati. Torpon bestemmia da vero americano; il canadese fa un gesto di furore.

      I partners impugnano minacciosamente le bottiglie di brandy, pronti a resistere alla forza.

      Delle grida s'incrociano.

      — È una bricconata!...

      — È una infamia!...

      — Non si può più scambiarsi dunque due pugni nè negli Stati dell'Unione, nè nel Canadà?

      — Dove è andata a finire la libera America? In fondo all'Atlantico forse?

      — Gentlemen, alla prepotenza rispondiamo colla prepotenza!...

      — Addosso alla legge!...

      — Morte ai poliziotti!... Abbasso gli sbirri!...

      — Sì, sì, addosso!... —

      Una rabbia folle ha invaso, per la seconda volta, i diecimila spettatori. Inglesi, canadesi ed americani si slanciano verso i bars improvvisati ed in un momento li pongono a sacco, malgrado le proteste e le grida disperate dei proprietari.

      Una tempesta di bottiglie è pronta a rovesciarsi addosso alla forza che sta per forzare l'entrata della pista.

      Miss Ellen era rimasta impassibile, dietro il volante del suo automobile, guardando curiosamente la folla che si apparecchiava a resistere energicamente non solo ai policemen, ma anche contro i dragoni della Regina e ad inzuppare le rosse divise di questi ultimi d'ogni sorta di liquori.

      Il canadese si era avvicinato a Torpon, il quale digrignava i suoi denti da orso grigio, sagrando:

      — Lo vedete: un'altra volta il destino si è frapposto fra voi e me.

      — Lo vedo, gentlemen, — rispose l'americano. — Eppure dobbiamo ben finirla.

      — Lo desidero anch'io, ma per ora non ci rimane altro da fare che di battercela prima di venire arrestati.

      — Lo vedo bene, by-good!...

      — Sì, andiamo, — dissero i due partners, — e lasciamo che se la sbrighino i vostri ammiratori. —

      Si erano affrettati a raggiungere l'automobile, il quale pareva impaziente di riprendere lo slancio.

      — Salite dunque? — chiese miss Ellen. — Ormai non vi è più nulla da fare qui e la forza non tarderà ad aver ragione.

      Sarà per un'altra volta.

      — Siamo disgraziati, miss, — disse Torpon.

      — È proprio vero, master, ma che cosa volete farci? Cercheremo un altro luogo dove potrete battervi.

      — Sì, dovessimo recarci al polo, — disse il signor di Montcalm. — Là almeno non ci troveremo sempre dinanzi questi odiosi policemen.

      — Su, salite, gentlemen. Approfittiamo di questo istante di sosta, — disse la giovane americana. — Usciremo dall'altra parte della pista. —

      I quattro uomini si arrampicarono sull'automobile, coprendosi frettolosamente coi loro soprabiti bene impellicciati e si misero dietro alla miss impugnando quattro grosse rivoltelle Colt.

      — Avanti!... — gridò mister Torpon.

      L'automobile ebbe un sussulto, poi si scagliò attraverso la pista verso il lato sgombro, filando colla velocità d'una rondine marina.

      Il passo era libero, poichè tutti gli spettatori si erano rovesciati verso l'entrata del recinto che stava per essere forzato dai poliziotti e dai dragoni del 3.º Reggimento della Regina.

      In un lampo l'automobile raggiunse l'uscita che si trovava verso l'estremità meridionale e si scagliò, sbuffando e rumoreggiando, sulla strada che conduceva verso il fiume S. Lorenzo, avvolgendosi in un turbinìo di nevischio.

      In quel momento dall'altra parte giungevano i tre automobili montati dai poliziotti. I due squadroni li seguivano a cinque o seicento passi, lanciati a corsa sfrenata.

      — Ecco la battaglia che comincia, — disse Torpon. — Che peccato non potervi prendere anche noi parte attiva!

      I miei compatriotti lavoreranno per bene di pugni.

      — Lasciate che se la sbrighino loro, — disse miss Ellen, la quale manovrava il volante con una sicurezza meravigliosa, facendo aumentare sempre più la velocità della sua splendida macchina. — Io non desidero affatto di vedervi arrestare. —

      Un urlìo spaventevole coprì le sue ultime parole. I diecimila spettatori avevano impegnata la lotta contro i rappresentanti della legge, con uno slancio ed un coraggio degno d'una causa migliore.

      Una bordata di bottiglie aveva accolto gli automobili, inondando le guardie d'ogni sorta di liquori e spaccando qualche testa.

      — A morte!... A morte!... — urlava la folla. — Indietro o vi uccidiamo!... —

      Qualche colpo di fuoco si era confuso fra il fragore dei vetri che si fracassavano contro le macchine. Gli americani sopratutto non scherzavano.

      I policemen, malgrado quella

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