Una Bellissima Storia Sbagliata. Margherita Guglielmino
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- No dottoressa, solo che ha appena telefonato il primario, c'è un congresso a Milano nel fine settimana organizzato da una casa farmaceutica e vuole che lei rappresenti il nostro ospedale.
- assolutamente no! Io non mi muovo da Bologna, non ho nessunissima intenzione di partecipare a questi convegni che non sono altro che uno spreco di tempo e denaro, ho altro a cui pensare.
- Mi perdoni dottoressa ma il dottor Veronelli è stato irremovibile e mi ha già fatto prenotare il volo a suo nome, anche perché a questo convegno ci sarà come relatore anche il presidente di medici senza frontiere, il dottor Di Pietro e visto che lei lo conosce personalmente ed ha lavorato con lui fianco a fianco sia a Roma che in Africa, ha pensato che nessuno meglio di lei potesse rappresentare il nostro ospedale.
Il dottor Di Pietro, il dottor Di Pietro… il cuore di Luisa si era fermato a quelle parole.
- Ok Ester parlerò io con Veronelli. Io a Milano non ci vado.
E chiuse la comunicazione.
3
Quattro giorni dopo era seduta su un boeing 747 dell’Alitalia con destinazione Milano. Era stato tutto inutile, le sue proteste, le sue rimostranze, il primario non aveva voluto sentire ragioni e lei era stata costretta a partire.
La sera prima preparando la valigia, aveva continui flashback dei giorni trascorsi in Africa con Giorgio.
Dopo quella prima chiacchierata nel tragitto per Freetown, ne erano seguite tante altre, soprattutto la sera davanti a improvvisati falò sorseggiando un buon caffè italiano che Gennaro, infermiere napoletano preparava rigorosamente con la moka che si era portato da Pozzuoli.
Fu così che Luisa entrò sempre più in confidenza con Giorgio, lui le parlava di Sara, della voglia di avere un bambino e dell’impossibilità di farlo.
Dei suoi sogni legati a medici senza frontiere e dei suoi innumerevoli progetti. Lei dal canto suo aveva pochi argomenti su cui disquisire, rispetto a Giorgio sentiva la pochezza della sua vita. Il liceo, l’università, i master a Boston, il dottorato, tutto sempre sotto la vigile ala di suo padre. Anche a livello sentimentale non se la passava meglio. Aveva avuto un solo ragazzo al liceo e ai tempi dell’università, quando insieme ad Anna si era trasferita in un appartamentino a Campo dei fiori, aveva avuto qualche breve storia con dei colleghi, nulla di più. Anna invece stava con Fabrizio dai tempi del liceo, avevano un sogno comune, laurearsi lei in medicina e lui in architettura, sposarsi ed avere dei figli, uno dei due Luca era il figlioccio di Luisa. Anna aveva realizzato il suo sogno, Giorgio lottava per realizzare il proprio ma lei cosa stava facendo per realizzare i suoi? Ma soprattutto lei aveva dei sogni?
Chiuse la valigia, si sedette sul letto e continuò a ricordare…
Era una delle sere più calde da quando era giunta in Africa, aveva il turno di notte per cui quel pomeriggio era libera, mentre girovagava si trovò a passare davanti l’alloggio di Giorgio, sentiva la sua voce al di là della tenda e una strana attrazione la calamitava verso di lui.
Non capiva perché ma quell’uomo la affascinava, ma non solo per la bellezza o il carisma che erano qualità oggettive, in lui c'era una luce speciale. Sentì il rumore dell’acqua sgorgare dalla doccia da campo e si trovò a pensare al suo corpo nudo.
Arrossendo, scacciò quel pensiero.
Cosa le stava succedendo? Perché era lì e perché desiderava essere al di là della tenda? Lui era un uomo sposato quindi inaccessibile, lui amava sua moglie si percepiva da come ne parlava, e lei era solo una collega.
E poi c'erano regole e dogmi sacri, che le avevano sempre inculcato da bambina e un uomo sposato fa parte di questa categoria, però lei non aveva mai fatto una cazzata in vita sua e lui sarebbe stata la cazzata più bella della sua vita. Mentre pensava tutto ciò non sentì più il rumore dell’acqua ma la voce di Giorgio alterata che probabilmente parlava al telefono.
Era chiaramente un litigio, ma con chi parlava così concitato? Poi sentì il nome di Sara e anziché allontanarsi com'era giusto che facesse per rispettare la privacy della coppia , si accostò ancora di più, qualcosa la spingeva ad origliare quella telefonata.
- Cazzo Sara, sono un dottore, saprò meglio di te i rischi che corri ad effettuare un altro intervento nelle tue condizioni! Una gravidanza è improbabile e ammesso che l’inseminazione abbia successo un’anestesia comprometterebbe ancora di più la tua vista.
- Che vuol dire che non ti interessa? Interessa me, lo capisci?
- Ti ho detto che non ho nessuna intenzione di rifare il protocollo e ora scusami ma sono di servizio.
E riattaccò. A quel punto Luisa si allontanò con mille pensieri nella testa.
Ma quella notte, che apparentemente sembrava come le altre era destinata a cambiare la vita di tante persone. Era da poco passata l’una, tutto sembrava tranquillo, quando all’improvviso si sprigionò l‘inferno.
Una camionetta piena di guerriglieri armati fino ai denti aveva fatto irruzione nel villaggio vicino il campo, facendo fuoco sulla popolazione disarmata, le urla di donne e bambini si udivano fino alla tendopoli, donne stuprate, bambini seviziati, uomini uccisi e infine il fuoco.
Luisa guardava impietrita il fumo che si stagliava verso il cielo, gente che scappava a destra e sinistra e si dirigeva verso di loro tendendo le mani in un disperato gesto di aiuto. Tra loro gli occhi di una donna colpirono Luisa, non aveva mai visto due occhi neri tanto profondi e scintillanti, la donna provata dalla corsa perdeva sangue, era chiaramente ferita, teneva in braccio una bambina anche lei sanguinante.
- Ti prego dottore salva lei, pietà dottore prego te, Asmait, mia piccola Asmait, padre suo italiano come te dottore, lui uomo buono, ingegnere morto qui per aiutare noi con pozzo di acqua, salva mia bambina dottore.
E mentre faceva scivolare quel corpicino privo di sensi tra le braccia di Luisa, cadde a terra e spirò.
Giorgio capì subito la gravità della situazione, la bimba aveva un foro all’altezza dell’arteria femorale, era molto grave, dovevano intervenire subito. Mandò quasi tutto il personale in aiuto dei tanti feriti che intasavano il campo, chiamò con sé solo Luisa e Claudio l’anestesista ed insieme trasportarono la bimba nella sala operatoria dell’ospedale da campo e iniziarono l’intervento.
Due ore dopo la ferita era suturata ma l’infezione era in corso e la febbre non si abbassava. Il giorno dopo l’accampamento sembrava un campo di battaglia, i feriti e i morti non si contavano, Luisa e Giorgio non riuscivano a staccarsi dal lettino di Asmait, nella borsetta che aveva attaccata ai vestiti c'era il suo documento di nascita, aveva quattro anni ed un cognome italiano.
Luisa soffriva ancora per la perdita di Samir, non voleva perdere anche lei.
- Giorgio, qui non abbiamo le attrezzature e i mezzi per salvarla, dobbiamo portarla in Italia.
- Ma che dici Luisa, non possiamo non ci saranno voli per il nostro paese per almeno una settimana dopo ciò che è successo stanotte. Ti rendi conto che un intero villaggio è stato raso al suolo? E poi non esistono malati di serie A e altri di serie B.