Terapia Fisica. Carol Lynne

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Terapia Fisica - Carol Lynne

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sui suoi datori di lavoro, un altro era farsi una sega ascoltandoli scopare.

      Scrollandosi di dosso quel ricordo, Matt alzò di nuovo gli occhi verso la finestra. Vide Isaac dire qualcosa sopra la sua spalla prima di scomparire di nuovo nel buio.

      Rivolgendo la sua attenzione ai fiori primaverili visibili al chiaro di luna, Matt cercò di capire cosa fare. Aveva già iniziato a guardare gli annunci immobiliari per trovarsi un altro posto in cui vivere. Kyle gli aveva detto che poteva prendere in affitto l’appartamento sopra la panetteria, visto che lui si era trasferito da Gill, ma Matt stava cercando una vera e propria casa. Naturalmente, se le cose tra lui e i suoi attuali padroni di casa fossero peggiorate, gli sarebbe andato bene anche quello.

      Appoggiando la testa all’indietro sulla chaise longue, Matt non poté impedire ai suoi occhi di alzare lo sguardo ancora una volta. Con sua enorme sorpresa, c’era Sam, in quel momento, che lo osservava dall’alto.

      Un rumore alle sue spalle lo fece alzare di soprassalto e cadere per terra. Chiuse gli occhi mentre combatteva contro le immagini che cercavano di inghiottirlo. Immagini del fuoco dei cecchini e della morte di Danny. Danny.

      Un grido squarciò l’aria intorno a lui. Fu solo quando mani confortanti iniziarono a strofinargli la schiena, che Matt si rese conto che quel grido proveniva da lui stesso. Alzò lo sguardo sul viso preoccupato di Isaac.

      «Stai bene?» gli chiese Isaac, mentre Sam irrompeva dalla porta finestra aperta.

      Matt chiuse gli occhi e annuì. «Sto bene. Mi hai spaventato.»

      Isaac lo aiutò a rimettersi a sedere sulla chaise longue e si mise accanto a lui. «Hai bisogno di parlarne?» gli chiese Isaac.

      «No» rispose Matt. «È solo uno dei tanti regali che ho portato a casa dalla guerra.»

      Che Dio lo aiutasse, ma gli ci volle ogni grammo di volontà per non appoggiarsi a Isaac e accettare il conforto che il dottore era ovviamente disposto a dargli.

      Non poté fare a meno di notare lo sguardo che i due medici si scambiarono. A Matt non era stata ufficialmente diagnosticata la PTSD, la sindrome da stress post traumatico, ma solo perché si era rifiutato di vedere un dottore. Buffo, ora se ne trovava di fronte due, che lo guardavano entrambi con gli occhi velati di pietà.

      Dalla sua famiglia ne aveva ricevuta abbastanza per una vita intera. Alzatosi in piedi, Matt cercò di comportarsi come se stesse bene, sapendo che la realtà era ben diversa. «Provo a dormire ancora un paio d’ore. Scusatemi se vi ho spaventati» disse, mentre si avviava verso le scale che lo avrebbero portato alla sicurezza del suo appartamento.

      «Matt» lo chiamò Sam.

      Lui smise di camminare ma non si voltò. Non poteva. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era vedere le espressioni sui loro volti.

      «Ci saremo quando ti sentirai pronto a parlare. Se hai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, faccelo sapere» disse Sam.

      Matt annuì e proseguì verso le scale. Sì, aveva decisamente bisogno di trovarsi un altro posto dove vivere.

       * * * *

      Mentre Isaac osservava Matt salire le scale, sentì il petto stringersi ulteriormente. Le braccia di Sam lo avvolsero da dietro, e lui si voltò per abbracciare l’uomo che era il suo amante da oltre vent’anni. «Sei pronto per tornare su?» chiese a Sam.

      Annuendo, Sam gli diede un bacio veloce. Si voltarono e tornarono in casa mano nella mano. Dopo aver chiuso la porta, si diressero verso la camera da letto.

      Dopo essere scivolati sotto le coperte, Isaac si accoccolò contro la schiena di Sam, nella posizione in cui erano abituati a dormire da sempre. Mentre i minuti passavano, capì che Sam era sveglio quanto lui, ma nessuno dei due aveva voglia di parlare.

      Mai, in tutti gli anni in cui erano stati insieme, Isaac era stato tentato di tradirlo. Tirò Sam più vicino a sé, con il bisogno di provare un senso di normalità. Matt lo aveva agitato e confuso così tanto, ultimamente, che il loro rapporto ne aveva risentito.

      Respirando il profumo dello shampoo agli agrumi che Sam aveva ancora nei capelli, Isaac si chiese cosa riservasse loro il futuro. Amava Sam dal profondo del cuore. Allora perché all’improvviso aveva cominciato a sognare Matt? Diavolo, quel ragazzo era così giovane da essere suo figlio. Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe stato meglio non affittargli l’appartamento sopra il garage.

      Isaac aveva sentito una scintilla speciale quando si erano stretti la mano, il primo giorno di lavoro di Matt. Aveva sentito quella scintilla solo un’altra volta, in passato, ed era successo con l’uomo meraviglioso e amorevole che aveva tra le braccia.

      «Sei preoccupato per Matt?» La voce di Sam lo sorprese.

      Non poteva dire al suo amante che stava pensando a Matt in un modo che esulava dalla preoccupazione. «Sì» rispose alla fine.

      «Dovremmo convincerlo a incontrare Ben Zook.»

      La mano di Isaac scese, spostandosi dallo stomaco di Sam fino a sfiorare i morbidi peli sull’inguine. «Forse, ma non credo che sia pronto ad ammettere di avere un problema.»

      Fece scorrere la punta delle dita sulla mezza erezione di Sam. Erano passate più di due settimane dall’ultima volta in cui avevano fatto l’amore. In quel periodo era già tanto se dormivano nello stesso letto. Non avevano litigato, ma per loro non stare appiccicati tutto il tempo era come averlo fatto.

      Sam si spostò in modo da mettersi sulla schiena. La nuova posizione dava alle mani di Isaac molto spazio per giocare, e così le loro labbra potevano raggiungersi.

      «Ti amo» disse Isaac, guardando gli occhi azzurri di Sam.

      «Sei il mio mondo» gli rispose Sam, prendendo in mano l’erezione di Isaac.

      Baci naturali e confortevoli li guidarono lentamente verso l’orgasmo, in cui si schizzarono reciprocamente il seme sulle mani e sullo stomaco.

      Una volta finito si baciarono ancora, senza la fretta di pulirsi. Isaac guardò l’orologio. Entro due ore avrebbero dovuto alzarsi per iniziare la loro giornata. Due ore in cui sapeva che probabilmente avrebbe sognato Matt. Due ore in cui si sarebbe vergognato di se stesso.

      Capitolo Due

      Dopo aver fermato la macchina nel parcheggio a lui assegnato, Matt rimase seduto nella sua Toyota Camry, vecchia di sei anni, a fissare l’ingresso dei dipendenti. Era il primo giorno nei suoi nuovi spazi alla clinica. Fino a quel momento aveva lavorato in una stanza della palestra locale, The Gym, visto che i dottori avevano affidato a un appaltatore locale, Hal Kuckleman, i lavori di ristrutturazione per aggiungere uno spazio adibito ad ambulatorio e un piccolo ufficio per lui.

      Era diviso da due pensieri contrastanti. Una parte di lui era preoccupata all’idea di vedere Isaac e Sam ogni giorno, mentre l’altra saltava su e giù come un bambino l’ultimo giorno di scuola.

      Puoi farcela. Devi solo essere professionale. Con quella nuova determinazione, Matt scese dall’auto e si diresse verso la porta. Tolse la tessera di sicurezza dal taschino della camicia e la inserì nella fessura. Al segnale della luce verde lampeggiante, Matt entrò.

      Era stato alla clinica diverse

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