Una Moglie Per Collin. Shanae S. Johnson
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"Lo so".
"Davvero?"
I passi di Eliza si fermarono di botto. Incuriosita dal silenzio improvviso, Charlotte smise di guardare fuori dalla finestra e si voltò.
"Cosa?"
"Sai che Darcy ha scommesso con Collin riguardo al matrimonio?" le chiese l'amica, crollando sul letto al suo fianco.
Ecco, questo era l'argomento che Eliza preferiva in assoluto: gettare la colpa su Fitz Darcy. Tra i due era in corso una sorta di guerra fredda che durava da così tanto tempo che Charlotte non ricordava più come fosse iniziata.
"Non mi sembra qualcosa tipico di Darcy" disse.
"E come lo sai? Hai parlato con lui?"
"Pensavo stessimo parlando di Collin".
"Giusto". Eliza ricominciò a fare avanti e indietro "Non mi interessa quello che Darcy ha da dire".
"Lo so".
"Perfetto".
Charlotte aveva perso il filo della conversazione. Non aveva idea se stessero parlando di Collin oppure di Darcy. In ogni caso, la risposta fu la stessa.
"Lo so".
"Credeva davvero che avrei risposto sì a quella orrenda proposta".
Oh, stavano parlando di nuovo di Collin. In realtà, la proposta non era stata così orrenda. Quando aveva avuto modo di riflettere sulle sue parole, vi aveva trovato un senso. Certo, non era stata una dichiarazione romantica come Eliza avrebbe voluto, ma, in fondo, non tutte le ragazze vanno in cerca di romanticismo.
Collin aveva offerto ad Eliza ciò che Charlotte desiderava di più al mondo: una casa tutta sua. Meglio ancora, una casa all'interno di un ranch, con tanti cavalli e spazi aperti a vista d'occhio.
Sapeva che Collin intendeva trasformare Rosings Ranch in un paradiso per cavalli da corsa in pensione, ma era ovvio che, essendo lui un veterinario, avrebbe accolto qualsiasi animale avesse avuto bisogno di cure.
Per Charlotte, vivere a Rosings sarebbe stato il paradiso. Ma lui non si sarebbe mai sognato di chiedere la sua mano. Né lei si aspettava che un uomo le chiedesse di sposarlo in ginocchio. Il che non era un problema, perchè in quel momento il suo obiettivo era trovare un lavoro e assicurarsi un futuro.
"E' così sbagliato desiderare una relazione basata sulla passione?" chiese Eliza.
"Certo che no, se è questo che vuoi".
"E' quello che entrambe meritiamo. Siamo donne attraenti, intelligenti e sveglie. Abbiamo bisogno di uomini adatti a noi".
Charlotte sapeva quale risposta si aspettava l’amica. Ma, questa volta, lo so non ne volle sapere di uscire dalla sua bocca. Non un solo uomo, o ragazzo, di quella città si era mai degnato di rivolgerle una seconda occhiata.
"E’ stato tutto così bizzarro” continuò Eliza “Sono ancora convinta che Collin non facesse sul serio e che sia stato tutto frutto di una scommessa. Probabilmente, in questo momento, lui e Darcy stanno ridendo come matti".
Charlotte non pensava che Collin stesse ridendo. Aveva notato la confusione e l'imbarazzo sul suo volto per essere stato rifiutato. Quel poverino faceva sul serio. Anche se Charlotte non riusciva proprio a capire perchè avesse scelto Eliza.
Bugia.
Charlotte sapeva esattamente perchè qualsiasi uomo avrebbe scelto l'amica. Lei possedeva tutte le qualità che aveva elencato poco prima, e inoltre era la ragazza più bella della città, eclissata solo dal fascino etereo della sorella maggiore Jane. Ma Eliza era più intelligente e spiritosa.
Charlotte la adorava per tutte quelle ragioni, sebbene non avesse mai capito perchè Eliza avesse scelto proprio lei come confidente. Forse perchè era esattamente l'opposto? Non glielo aveva mai chiesto e nemmeno voleva saperlo. Era semplicemente felice di avere un'amica del genere.
"Vedremo Darcy domani, quando gli porteremo Lefroy per gli esami pre-gara" disse Charlotte.
Eliza sollevò gli occhi al cielo, spingendosi i capelli dietro la spalla. Un gesto che Charlotte aveva visto fare alle giumente quando volevano attirare l'attenzione di un particolare stallone. Mmm....
Forse, Collin aveva interpretato bene quel segnale. Solo che non era destinato a lui.
"A proposito delle gare di Pemberley..." continuò Charlotte "...volevo parlare con tuo padre del posto di addestratore".
"Oh, aspetta di incontrare Charlie".
"Charlie?"
"La nuova addestratrice. Papà ha finalmente capito che siamo nel ventunesimo secolo e ha assunto una donna, pensa un po'. Arriverà la prossima settimana, in tempo per le gare. Sono sicura che ti piacerà".
Charlotte si schiarì la gola, lottando per nascondere la delusione. Aveva perso il posto senza essersi nemmeno proposta. Guardò fuori dalla finestra, verso il cottage illuminato dai raggi del sole morente. Per la prima volta, notò che al tetto mancavano alcune tegole, la vernice era scrostata in qualche punto e tra l'erba c'era della sporcizia. Tuttavia, le sembrava mille volte migliore del freddo appartamento che negli ultimi due decenni era stata la sua casa.
"Vado a prendere una vaschetta di gelato" dichiarò Eliza "Dio sa quanto ne abbia bisogno, dopo quella terribile proposta. Resterai qui, stanotte?"
Ancora incapace di parlare per la delusione, Charlotte annuì.
Avrebbe passato la notte al ranch, ma al mattino dopo, come sempre, qualcuno l'avrebbe riportata dalla zia, in quella casa fredda, silenziosa e angusta dove nessuno l'aveva mai voluta.
Guardò di nuovo fuori dalla finestra, questa volta non verso il cottage, ma verso il box che ospitava Lefroy, il cavallo sul quale aveva imparato a cavalcare.
"Porterò Lefroy a fare un giro veloce, prima di andare a dormire".
CAPITOLO QUATTRO
Collin strinse le mani intorno alle redini. Una mossa che segnalò allo stallone che stava per succedere qualcosa, qualcosa di cui sia l'uomo sia la bestia avevano bisogno: una galoppata sfrenata che li portasse il più lontano possibile.
Sollevandosi leggermente sulle staffe, Collin premette i polpacci contro i fianchi del cavallo, che recepì immediatamente il segnale e partì al galoppo. Il vento che gli sferzava i capelli e l'aria fresca sul viso lo aiutarono a schiarirsi la mente. Solo un pensiero si intromise, un pensiero benvenuto: Collin desiderò che tutte le creature potessero comunicare con la stessa chiarezza di un uomo e il suo cavallo.
Collin avrebbe voluto galoppare così per sempre, ma i cavalli non erano macchine ed erano in grado di mantenere quel ritmo solo per poche miglia. Così, segnalò a Equus di rallentare. Purtroppo, quando la corsa del cavallo divenne un piccolo trotto, i pensieri tornarono ad affollare la sua testa.
Era andato così vicino ad accontentare