Maria (Italiano). Jorge Isaacs

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Maria (Italiano) - Jorge Isaacs

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le correnti sfuggivano in rapide onde, zampilli bianchi e piumaggi capricciosi.

      Avevamo percorso poco più di mezza lega, quando José, fermatosi all'imboccatura di un ampio fosso asciutto, murato da alte pareti rocciose, esaminò alcune ossa malamente rosicchiate sparse sulla sabbia: erano quelle dell'agnello che era stato usato come esca dalla bestia selvatica il giorno prima. Braulio ci precedette, mentre José e io ci addentrammo nel fosso. Le tracce si stavano alzando. Braulio, dopo un centinaio di canne di salita, si fermò e senza guardarci ci fece cenno di fermarci. Ascoltò le voci della giungla, inspirò tutta l'aria che il suo petto poteva contenere, guardò l'alto baldacchino che i cedri, le jiguas e gli yarumos formavano sopra di noi e proseguì con passi lenti e silenziosi. Dopo un po' si fermò di nuovo; ripeté l'esame che aveva fatto alla prima stazione; e mostrandoci i graffi sul tronco di un albero che spuntava dal fondo del fosso, disse, dopo un nuovo esame delle tracce: "Questa è la strada da cui è uscito: è noto che è ben mangiato e ben baquiano". La chamba terminava venti canne più avanti con un muro dalla cui sommità si sapeva, dalla buca scavata ai piedi, che nei giorni di pioggia i torrenti della pedemontana scendevano da lì.

      Contro il mio giudizio, cercammo di nuovo la riva del fiume e continuammo a risalirla. Ben presto Braulio trovò le tracce della tigre su una spiaggia, che questa volta arrivavano fino alla riva.

      Bisognava accertarsi se la bestia fosse passata da quella parte verso l'altra o se, impedita dalle correnti, già molto forti e impetuose, avesse continuato a risalire la riva dove ci trovavamo, cosa più probabile.

      Braulio, con il fucile puntato sulla schiena, guadò il torrente, legandosi alla vita un rejojo, la cui estremità José teneva per evitare che un passo falso facesse rotolare il ragazzo nell'immediata cascata.

      C'è stato un profondo silenzio e abbiamo messo a tacere gli occasionali guaiti impazienti dei cani.

      –Qui non c'è traccia", disse Braulio dopo aver esaminato le sabbie e il sottobosco.

      Quando si alzò in piedi, girato verso di noi, sulla cima di un dirupo, capimmo dai suoi gesti che ci stava ordinando di stare fermi.

      Si è tolto il fucile dalle spalle, l'ha appoggiato al petto come per sparare alle rocce dietro di noi, si è sporto leggermente in avanti, fermo e calmo, e ha sparato.

      –Là! -gridò, indicando le rupi boscose di cui non riuscivamo a vedere i bordi; e saltando giù sulla riva, aggiunse:

      –La corda tesa! I cani più in alto!

      I cani sembravano consapevoli di quanto era accaduto: non appena li abbiamo liberati, seguendo l'ordine di Braulio, mentre José lo aiutava ad attraversare il fiume, sono scomparsi alla nostra destra attraverso i canneti.

      –Tieni duro", gridò ancora Braulio, raggiungendo la riva. -gridò ancora Braulio, guadagnando la riva; e mentre caricava frettolosamente il fucile, vedendomi, aggiunse:

      –Tu qui, capo.

      I cani erano all'inseguimento della preda, che non doveva avere una via d'uscita facile, dato che i latrati provenivano dallo stesso punto del pendio.

      Braulio prese una lancia da José, dicendo a entrambi:

      –Voi più in basso e più in alto, per sorvegliare questo passo, perché la tigre tornerà sulle sue tracce se scappa da dove si trova. Tiburcio con te", aggiunse.

      E rivolgendosi a Lucas:

      –I due girano intorno alla cima della roccia.

      Poi, con il suo solito dolce sorriso, ha finito di posizionare con mano ferma un pistone nel camino del fucile:

      –È un gattino ed è già ferito.

      Nel pronunciare le ultime parole ci siamo dispersi.

      José, Tiburcio e io ci arrampicammo su una roccia opportunamente posizionata. Tiburcio guardava e riguardava il calcio del suo fucile. José era tutto occhi. Da lì potevamo vedere cosa succedeva sulla falesia e potevamo mantenere il passo consigliato, perché gli alberi sul pendio, benché robusti, erano rari.

      Dei sei cani, due erano già fuori combattimento: uno era stato sventrato ai piedi della bestia; l'altro, con le interiora che trasparivano da una costola squarciata, era venuto a cercarci e stava spirando con pietosi mugolii accanto alla pietra che stavamo occupando.

      Con la schiena appoggiata a un gruppo di querce, la coda ondeggiante, il dorso irto, gli occhi fiammeggianti e i denti scoperti, la tigre sbuffava raucamente e, quando scuoteva l'enorme testa, le orecchie facevano un rumore simile a quello delle nacchere di legno. Mentre si rotolava su se stessa, tormentata dai cani, che non erano spaventati ma non erano molto in salute, dal fianco sinistro colava sangue, che a volte cercava di leccare, ma senza successo, perché allora il branco gli stava alle costole con vantaggio.

      Braulio e Lucas sono apparsi uscendo dal canneto sulla falesia, ma un po' più lontani dalla bestia rispetto a noi. Lucas era livido e le macchie di carati sugli zigomi erano blu turchese.

      I cacciatori e la selvaggina formavano un triangolo ed entrambi i gruppi potevano sparare contemporaneamente senza offendersi a vicenda.

      –Fuoco tutti insieme! – gridò José.

      –No, no; i cani! -rispose Braulio; e lasciando il suo compagno da solo, scomparve.

      Mi rendevo conto che un colpo generale avrebbe potuto porre fine a tutto; ma era certo che alcuni cani avrebbero ceduto; e la tigre non essendo morta, era facile per lei fare danni trovandoci senza fucili carichi.

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