Maria (Italiano). Jorge Isaacs

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Maria (Italiano) - Jorge Isaacs

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così rari, fosse un peccato che andassero perduti: questo è uno di loro.

      –Mary", dissi, "se avessi saputo che questi fiori erano così preziosi, li avrei tenuti per te; ma li ho trovati meno belli di quelli che ogni giorno vengono messi nel vaso sulla mia tavola.

      Lei capì la causa del mio risentimento e un suo sguardo me lo disse così chiaramente che temetti di sentire le palpitazioni del mio cuore.

      Quella sera, mentre la famiglia usciva dal salone, Maria era seduta vicino a me. Dopo aver esitato a lungo, finalmente le dissi con una voce che tradiva la mia emozione: "Maria, erano per te, ma non ho trovato i tuoi".

      Balbettò delle scuse quando, inciampando nella mia mano sul divano, trattenni la sua con un movimento fuori dal mio controllo. Smise di parlare. I suoi occhi mi guardarono stupiti e fuggirono dai miei. Si passò ansiosamente la mano libera sulla fronte e vi appoggiò la testa, affondando il braccio nudo nell'immediato cuscino. Infine, facendo uno sforzo per sciogliere quel doppio legame di materia e anima che in quel momento ci univa, si alzò in piedi; e come se stesse concludendo una riflessione importante, mi disse così a bassa voce che a malapena riuscivo a sentirla: "Allora… raccoglierò ogni giorno i fiori più belli", e scomparve.

      Le anime come quella di Maria ignorano il linguaggio mondano dell'amore; ma tremano alla prima carezza di chi amano, come il papavero dei boschi sotto l'ala dei venti.

      Avevo appena confessato il mio amore a Maria; lei mi aveva incoraggiato a confessarglielo, umiliandosi come una schiava per raccogliere quei fiori. Mi ripetevo con piacere le sue ultime parole; la sua voce mi sussurrava ancora all'orecchio: "Allora raccoglierò ogni giorno i fiori più belli".

      Capitolo XII

      La luna, che era appena sorta piena e grande sotto un cielo profondo sopra le imponenti creste delle montagne, illuminava i pendii della giungla, a tratti imbiancati dalle cime degli yarumos, argentando le spume dei torrenti e diffondendo la sua malinconica chiarezza fino al fondo della valle. Le piante esalavano i loro aromi più tenui e misteriosi. Quel silenzio, interrotto solo dal mormorio del fiume, era più che mai piacevole per la mia anima.

      Appoggiato con i gomiti al telaio della finestra, immaginavo di vederla in mezzo ai cespugli di rose tra i quali l'avevo sorpresa quella prima mattina: era lì che raccoglieva il mazzo di gigli, sacrificando il suo orgoglio al suo amore. Ero io che d'ora in poi avrei turbato il sonno infantile del suo cuore: potevo già parlarle del mio amore, farne l'oggetto della mia vita. Domani! Parola magica, la notte in cui ci viene detto che siamo amati! Il suo sguardo, incontrando il mio, non avrebbe avuto più nulla da nascondermi; si sarebbe abbellita per la mia felicità e il mio orgoglio.

      Mai le albe di luglio nel Cauca furono così belle come quella di Maria quando mi si presentò il giorno dopo, pochi istanti dopo essere uscita dal bagno, con i capelli di tartaruga sciolti e mezzi arricciati, le guance di un rosa tenuemente sbiadito, ma a tratti arrossato, e sulle labbra affettuose quel sorriso castissimo che rivela in donne come Maria una felicità che non è possibile nascondere. Il suo sguardo, ora più dolce che luminoso, mostrava che il suo sonno non era così tranquillo come prima. Avvicinandomi a lei, notai sulla sua fronte una contrazione graziosa e appena percettibile, una sorta di finta severità che spesso usava nei miei confronti quando, dopo avermi abbagliato con tutta la luce della sua bellezza, mi imponeva il silenzio sulle labbra, sul punto di ripetere ciò che sapeva così bene.

      Era già una necessità per me averla costantemente al mio fianco; non perdere un solo istante della sua esistenza abbandonata al mio amore; e felice di ciò che possedevo, e ancora desiderosa di felicità, cercai di fare della casa paterna un paradiso. Parlai a Maria e a mia sorella del desiderio che avevano espresso di fare alcuni studi elementari sotto la mia direzione: si dimostrarono di nuovo entusiaste del progetto, e fu deciso che da quel giorno stesso avrebbe avuto inizio.

      Trasformarono uno degli angoli del soggiorno in un mobile per lo studio; disfecero alcune mappe della mia stanza; rispolverarono il mappamondo geografico che fino ad allora era rimasto ignorato sulla scrivania di mio padre; due consolle furono liberate dai soprammobili e trasformate in tavoli da studio. Mia madre sorrideva mentre assisteva a tutto il disordine che il nostro progetto comportava.

      Ci incontravamo ogni giorno per due ore, durante le quali le spiegavo un capitolo o due di geografia, leggevamo un po' di storia universale e spesso molte pagine del Genio del Cristianesimo. Allora potei apprezzare tutta la portata dell'intelligenza di Maria: le mie frasi erano impresse in modo indelebile nella sua memoria e la sua comprensione precedeva quasi sempre le mie spiegazioni con un trionfo infantile.

      Emma aveva sorpreso il segreto e si compiaceva della nostra innocente felicità; come potevo nasconderle, in quei frequenti incontri, ciò che accadeva nel mio cuore? Deve aver osservato il mio sguardo immobile sul volto ammaliante della sua compagna mentre lei dava una spiegazione richiesta. Aveva visto la mano di Maria tremare se l'avevo posata su qualche punto cercato invano sulla mappa. E ogni volta che, seduti vicino al tavolo, con loro in piedi ai lati del mio posto, Maria si chinava per vedere meglio qualcosa nel mio libro o sulle carte, il suo respiro, sfiorando i miei capelli, i suoi capelli, rotolando dalle spalle, disturbavano le mie spiegazioni, ed Emma la vedeva raddrizzarsi modestamente.

      Di tanto in tanto, le faccende domestiche si presentavano all'attenzione dei miei discepoli e mia sorella si prendeva sempre la responsabilità di andarle a sbrigare, per poi tornare un po' più tardi e raggiungerci. Allora il mio cuore batteva forte. Maria, con la sua fronte infantilmente grave e le labbra quasi ridenti, abbandonava alle mie alcune delle sue mani fossette e aristocratiche, fatte per premere la fronte come quella di Byron; e il suo accento, senza smettere di avere quella musica che le era propria, diventava lento e profondo mentre pronunciava parole dolcemente articolate che invano cercherei di ricordare oggi; perché non le ho più sentite, perché pronunciate da altre labbra non sono le stesse, e scritte su queste pagine apparirebbero prive di significato. Appartengono a un'altra lingua, di cui da molti anni non ricordo nemmeno una frase.

      Capitolo XIII

      Le pagine di Chateaubriand stavano lentamente dando un tocco di colore all'immaginazione di Maria. Così cristiana e piena di fede, si rallegrò di trovare le bellezze che aveva previsto nel culto cattolico. La sua anima prendeva dalla tavolozza che le offrivo i colori più preziosi per abbellire ogni cosa; e il fuoco poetico, dono del Cielo che rende ammirevoli gli uomini che lo possiedono e divinizza le donne che lo rivelano loro malgrado, dava al suo volto incanti fino ad allora a me sconosciuti nel volto umano. I pensieri del poeta, accolti nell'anima di quella donna così seducente nel pieno della sua innocenza, mi tornarono alla mente come l'eco di un'armonia lontana e familiare che scuote il cuore.

      Una sera, una sera come quelle del mio paese, ornata di nuvole di viola e d'oro pallido, bella come Maria, bella e transitoria come lo era per me, lei, mia sorella ed io, sedute sull'ampia pietra del pendio, da dove potevamo vedere a destra nella profonda valle rotolare le rumorose correnti del fiume, e con la valle maestosa e silenziosa ai nostri piedi, leggevo l'episodio di Atala, e loro due, ammirevoli nella loro immobilità e abbandono, sentivano dalle mie labbra tutta quella malinconia che il poeta aveva raccolto per "far piangere il mondo". Mia sorella, appoggiando il braccio destro su una delle mie spalle, con la testa quasi unita alla mia, seguiva con gli occhi i versi che leggevo. Maria, seminginocchiata vicino a me, non staccava i suoi occhi umidi dal mio viso.

      Il sole era tramontato mentre leggevo le ultime pagine del poema con voce alterata. La testa pallida di Emma poggiava sulla mia spalla. Maria si nascose il viso con entrambe le mani. Dopo aver letto lo straziante addio di Chactas sulla tomba della sua amata, un addio che tante volte mi ha strappato un singhiozzo dal petto: "Dormi in pace in terra straniera, giovane disgraziato! Per ricompensare il tuo amore, il tuo esilio e la tua morte, sei abbandonato anche da Chactas stesso", Maria, non sentendo più la mia voce, si scoprì il volto e spesse lacrime le scesero sul viso. Era bella come la creazione del poeta,

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