Il tenente dei Lancieri. Gerolamo Rovetta

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Il tenente dei Lancieri - Gerolamo Rovetta

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altro in niente lui che il Cartolari e i conti sbagliati! Seduto in un angolo buio del fondaco, tenendo sempre d’occhio l’uscio dello scrittoio, riandava nella mente tutta la storia di quel suo incontro colla signorina Fanny.

      Una storia semplice, del resto e naturalissima nella sua… fatalità.

      La signora Maddalena era andata a Lodi per affari, e non sarebbe tornata altro che il giorno dopo: erano in piena libertà… non c’era nemmeno il pericolo che la serva facesse la spia alla padrona, perché era stata mandata via su’ due piedi. Il pranzo lo aveva preparato la Cammilla, e per stare allegri, invece del solito lesso e riso e rape, avevano ordinato maccheroni, polpettone, tortelli; ne avevano fatta una scorpacciata. Temistocle e Gian Maria russavano colla testa giù, sulla tavola. Il signor Daniele sonnecchiava, ma con una certa compostezza; Cammilla, accesa in volto, certo per il calor dei fornelli, rideva e scherzava con Giacomino… Dio santo! Non potevano continuarla così tutta sera, a divertirsi innocentemente?… Signor no! Giacomino, a un tratto, passa vicino al babbo, gli tocca il gomito, gli strizza l’occhio, fa l’atto di tirare un colpo colla stecca del biliardo:

      – Si va a prendere una boccata d’aria? Saperlotte! Quattro passi e poi si torna!

      Invece, quando il signor Daniele tornò a casa col figliuolo, la mezza era sonata da un’ora. Avevano fatto cinque o sei giri in Galleria, e Giacomo, ad ogni giro si era scostato dal babbo per spiare dai cristalli del caffè Biffi se vedeva il tavolino coi soliti amici: non c’era nessuno.

      – Saperlotte!

      – Andiamo a dormire: è molto meglio.

      Il signor Daniele pareva avesse il presentimento d’una grande disgrazia. Ma il figliuolo entrò diritto nel caffè, e lui, par non lasciarlo solo, gli tenne dietro sospirando.

      – Un punch frappè! Molto frappè!

      Giacomino allungò le braccia, tirò fuori i polsini dalle maniche, accese una sigaretta e domandò lo Sport illustrato e il Figaro.

      Il babbo lo contemplava estatico.

      – Fumi troppo, ti farà male – gli disse poi con un tono di voce sommesso e carezzevole.

      Giacomo, per tutta risposta, fece passare il fumo della sigaretta per il naso come i Turchi, poi lo inghiottì come gli Spagnuoli; poi, alzando il capo, vide fermarsi poco innanzi al suo tavolino una bella signora, mezzo vestita da uomo, accompagnata da un giovanotto con un soprabitino cortissimo e un berettino di panno bigio; la signora cercava un posto dove sedersi: ma il caffè era tutto pieno.

      – Si accomodi, prego – esclamò il giovane Trebeschi alzandosi e inchinandosi con perfetta galanteria. Si alzò quasi subito anche il signor Daniele, ma per la confusione il cappello gli scivolò di mano e andò a cadere sotto il tavolino.

      – Merci, monsieur.

      Il giovanotto fece un gran saluto col berrettino stendendo il braccio all’inglese, e la signora, – Merci, messieurs – si accomodò fra Giacomo e Daniele.

      Quest’ultimo, seduto a mezzo sulla sedia per tenersi il più possibile lontano dalla signora, cominciava a guardarla di sottecchi.

      Essa aveva un soprabito come un uomo, ma era un gran bel… soprabito.

      Dopo alcune domande, buttate là a caso da Giacomino, si avviò subito un’animatissima conversazione. Il signor Daniele stava attento, a bocca aperta, ma capiva poco perchè parlavano in francese e molto in fretta. Ad un tratto vide Giacomino alzarsi; si alzò subito anche lui, credendo di andar via; invece c’erano le presentazioni: il tic di Giacomino.

      – Mon père – poi voltandosi – Mademoiselle Fanny Richard.

      – Monsieur Richard, le frère de mademoiselle. – Ah, era suo fratello!…

      Il signor Daniele s’inchinò, riafferrò a tempo il vecchio cilindro che gli scappava di mano un’altra volta, poi mentre Giacomo chiamava il cameriere e gli ordinava due altri punch frappès, disse sottovoce al figliuolo che avrebbe preso anche lui un’acqua d’arancio. E fu contento di quella risoluzione. Dinanzi alla sua acqua d’arancio, si sentiva tornare il coraggio, aveva qualche cosa per occupare il tempo e le mani, e, bevendo l’aranciata a sorsi, poteva sbirciare a suo bell’agio madamigella Fanny.

      Sotto il soprabito essa aveva la giacchettina e il gilet bianco, la camicia, la cravatta, tutto come un uomo.

      – Ah, il giovinetto non era che suo fratello – continuava a pensare il signor Daniele, e guardava la signorina con maggior fiducia.

      Quella madamigella era proprio… un bell’ometto!

      La grazia femminile risaltava in lei maggiormente per il contrasto dell’abito. I labbruzzi procaci, bagnati dal punch frappé, parean foglie di rosa. Daniele continuava a star attento, a sorridere quando ridevano gli altri e a non capire. Gli pareva che parlassero di cavalli: certo dovevano parlar di cavalli. Giacomino ci prendeva tanto gusto! Giacomino andava matto per i cavalli! Certe volte rimaneva estatico persino dinanzi ai brum di porta Romana. E il babbo, dopo aver guardato con compiacenza il figliuolo, tornava a bere un sorso d’aranciata e tornava a rimirare la signorina. A un tratto egli arrossì, abbassò gli occhi. Madamigella Fanny aveva caldo, si era sbottonata, con una rapida scorsa della mano scintillante di gemme, tutta la giacchettina e lo splendore del gilet bianco aveva abbarbagliato il signor Daniele. Giacomo e gli altri parlavano proprio di cavalli. Figurarsi! Erano due cavallerizzi del Circo Stanislao.

      Ma niente sottanino corto; «amazzone» e «alta scuola». Madamigella e monsieur Richard erano ricchi proprietari di una scuderia in Inghilterra, artisti per passione; l’ippodromo era uno sport.

      Giacomino spiegò tutto questo al babbo, soggiungendo con calore: – E domani sera un gran debutto al Dal Verme!

      Domani sera?…

      Quel domani sera ricordò al signor Daniele il ritorno della moglie che aveva dimenticato. Il pover’uomo si rannuvolò, sospirò, e fece cenno al figliuolo che era tardi, era ora di tornar a casa.

      Ma che! Giacomino faceva il bravo col suo francese!… già aveva sempre preso il dieci anche a scuola; e parlava persino coll’erre!

      – Voi dovete essere – come si dice, – molto fiero di vostro figlio – esclamò ad un tratto madamigella Fanny, rivolgendosi a Daniele, sforzandosi di parlar italiano, e guardandolo per la prima volta con certi occhi neri e luccicanti che diventavano sempre più grandi.

      Il babbo sorrise: chinò in fretta la testa arruffata e si accostò il bicchiere alle labbra per bere un altro sorso d’aranciata, ma il bicchiere era vuoto..

      Dopo aver parlato di cavalli, parlarono di scherma. Un’altra gran passione di Giacomino: ora peraltro non poteva esercitarsi come avrebbe voluto, perché alla palestra non si dava se non una lezione alla settimana.

      Il signor Richard gli promise allora d’insegnargli un colpo straordinario: un colpo, col quale a Parigi aveva; passato da parte a parte un certo conte Brakonine, un russo, che si era permesso con sua sorella certi modi che non gli andavano. E parlando mezzo francese e mezzo italiano si voltò a raccontare il fatto al signor Trebeschi, mentre madamigella Fanny, bisbigliando pianino con Giacomo, gli dava appuntamento per la sera dopo al Dal Verme.

      Il racconto del signor Richard andava per le lunghe. Aveva già consegnato due schiaffoni al conte Brakonine, lo aveva mandato a gambe all’aria nella «pista», lo aveva già passato da parte a parte

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