Il tenente dei Lancieri. Gerolamo Rovetta

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Il tenente dei Lancieri - Gerolamo Rovetta

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Stella confidente ed eccola… eccola daccapo!

      E un terzo incanto; non più il «bell’omino» dalla sera innanzi, non più la intrepida amazzone di prima: è a piedi, sola in mezzo al Circo immenso, reggendosi con una mano il lungo strascico e coll’altra mandando al pubblico saluti e baci…

      Nuovi applausi, nuovo entusiasmo, e un’altra volta, due, tre, la Stella confidente e madamigella Fanny. Ma poi… la storia era continuata… Dopo qualche sera – povera ragazza! – poca gente al Dal Verme e pochi quattrini.

      La virtù non è mai premiata a questo mondo: aveva ragione M. Richard.

      – Se ma soeur – diceva – fosse come le altre centomila, bisognerebbe tutta le sere allargare il vostro Dal Verme. Invece la mia sorella, alto là, gentilissima, amabilissima, riconoscente a tutte le cortesie, ma… alto là. E di giorno, durante la répétition, e di sera con noi a cena, nessun altro che il generale Piccolomini di Coccorito, vecchio amico, e voi se ci farete l’onore.

      Come dir di no?… e, qualche volta di giorno, colla scusa degli affari o della Camera di commercio, e qualche volta la sera, dopo che sua moglie era andata a letto e si era addormentata, il signor Daniele, strigliato, profumato, inguantato da Giacomino, scappava con Giacomino medesimo da madamigella Fanny. – Ma lui ci andava soltanto per sollecitudine paterna: per non lasciar andar solo il figliuolo, per invigilarlo, per impedire all’occorrenza che commettesse uno sproposito.

      Proibire il Dal Verme al figliuolo? – Come poteva fare oramai? Giacomino aveva vent’anni e Maddalena aveva torto di volerlo tener sempre cucito alle sue gonnelle e sempre senza un soldo. Il troppo stroppia. E alle volte una simpatia innocentissima poteva salvare… dal pericolo. E pericolo con madamigella Fanny non ce n’era punto. L’intrepida amazzone del Circo Stanislao era a prova di bomba. – Lo diceva lei stessa, nel suo camerino, al signor Daniele, fissandolo con quegli occhi magici, scintillanti come le stelle e penetranti come un coltello – glielo diceva lei stessa sorridendo, sfiorandogli il ciuffo dei capelli arruffati, colla punta del frustino.

      – No, no, no!… Quello che dovrà essere lui non è ancora arrivato.

      – E il generale?… Piccolomini?

      – Il generale? Oh! il generale non è altro che le grand père. Compris?… – Il nonno! E la bella ragazza, accarezzando più forte colla punta del frustino il ciuffo arruffato di Daniele, tornava a sorridere, tornava a guardarlo fisso e tornava a ripetere:

      – No, no, no!… Marameo! Quello che dovrà essere lui non è ancora arrivato!

      – Birichina! Birichina!

      E ripensandoci, il signor Daniele sorrideva: sorrideva anche in quel fondaco melanconico, davanti all’uscio chiuso dello scrittoio della moglie.

      – Birichina!… Birichina!…

      Ma… e Giacomo?… Perché Maddalena lo teneva sempre chiuso?… Se Giacomo avesse parlato? Se avesse confessato tutto?

      Allora ricominciava la paura e colla paura il pentimento.

      Aveva speso troppo: il lunch, come lo chiamava M. Richard, all’ora della prova, e la cenetta dopo il teatro, ingoiavano un mucchio di quattrini. Aveva fatto male a lasciar sempre ordinare e comandare a quei ragazzi.

      E poi i fiori? E poi il frustino per la beneficiata?… E l’astuccio dalle spagnolette che dovevano regalare a madamigella Fanny quel giorno alla prova, o quella sera a cena… appena insomma avrebbero potuto svignarsela?

      Aveva fatto male; anzi malissimo. Era stato imprudente. Avrebbe dovuto subito, fino dalla prima sera, obbligare Giacomino ad andarsene a letto, proibire il Dal Verme, proibire le lezioni di scherma di monsieur Richard, le passeggiate a cavallo di Gladiator… proibire le spagnolette, le ostriche, il cognac, la omelette soufflée!

      E coi pentimenti e coi rimorsi gli riappariva dinanzi, più che mai terribile, minaccioso il fantasma della moglie, quando a un tratto si spalancò l’uscio dello scrittoio e Giacomino – finalmente! – Giacomino ne uscì in libertà!

      Daniele, subito, gli passò accanto in mezzo al buio e gli domandò sottovoce:

      – Hai parlato? Hai confessato?

      – Io? Per chi mi prendi? La mamma non sa nulla: règolati. Bada di non cascarci tu. Senti? La mamma ti chiama. E il ragazzo, un po’ pallido, ma sicuro, attraversò il fondaco per salire in casa.

      Temistocle, l’altro fratello, e più di tutti la Cammilla, gli giravano attorno, inquieti, ansiosi, per interrogarlo.

      – Niente! Niente! Una sfuriata delle solite – rispose Giacomo con un’alzata di spalle e passò via in fretta, – mentre anche il babbo, ormai rassicurato, lo seguiva e lo accarezzava con uno sguardo amoroso. – Come lo avrebbe abbracciato volentieri!

      – Daniele! Taartaruga!

      Alla voce della signora Maddalena, Daniele si voltò di colpo, traballando:

      – Eccomi! Eccomi! – e corse affannosamente fin sull’uscio dello scrittoio.

      – Dentro – gl’intimò la moglie.

      – Eccomi – ed entrò.

      – Chiudete.

      Il signor Daniele, chiuse d’uscio, sgraffiandosi anche un dito tra per la fretta e la confusione.

      – Bisogna mandare questa lettera alla posta, sul momento – strillò la signora Maddalena mostrandogli la lettera scritta al Rosasco. – Ma alla posta centrale. È più sicura.

      – Dammela, la porto io. – Al signor Daniele non pareva vero di cavarsela così a buon mercato.

      – Un momento. Dovete prima sapere anche voi di che; si tratta – rispose la signora Maddalena, che nelle occasioni più solenni dava sempre del voi a tutti. – Scrivo al signor Rosasco – soggiunse con voce, alquanto velata e interrotta da una tossetta secca – per avvisarlo che gli mando… gli mando… quel bel mobile.

      – Giacomino?

      – Sissignore; Giacomino, che tutti quanti avete guastato, viziato, resa insopportabile, pericoloso!

      Pareva a Maddalena, coll’andare in furia, di scaricare addosso agli altri, in tutto o in parte, la gravita e l’odiosità della risoluzione presa.

      – Vuoi mandare Giacomino a Genova?

      – Appunto a Genova; per imbarcarsi.

      – Imbarcarsi?… Per dove?

      – Per dove, pur dove… per dove sarà.

      La signora Maddalena voleva far presto, finirla. Aveva le guance rosse, era in orgasmo, sbuffava.

      Le domande, le spiegazioni, le chiacchiere, la rimescolavano ancora più del solite.

      – Mi sono abbastanza fatto il sangue guasto con… quello là! Se non vi siete proprio messi in testa di farmi crepare, abbiate; un po’ di carità, e meno discorsi.

      – Ma, scusa – insisteva il signor Daniele sommessamente – deve cominciare l’anno di volontariato fra pochi mesi.

      – Il volontariato lo farà invece Gian Maria. È un tanghero che ha

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