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Saccheggiate le case e vuotate le stalle del bestiame, diedero fuoco a tutto. Le case, erano quasi tutte di legno di pino. In un momento tutta la borgata avvampa fra gli urli degli abitanti che fuggono a stento. Lo spettacolo è terrificante. Più di ottocento fattorie fiammeggiano, lanciando fumo e scintille, che il vento spinge verso la baia. È un crollare, un crepitare sinistro, uno scaturire di lingue di fuoco da tutte le parti. Anche le piantagioni di cotone bruciano.
Gl’inglesi peraltro non avevano avuto fortuna, poiché mentre speravano di affumicare gli americani, a causa d’un brusco cambiamento del vento si trovavano a loro volta affumicati.
Malgrado ciò, granatieri assiani e brunswickesi avevano stretto le loro linee e si erano messi in moto per scacciare i nemici anche dalle alture.
Gli americani avevano pure stretto le loro colonne, ed essendo favoriti dal vento, appena scorsero gli alti cappelli dei loro nemici, aprirono un fuoco così ben aggiustato da costringerli a ritirarsi precipitosamente oltre le case di Charlestown.
Molti, anzi, vedendo navi ancorate presso la riva, vi si erano gettati dentro, rifiutando di misurarsi con un nemico che aveva sì valenti bersaglieri.
Gli ufficiali si erano prontamente gettati fra le compagnie disordinate, sforzandosi ora con promesse, ora con minacce, di raccoglierle alla meglio e di spingerle nuovamente all’assalto. Vi riuscirono infatti, coll’aiuto dei mercenari tedeschi, ed ordinatisi alla meglio, tornarono all’attacco del ridotto, sebbene con meno slancio di prima. Gli americani li aspettavano a piè fermo, risoluti a non lasciarsi strappare le due alture. Con un fuoco nutritissimo di archibugi, sparati quasi a bruciapelo, rompono nuovamente le ordinanze e costringono gli avversari a ripiegare un’altra volta verso la spiaggia. I cotonieri, abilissimi cacciatori, fanno veri miracoli.
Il generale Howe, fa chiamare alla riscossa le forze del generale Clinton, che fino allora erano rimaste passive spettatrici della disfatta.
Clinton godeva fama di espertissimo condottiero. Vedendo le forze del comandante della piazza distrutte e sapendo di quale importanza sarebbe stata per l’onore delle armi inglesi quella vittoria, accorre prontamente con tutti i suoi uomini e per la terza volta riesce a ricondurli ad un assalto furioso.
La tenacia delle truppe mercenarie tedesche, doveva dare agl’inglesi un effimero trionfo. I figli della Germania, montano all’assalto ed investono il primo ridotto.
Gli americani, oppongono per un po’ un’accanita resistenza coi calci dei loro archibugi, poi, impotenti a resistere a tanta furia, cedono e si ritirano.
Mentre si combatteva con tanto accanimento intorno alle rovine di Charlestonwn, un’altra compagnia inglese si era diretta verso la foce della Mistica per assalire la bastita costruita frettolosamente dagli americani.
Un gran numero di barche, cariche di granatieri e guidate dai marinai della flotta, con grande velocità aveva risalito il fiume, credendo di non trovare alcun serio ostacolo. S’ingannavano, perché dinanzi a loro, nascosta nella cala, stava la corvetta.
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