I minatori dell' Alaska. Emilio Salgari

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I minatori dell' Alaska - Emilio Salgari

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due parole, e dopo lo sforzo del gesto compiuto, pareva fosse morto o svenuto.

      – Diavolo, – mormorò il cow-boy. – Che sia spirato?…

      Estrasse il bowie-knife e accostò la lama lucida sulle labbra dello scotennato. Un istante dopo la vide leggermente appannarsi sotto il debole respiro del ferito.

      – Ebbene!… – chiese Back, con ansietà. – È vivo ancora?…

      – Ma sì, – rispose Bennie. – Corna di Bisonte!… Mi pareva impossibile che un uomo così solido, e che pare non abbia ricevuto altre gravi ferite, fosse morto così presto. Back, amico mio, noi possiamo ancora salvarlo.

      – Lo credi?…

      – L’uomo è robusto.

      – Che cosa dobbiamo fare?…

      – Issarlo su uno dei nostri cavalli e condurlo al campo.

      – Forse ci sono altri feriti nel bosco.

      – Per ora occupiamoci di questo. Da bravo, aiutami.

      Back balzò a terra, legò i due cavalli l’un l’altro con le briglie, poi s’affrettò ad accorrere in aiuto del camerata. Lo scotennato fu delicatamente alzato. Si vide allora che era un uomo di costituzione robustissima, tale da dare dei punti allo stesso canadese. Poteva avere quarant’anni. Aveva spalle larghe, membra poderose, un volto ardito, leggermente abbronzato, coperto in gran parte da una barba lunga, nerissima. Si poteva crederlo un ispano-americano; però poteva anche essere un emigrante dei paesi meridionali dell’Europa. Bennie e Back, riunendo le loro forze, lo sollevarono fino al cavallo più vicino e lo misero in sella, tenendolo da ambo le parti per impedirgli di accasciarsi e cadere. Lo scotennato non aveva dato segno di vita durante quell’operazione. Pallido, anzi livido, con gli occhi semichiusi, la fronte increspata per lo spasimo, si era lasciato mettere in sella, senza fare il minimo gesto, e senza pronunciare una sola parola.

      – Presto, al campo – disse Bennie. – Fortunatamente questo poveruomo non ha ricevuto nè una palla, nè un colpo di lancia.

      Il cavallo, a un fischio di Back, si mise in marcia, ma al passo, come se l’intelligente animale avesse compreso quale delicato carico portava in sella. La traversata della prateria si compì senza incidenti e senza che il ferito fosse tornato in sè. Giunti al carro, levarono di sella il disgraziato e, con mille precauzioni, lo issarono, deponendolo su un materasso situato sotto la grande tenda bianca.

      – Back, – disse Bennie, – il signor Harris deve averci fornito degli antisettici, se non m’inganno.

      – Sì, del cotone fenicato – rispose il giovane cow-boy.

      – Presto, dammelo. Hai anche una spugna?

      – Deve esserci.

      – Portamela dopo averla imbevuta d’acqua. Cercheremo di calmare l’infiammazione.

      Il giovane cow-boy, in pochi istanti, portò tutto quello che gli era stato chiesto e parecchi pezzi di tela. Bennie passò delicatamente la spugna su quel povero cranio denudato, levando il sangue già coagulato che lo copriva e ripetendo più volte l’operazione. Alla quarta, lo scotennato mandò un lungo sospiro e provò un forte tremito, prodotto forse dallo spasimo.

      – Bene – disse Bennie. – Il nostro uomo torna in sè.

      Pulito il cranio, lo avviluppò con del cotone fenicato, poi lo fasciò. Non avendo a portata di mano rimedi migliori, non poteva fare di più. Coricò, sempre con grandi precauzioni, lo scotennato, procurando che la sua testa rimanesse un po’ alta, poi attese che rinvenisse. Non erano trascorsi due minuti, che il ferito emise un secondo sospiro, facendo contemporaneamente un gesto con le mani, come se avesse voluto allontanare qualcuno.

      – Ritorna in sè, – disse Bennie, che lo osservava attentamente.

      – Disgraziato!… Chissà quali atroci dolori soffrirà.

      – Lo credo, ma guarirà. Back, te lo assicuro.

      In quel momento, dalle labbra del ferito uscì un sordo brontolio.

      Pareva tentasse di far agire la lingua per pronunciare qualche parola.

      – Volete bere?… – gli chiese Bennie, curvandosi su di lui.

      Il ferito, udendo quelle parole, dopo qualche sforzo aprì gli occhi due bellissimi occhi neri, vividi, e li fissò, con stupore, sul cow-boy. Lo guardò per alcuni istanti in silenzio, poi aprì le labbra mormorando con voce rotta:

      – Da… bere!…

      Bennie prese una fiaschetta che Back gli porgeva, contenente dell’acqua mista a whisky e gliela introdusse fra le labbra. Il ferito bevette avidamente parecchi sorsi, poi sorrise ai due cow-boys, facendo con una mano un gesto come per ringraziarli.

      – Potete parlare?… – gli chiese Bennie.

      Lo scotennano fece un cenno affermativo.

      – Sono stati gli indiani ad assalirvi?…

      – Sì – rispose il ferito.

      – Eravate in molti?…

      – Cinque.

      – Sono stati uccisi gli altri? Il ferito fece con una mano un gesto negativo molto energico, poi pronunciò un nome:

      – Armando.

      – Chi?… – chiese Bennie. – Uno straniero forse?…

      – Sì, – confermò il ferito.

      – È stato ucciso?…

      – No!… No!… – ripeté il ferito con suprema energia.

      – Forse fatto prigioniero dagl’indiani?…

      – Sì!… Sì!…

      – Corna di bisonte… – esclamò Bennie, aggrottando la fronte. – È un uomo questo Armando?…

      – Un ragazzo.

      – E gli indiani ve l’hanno rapito?…

      – Sì.

      – Furfanti!… Era stato ferito?…

      – No.

      – E gli altri vostri compagni, sono stati tutti uccisi?

      – Lo credo.

      – Back, – disse il canadese. – bisogna che facciamo un’altra corsa sulle rive del lago. Forse ci sono altri feriti.

      – Sono pronto a seguirti, Bennie.

      Il canadese si curvò sul ferito, dicendogli:

      – Noi andremo nel bosco a vedere che cosa è accaduto dei vostri compagni. Non temete nulla; gli indiani, almeno per ora, non verranno qui, siatene certo. D’altronde la nostra assenza sarà breve.

      Il ferito fece un cenno d’assenso, poi mormorò con

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