La favorita del Mahdi. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу La favorita del Mahdi - Emilio Salgari страница 6
— Oh! oh! Sta in guardia, Notis, che abbiamo un leone vicino, diss’egli.
— Quando è così, credo che faremo bene ad armare i remingtons. Spero che il signore del deserto non ardirà d’assalirci. Eh!…
Una seconda detonazione risuonò in lontananza, poi una terza un momento dopo.
— Ah! Notis, non è un cacciatore! esclamò Abd-el-Kerim. Te lo dico io.
— Hai delle idee strane, quest’oggi. Ti commuovi per due o tre fucilate!
— Abbiamo dinanzi a noi un mahari, Notis.
— Ebbene, e che vuol dir questo?
— Non sai… lo monta una donna, un uri…
— Chi? Chi?…
— È Fathma!
— Il mio amore! Vola, Abd-el-Kerim! Accorriamo!
La faccia dell’arabo si sconvolse trucemente a quelle esclamazioni, però non disse parola alcuna, Montò il remington e sferzò il cammello curvandosi in sella.
I due mahari partirono come il vento e salirono una collina che impediva di scorgere la sottostante pianura. Un quarto colpo di fucile ruppe il silenzio della notte e così vicino, da credere che colui che l’aveva esploso fosse appena a un cinquecento metri dalle alture.
Quasi subito s’udì un terribile grido:
— Aiuto!… Aiuto!…
— Ah! qual voce! esclamò Abd-el-Kerim, Corri Notis, corri!
Giunsero sulla cima della collina, e di là videro rovesciati in mezzo alla pianura un cammello e un uomo che si dibattevano disperatamente fra le sabbie, e a pochi passi da loro una donna, la quale mirava un gigantesco leone che volteggiavale vertiginosamente attorno con salti mostruosi.
— Notis!… È Fathma! gridò Abd-el-Kerim.
Con un salto da tigre si precipitò di sella, s’inginocchiò e puntò il remington. Il colpo partì. Il leone ferito alla testa fece un balzo di quindici piedi, gettando uno spaventevole ruggito.
S’arrestò colla criniera irta che lo faceva parere due volte più grosso. Sfuggì alle moschettate di Notis e di Fathma e s’avventò contro l’arabo che aveva tratto l’jatagan.
L’urto fu terribile. Uomo e leone caddero al suolo, l’uno gettando urla selvaggie e l’altro ruggendo orrendamente.
Notis volò coraggiosamente in aiuto di Abd-el-Kerim, ma prima che potesse giungervi vicino, questi erasi già sollevato coll’jatagan lordo di sangue fino all’impugnatura, calmo, sorridente, e con un piede sul corpo del leone che era morto sul colpo.
— Sei ferito?… Tu mi fai paura!
— Non aver timore, Notis, disse Abd-el-Kerim. Il leone è morto senza che abbia avuto il tempo di toccarmi le carni.
— Tu sei stato pazzo assaltarlo coll’jatagan.
— In questa notte e in questo posto avrei lottato con dieci leoni.
Afferrò il suo mahari per la correggia e si diresse a rapidi passi verso Fathma che si era inginocchiata accanto all’uomo. Notis lo seguì.
– Es-selàm-alekom (la salute sia con te) disse l’arabo all’almea.
Fathma alzò il capo, lo guardò per alcuni istanti con quei due occhi che fiammeggiavano, si rizzò in piedi e tendendo la sua piccola mano verso di lui.
— Sei un eroe! gli disse.
— Grazie, Fathma.
L’almea gli si avvicinò ancor più.
— Ah! tu sei quello che vidi a Machmudiech.
— Non t’inganni. Ecco qui il mio compagno.
— Allàh vi compensi del bene che mi avete fatto. Senza di voi sarei a quest’ora morta.
— E della tua morte non me ne sarei giammai consolato, adorabile creatura, disse galantemente Notis.
L’almea crollò il capo e un sorriso sfiorò le sue labbra, ma parve un sorriso amaro, forzato e forse anche ironico.
— Dove ti rechi? le chiese l’arabo.
— Al campo d’Hossanieh.
— Come noi. Mi pare che il tuo mahari e il tuo schiavo sieno morti,
— Il leone li ha uccisi.
— Vuoi salire sul mio mahari? È un animale forte e le mie braccia sono capaci di sostenere il leggero tuo corpo. Vi starai come in un angareb.
— E perchè no sul mio? domandò Notis.
— L’eroe è sempre più forte, disse l’almea.
Il greco aggrottò la fronte e strinse le pugna con dispetto.
— Ah! mormorò egli. Eroe!… Lo vedremo, Abd-el-Kerim!
L’arabo salì sul mahari, allungò le braccia all’almea e la trasse in groppa, facendola sedere sulle proprie ginocchia e circondandola delicatamente colle braccia. Notis da canto suo s’accomodò sulla sella del suo animale.
— Va, mio nobile amico, disse Abd-el-Kerim, prendendo la correggia a facendola fischiare nell’aria. Tu sei abbastanza forte per portarci entrambi.
I mahari ripigliarono la disordinata loro corsa in mezzo alla pianura, divorando la via con crescente rapidità.
Fathma, abbandonata fra le braccia dell’arabo che talvolta se l’accostava al petto in modo da sentire i battiti del suo picciol cuore, non diceva parola. Solo di tratto in tratto girava la testa verso colui che la reggeva, figgeva i suoi neri e grandi occhi sul di lui volto, e le sue labbra coralline aprivansi a un sorriso affascinante.
Abd-el-Kerim, nel sentirla appoggiata così mollemente sulle ginocchia, nel sentire la lunga e nera capigliatura sferzargli il volto, e talvolta circondare e arrestarsi intorno al suo collo, nel respirare l’ardente alito di lei, nel guardarla, provava delle emozioni così strane, così voluttuose, così dolci, che parevagli talvolta di sognare. Il sangue gli montava alla testa e gli circolava più rapido nelle vene, il cuore battevagli febbrilmente, i suoi occhi si fissarono involontariamente su lei, e, per quanto facesse, non riusciva a staccarneli.
In mezzo a quelle emozioni che a poco a poco facevansi più forti, l’immagine abbagliante della fiera Elenka s’oscurava, sfumava, scompariva. Persino l’immagine di Notis s’abbuiava e cancellavasi, e a segno che l’arabo credevasi di essere solo con Fathma a percorrere la pianura.
— Fathma, disse d’un tratto egli, con una voce nella quale suonava un accento infinitamente accarezzevole.
L’almea,