La favorita del Mahdi. Emilio Salgari

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La favorita del Mahdi - Emilio Salgari

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quando saremo a Hossanieh?

       Perchè? chiese ella.

       Perchè?… Ma…

       Ti interesserebbe forse il saperlo?

      L’arabo sussultò e ammutolì.

       Rimarrò in Hossanieh.

      Abd-el-Kerim la trasse vivamente sul petto. Egli si chinò verso di lei, come volesse dirle qualche cosa, ma non ne ebbe il tempo.

       Abd-el-Kerim! gridò Notis in quell’istante.

      L’arabo tremò e si volse indietro come se una vipera l’avesse morso.

       Siamo in vista del campo!

      Un profondo sospiro uscì dalle sue labbra.

      CAPITOLO III. I due rivali

      Il campo egiziano era piantato in una pianura aridissima, solcata però qua e là da piccoli ruscelli e sparsa di antichi bir o pozzi, a pochi passi dalle ultime capanne o tugul del villaggio d’Hossanieh. Si componeva di un trecento tende, disposte su tre ordini, che si piegavano cingendo la gran tenda del pascià sulla quale sventolava la bandiera egiziana, e quelle inferiori ma non meno elevate, degli ufficiali.

      Ottocento uomini, la maggior parte dei quali nubiani e sennaresi, con pochi pezzi d’artiglieria e una compagnia di basci-bozuk a cavallo, erano tutti quelli che occupavano il campo, sotto il comando di Dhafar pascia, uomo agguerrito ed intrepido che conosceva a menadito e l’Hossanieh e il Sudan, e che si era proposto di raggiungere, nonostante che il paese fosse battuto da numerose orde del Mahdi, l’esercito di Hicks e di Aladin pascià che operava verso El-Obeid, la capitale del Kordofan.

      I due mahari, appena che ebbero fiutato la vicinanza dell’accampamento, s’affrettarono ad allungare il passo, sicché pochi minuti dopo arrivarono alle prime sentinelle, le quali conosciuto in coloro che li montavano due ufficiali, li lasciarono passare senza dare l’allerta né chiedere chi fossero.

      Abd-el-Kerim s’arrestò dinanzi alle ultime capanne d’Hossanieh.

       Dove vai, Fathma? chiese egli all’almea.

       A quella casipola che vedi laggiù sull’orlo di quel campo di durah, rispose Fathma con voce dolce. Non occorre che tu mi accompagni, il leone che uccise il povero Daùd non mi minaccia più.

      Notis era disceso da sella e si era avvicinato al mahari dell’arabo. Egli tese ambe le mani, sulle quali s’appoggiarono i piccoli piedi dell’almea, tanto piccoli da muovere ad invidia quelli delle chinesi, e la depose a terra.

       Ci rivedremo ancora, adorabile creatura? domandò il greco.

      Un sorriso leggiadro sfiorò le labbra di Fathma.

       Se Allàh lo vorrà, rispose ella.

       Proverei gran dispiacere se tu avessi a scomparire per sempre.

       Ah!…

       Sei bella, Fathma.

       Non te lo domando.

       Sei più bella delle urì del paradiso. Ed io…

      L’almea gli lanciò un’occhiata fulminea e aggrottò la fronte.

       Notis, disse l’arabo gravemente.

      Il greco, che stava allungando le braccia verso l’araba, si arrestò.

      – Allàh ybàrek fik, (Iddio ti benedica) disse Fathma, alzando le mani verso Abd-el-Kerim.

      Si gettò la carabina ad armacollo, s’avvolse nel suo bianco taub e s’allontanò con passo rapido, con andatura fiera e maestosa facendo tintinnare graziosamente le numerose anella che ornavano le sue braccia.

       Per Allàh! esclamò Notis quasi con collera. Non ho mai trovato in vita mia un’almea simile. Da quando una donna che va a danzare pegli accampamenti, torce il viso per una parola melata?

       Ti sorprende forse? chiese Abd-el-Kerim, con un tono di voce sotto il quale sentivasi una leggiera vibrazione ironica.

       E sfido io!

       Fathma, non è un’almea comune.

       E nondimeno s’abbandonò fra le tue braccia. Ah! Abd-el-Kerim tu sei fortunato.

       Perchè?

       Avrei pagato mille piastre per sentirmela pur io adagiata sulle mie ginocchia, colla sua testolina appoggiata sul mio petto.

       Sei pazzo, Notis. Saresti per caso innamorato morto di lei?

       Non ti pare che sia bella?

       Più bella di tutte le donne che vidi da venticinque anni a oggi.

       Anche più bella di mia sorella Elenka?…

      L’arabo preso alla sprovveduta si turbò e non rispose.

       Ah! fe’ il greco ironicamente. Elenka adunque la trovi inferiore a quell’almea, tu, l’innamorato, il fidanzato di mia sorella.

       Tu discorri senza riflettere, disse Abd-el-Kerim, rimettendosi prontamente, come vuoi che io, che adoro Elenka, trovi che un’altra donna, che non mi interessa nè punto nè poco, la sorpassi in bellezza! Hai torto di dubitare di me.

       Sono pazzo, amico mio, lo so, a dubitare di te. Orsù, riparliamo di Fathma.

       Come vuoi Notis.

       Sai innanzi a tutto chi è e da dove venga?

       L’ignoro. So che chiamasi Fathma e nulla di più. E perchè queste domande.

       Perchè sono innamorato cotto di quella bella danzatrice.

       Di già? Corri come un mahari dei più rapidi, disse l’arabo sforzandosi a far parer calma la sua voce che invece tremavagli.

       Sento qui, nel cuore, una fiamma che comincia ad ardere. È fiamma d’amore, e temo che prenderà fra non molto proporzioni gigantesche.

      L’arabo alzò Le spalle e cercò di sorridere, ma senza riuscirvi.

       Se non vi eri tu, ti giuro, Abd-el-Kerim, che avrei stampato sulle sue piccole labbra un gran bacio. Ma la ritroverò e sola.

      Una fiamma balenò negli occhi di Abd-el-Kerim, ma una fiamma d’ira e di sdegno. La sua fronte s’increspò e le sue mani si posarono sui calci del revolver.

       Sta in guardia, Notis! diss’egli con accento cupo.

       Credi che io abbia paura di una donna?

       Chi sa! Potrebbe darsi che su quella donna brillasse una scimitarra!

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