Straordinarie avventure di Testa di Pietra. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Straordinarie avventure di Testa di Pietra - Emilio Salgari страница 12
«Non vi guasteremo nulla. Voglio scovare la bestia o l’uomo che ha riso.»
«Tempo perduto.»
«Non importa. A me, amici.»
Il trafficante fece un gesto d’impazienza e si sedette dinanzi al fuoco accendendo un grosso sigaro del Maryland.
I due bretoni e i due tedeschi si erano messi alacremente al lavoro, spostando casse, cassoni, barili, grosse botti che prima non avevano osservate e giganteschi rotoli di pelli. Agivano rapidamente, aprendosi un passaggio onde giungere alla parete formata anche quella di grossi tronchi.
Erano quasi certi di trovare là qualche sorpresa.
Dopo una buona mezz’ora riuscirono finalmente nel loro intento e non poterono trattenere un grido di sorpresa.
Dietro le grosse botti esisteva un bel vuoto di cui il trafficante, chissà per quali motivi, aveva creduto bene di non servirsi.
Testa di Pietra che si era munito del grosso fanale di marina si guardò intorno e notò che il pavimento era abbondantemente bagnato.
«Eppure l’acqua qui non deve entrare,» disse. «Come spiegare questo mistero?»
«E come spiegare quell’apertura che deve immettere al di fuori? Possibile che il trafficante ne ignorasse l’esistenza?» disse Piccolo Flocco.
«Vediamo!… Vediamo!…» rispose il vecchio bretone il quale cominciava ad inquietarsi.
Si avanzò verso la parete e vide subito un passaggio aperto fra i tronchi d’albero e così ampio da poter permettere di far entrare nel magazzino anche un orso grigio.
«Una galleria?» si chiese. «Perché non è stata turata? Ah, guarda, guarda, Piccolo Flocco, le tracce dell’acqua giungono fino qui.»
I due bretoni si guardaron l’un l’altro, poi nello stesso tempo dissero:
«Andiamo a vedere.»
Sempre più inquieti entrarono nel passaggio, il quale si apriva quasi a fior di terra ed era sempre assai largo ed alto, e si spinsero risolutamente avanti impugnando le asce. I due tedeschi li seguivano pronti ad ogni sbaraglio.
Percorsi dieci o quindici metri, si trovarono improvvisamente in piena foresta.
«L’animale o l’uomo che ha fatto udire quella specie di riso, deve essere uscito di qui,» disse il vecchio bretone.
Alzò il fanale e scrutò le tenebre. L’alba tardava poiché il cielo era coperto da immense nubi le quali, di quando in quando, si squarciavano per lasciar cadere delle grosse gocce d’acqua.
«Vedi nulla?» chiese Piccolo Flocco.
«No,» rispose Testa di Pietra.
«Ritorniamo per domandare a quello strano trafficante se conosceva l’esistenza di questo passaggio segreto?»
«Aspetta un po’.»
Si era curvato proiettando sul terreno inzuppato dalla pioggia la luce vivissima del grosso fanale.
«Ah!… Il brigante!…» gridò.
«Che cosa hai scoperto?» chiese Piccolo Flocco.
«Le orme di due grosse scarpe armate di chiodi. Ora, come si sa, i pellerossa non usano che dei mocassini ben cuciti senza un pezzo qualunque di metallo. Dunque l’uomo che è uscito dal magazzino non può essere che un canadese od un inglese. Qui gl’indiani non c’entrano affatto.»
«E sei ben sicuro che quell’uomo fosse proprio uscito dal fortino del trafficante?»
«Per il borgo di Batz!… Le punte delle scarpe sono rivolte verso la foresta. L’uomo dunque dev’essere uscito dalla baracca del trafficante.»
«Che sia quello che ha riso?»
«Lo sospetto.»
«E chi credi che possa essere?»
«Mi è venuto un sospetto che nessuno mi leverà mai più.»
«Che sia Davis o qualcuno dei suoi canadesi?»
«Che abbia cercato di mettersi al sicuro nel magazzino del trafficante!»
«Lo avevo pensato anch’io. Che sia già lontano quell’uomo?»
«Io non credo che abbia avuto il tempo di guadagnare molta via. Se ci muoviamo subito possiamo avere qualche probabilità di acciuffarlo.»
«Sarà una caccia all’uomo un po’ pericolosa. Non abbiamo nemmeno un fucile.»
«Piove e non servirebbe gran che.»
Testa di Pietra si volse verso i due assiani e disse loro:
«Voi tornate nel magazzino a tenere compagnia al signor Riberac.Riberac, e badate soprattutto che non cerchi di prendere il largo. Quell’uomo non è franco e forse ha conosciuto Davis. Non dite nulla del passaggio per ora.»
«Ja, patre,» risposero i due tedeschi girando sui talloni con una mossa tutta militaresca.
Testa di Pietra impugnò ben salda l’ascia colla destra, strinse colla sinistra il grosso fanale e si slanciò dietro le orme che erano profondamente impresse sul terreno inzuppato di acqua.
Pioveva a dirotto e dalla parte del lago si udiva la risacca muggire fortemente. Un vento freddo scendeva dal settentrione, ululando sotto gli alti abeti e sfrondando i rami.
«Bella notte per cacciare un uomo,» disse Testa di Pietra il quale, di quando in quando, si curvava per osservare le orme del fuggiasco. «Certamente si starebbe meglio dinanzi al fuoco tracannando una bottiglia di quell’ottimo gin ed a fumare la pipa, ma quell’uomo assolutamente mi occorre e lo seguirò finché si sarà fermato. I bretoni, anche marinai se hanno teste dure, hanno buone gambe che non si atrofizzano sui ponti delle navi.»
Camminavano lesti, guardando attentamente sotto i grandi alberi che le raffiche di quando in quando scotevano con estrema violenza, pronti a piombare sul fuggiasco, sicurissimi che non dovesse avere un notevole vantaggio.
«Sotto, sotto, Piccolo Flocco,» diceva Testa di Pietra. «Vedrai che noi lo prenderemo.»
«E dove ci condurrà?»
«Anche all’inferno noi andremo a prenderlo e… oh!…»
Aveva alzato il fanale e l’ascia, e fissava il tronco d’un grosso pino nero di dimensioni enormi. Non era un colosso tale da gareggiare coi pini della California, tuttavia era sempre un vero gigante.
«Ehi, Piccolo Flocco!…» gridò. «Non ti pare di vedere un buco od una spaccatura alla base di questa pianta?»
«È così vasta, quell’entrata, da permettere anche ad un orso di rifugiarsi dentro quel pino che la malattia ha vuotato forse in buona parte.»
«Che cosa mi parli di orsi?»
«Se avessimo inseguito una bestia a quattro gambe?»
«Sì,