Straordinarie avventure di Testa di Pietra. Emilio Salgari

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Straordinarie avventure di Testa di Pietra - Emilio Salgari

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vedere Arnold e Saint-Clair, di trattenerlo lontano da Ticonderoga e di carpirgli, alla prima occasione, le lettere.

      Come avesse saputo che il generale Washington ed il baronetto Sir William avevano consegnate quelle due carte al valoroso marinaio, era rimasto un mistero. I traditori però, vinti dall’oro inglese non mancavano neanche fra l’esercito americano.

      A Montreal aveva acquistata quella vecchia nave, abbandonata dagli inglesi nella loro precipitosa ritirata, con poche ghinee poiché non valeva di più essendo in pessime condizioni, ed era sceso verso il lago, risoluto a compiere il tradimento.

      Testa di Pietra aveva cercato qualche altro veliero migliore, ma gli inglesi avevano portate via, nella loro ritirata precipitosa, tutte le navi migliori.

      Giunti finalmente al lago con quella fusta semisdrucita, avevano errato alcuni giorni a casaccio, finché improvvisamente era scoppiata la rivolta dei canadesi, e proprio quando l’uragano si addensava minaccioso.

      Il resto si sa.

      «Per tutti i campanili della Bretagna!…,» esclamò Testa di Pietra quando vide che la fusta. gettata attraverso gli scogli, stava per rompersi completamente. «Come ce la caveremo ora, Piccolo Flocco? Il generale ci aveva messo ai fianchi una grande canaglia senza sospettare certamente che fosse stata comperata dalle ghinee inglesi.»

      «O da quelle del marchese d’Halifax?» rispose il giovane marinaio.

      «Di questo affare parleremo più tardi, se riusciremo a raggiungere la costa ancora vivi. Io so molte cose confidatemi dal baronetto e le ho sempre tenute ben tappate nel cervello. L’odio di quei due fratelli è tremendo, spaventoso. Hulrik!…»

      «Eccomi, pon patre,» rispose prontamente l’assiano.

      «Con quei due colpi di pistola sei certo di aver ucciso quella canaglia?»

      «Forse ferito, pon patre. Le armi valevano poco, malgrado la lunghezza delle loro canne. Io afere fatto tutto mio possibile per rompere la testa a quel pirpante, ma la barca saltava troppo e la mira era difficile.»

      «Col gran salto che ha fatto si sarà rotto le costole sui bassifondi,» disse Piccolo Flocco.

      «La fusta non era ancora attraverso le scogliere ed io ho il dubbio che quel <pirpante>, come lo chiama Hulrik, sia ancora riuscito a salvarsi. Le genti che abitano le rive dei laghi canadesi sono sempre state famose nel nuoto.»

      «E gli altri?»

      «Che cosa vuoi che ti dica io, mio giovane marinaio?! Sono scomparsi anche loro e probabilmente saranno riusciti a raggiungere la costa. Meno male che hanno lasciato qui i loro fucili e le loro munizioni. Stupidi!… Potevano gettare le une e le altre nel lago per disarmarci completamente.»

      «Ed ora che cosa facciamo, Testa di Pietra? La fusta si è piantata sulla cima di qualche scoglio e deve bere acqua in abbondanza.»

      «Non rimarremo nemmeno noi qui,» rispose il vecchio bretone. «Mi spaventa però il pericolo indiano.»

      «Che gl’inglesi li abbiano proprio arrolati?»

      «Ne sono più che sicuro, ed aver a che fare cogli Uroni e cogli Algonchini è una cosa che dà da pensare. Sai che quei barbari non risparmiano le capigliature e non vorrei lasciare la mia nelle mani di qualche guerriero. Pazienza se si accontentassero di togliermi la mia famosa pipa.pipa, ma con quella gente non c’è da fidarsi.»

      «E sono molti questi indiani?» chiese Wolf, il quale parlava la lingua inglese più correttamente del fratello minore.

      «Ve ne sono delle migliaia e migliaia,» rispose Testa di Pietra. «Oltre che cogli Uroni e gli Algonchini. avremo da fare anche i conti cogli Ossinisolni e coi Mandava che godono una tristissima fama per le loro crudeltà. Quel furfante di Davis, che il diavolo se lo porti, ha compiuta la sua missione mentre noi abbiamo quasi da cominciare la nostra. Ci ha arrestati quando ci credevamo sicuri di filare diretti verso il gran forte. Non è però riuscito a togliermi quello che più desiderava.»

      «Ehi, Testa di Pietra, lascia gl’indiani ed il meticcio e pensa invece a portarci alla costa. La fusta ormai non navigherà mai più,» disse Piccolo Flocco.

      «E dove e come? Aspetteremo prima che la tempesta si calmi un po’pò e poi fa ancora troppo scuro».

      «E se le onde ci spazzano via?»

      «Non dire delle sciocchezze. I marinai non si lasciano portare via.»

      «E gli Assiani?»

      «Sono già mezzi marinai. Ora andiamo a vedere se questa barca è proprio sfondata. Hulrik, prendi una lanterna ed accompagnami. Ce ne sono nel quadro?»

      «Sì, pon patre. Io aferne veduto alcune.»

      «Marcia avanti e tu, Piccolo Flocco, taglia i paterazzi e le sartie del grand’albero. Questo troncone pesa troppo sulla fusta. Wolf ha delle buone braccia e ti aiuterà efficacemente. Fate presto poiché il Champlain non accenna affatto a calmarsi.»

      Il lago infatti, sollevato da furiose raffiche che si succedevano senza tregua, diventava sempre più cattivo.

      Grosse ondate si formavano dovunque, si accavallavano rabbiosamente e poi correvano a sfasciarsi contro le coste con dei rombi spaventevoli.

      Era una vera burrasca quella che stava per scatenarsi e quelle che infuriano sui laghi canadesi godono pessima fama in causa della violenza del vento che si scatena ben più che sul mare.

      Testa di Pietra, che già aveva ben vedute altre burrasche su tutti gli oceani del globo, si affrettò a scendere nel quadro di poppa dove già l’assiano aveva accesa una lanterna. Pel momento non credeva ad un naufragio completo e non si preoccupava affatto delle grosse ondate.

      «Per tutti i campanili della Bretagna!…» esclamò aprendosi il passo fra i barili che ingombravano la piccola stanza. «Piccolo Flocco ha ragione. Questa barca non andrà mai al forte.»

      Si era messo in ascolto mentre l’assiano teneva alta la lanterna e fece un gesto di scoraggiamento.

      «Frittata completa,» disse. «La barca beve allegramente come una vecchia ubriacona e non vi è nessuna pompa a bordo di questa carcassa. Bah!… Andiamo a vedere, Hulrik.»

      Una scaletta stretta, ingombra anche quella di pacchi e di cordami, immetteva nella stiva.

      Testa di Pietra scese gli otto gradini e si trovò subito colle scarpe bagnate. La fusta continuava a bere ad ogni colpo d’acqua che si sfasciava sui suoi fianchi e gorgogliava impunemente fra i puntali ormai sgangherati.

      «Corpo d’una fregata sventrata!… È stato un bel colpo,» disse il bretone. «Un pezzo di scoglio si è cacciato proprio attraverso la carena e nessun carpentiere riuscirebbe a turare ormai un tale buco.»

      «Noi non navigare più, patre?» chiese l’assiano.

      «Pel momento è impossibile.»

      «E dofe trofare altra barca?»

      «Che cosa vuoi che ti dica io! Su questo lago non devono trovarsi a portata di mano.»

      «Tu sei preoccupato, patre.»

      «Ed ho le mie buone ragioni, figliolo. Io considero ormai la nostra impresa come completamente fallita e tutto in causa

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