Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5 - Edward Gibbon

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o campo di Marte, era distante sette stadj, o sette miglia da Costantinopoli. Vedi Vales. ed il suo fratello. Iv. e Ducange Const. l. II. p. 140, 141, 172, 173.

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Participem quidem legitimum potestatis; sed in modum apparitoris morigerum, ut progrediens aperiet textus. Ammiano XXVI. 4.

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Nonostante la testimonianza di Zonara, di Suida, e della Cronica Pasquale, il Tillemont (Hist. des Emper. Tom. V. p. 671.) brama di non dar fede a questi racconti sì vantaggiosi per un Pagano.

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Eunapio celebra ed esagera i patimenti di Massimo (p. 82. 83). Egli confessa però che questo Sofista o mago, reo favorito di Giuliano, e personal nemico di Valentiniano, fu rilasciato libero, mediante il pagamento d'una piccola multa.

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Il Tillemont (Tom. V. p. 21.) ha esaminato e confutato quelle illimitate asserzioni di general disgrazia che si trovano app. Zosimo l. IV. p. 201.

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Ammiano XXVI. 5.

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Ammiano dice in termini generali, subagrestis ingenii, nec bellicis, nec liberalibus studiis eruditus: Ammiano XXXI. 14. L'oratore Temistio, con l'impertinenza propria di un Greco, desiderò allora per la prima volta di parlar la lingua Latina, dialetto del suo Sovrano, την δὶαλεκτον κρατουσαν; dialetto Imperiale: Orat. VI. pag. 71.

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La parola ανεψὶος cognatus consobrinus, esprime un grado incerto di parentela, o di consanguinità. Vedi Vales. ad Ammian. XXIII. 3. Forse la madre di Procopio era sorella di Basilina madre dell'Apostata e del Conte Giuliano zio del medesimo. Du Cange Fam. Byzant. p. 49.

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Ammiano XXIII. 3. XXIV. 6. Ei fa menzione di tal voce con molta dubbiezza. Susurravit obscurior fama; nemo enim dicti auctor extitit verus. Giova però l'osservare, che Procopio era Pagano; quantunque la sua religione sembra che non apportasse favore nè danno alle sue pretensioni.

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Tra i suoi luoghi d'asilo fu una casa di campagna dell'eretico Eunomio. Il padrone di essa era lontano, innocente, e non consapevole del fatto; pure appena evitar potè la sentenza di morte, e fu bandito nelle remote regioni della Mauritania: Filostorg. l. IX. c. 5. 8. e Gotofredo Dissert. p. 369. 378.

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Hormisdae maturo juveni, Hormisdae regalis illius filio potestatem Proconsulis detulit, et civilia, more veterum et bella recturo; Ammiano XXVI. 8. Il Principe Persiano si trasse fuori da tal pericolo con onore e sicurezza, e dipoi (l'anno 380), gli fu restituito il medesimo straordinario uffizio di Proconsole della Bitinia (Tillemont Hist. des Emper. Tom. V. p. 204). Io non so se la razza di Sassan si propagasse. Trovo nell'anno 514 un Papa Ormisda; ma egli era nativo di Frusino nell'Italia (Pagi Brev. Pontif. T. I. pag. 247).

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Questa ribelle fanciulla fu in seguito moglie dell'Imperator Graziano; ma morì giovane e senza figli. Vedi Du Cange Fam. Byzant. p. 48, 59.

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Sequimini culminis summi prosapiam. Tale era il linguaggio di Procopio, che affettava di sprezzare l'oscura nascita e la fortuita elezione dell'ignobil Pannonio. Ammiano XXVI. 7.

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Et dedignatus hominem superare certamine despicabilem, auctoritatis et celsi fiducia corporis, ipsis hostibus jussit suum vincere rectorem: atque ita turmarum antesignanus umbratilis comprehensus suorum manibus. La robustezza e la beltà d'Arinteo, nuovo Ercole, vien celebrata da S. Basilio, il quale suppone che Dio lo creasse come un modello inimitabile della specie umana. I Pittori e gli Scultori non sapevano esprimere la sua figura; gli Storici nel riferire, che fanno, le imprese di lui, sembrano favolosi (Ammiano XXVI. e Vales. ib.).

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Il medesimo campo di battaglia si pone in Licia da Ammiano, e da Zosimo a Tiatira, che sono alla distanza di 150. miglia fra loro. Ma Tiatira alluitur Lyco (Plin. Histor. Nat. V. 31, Cellar Geogr. Antiq. Tom. II. p. 79) ed i copisti facilmente poteron cangiare un ignoto fiume in una ben nota provincia.

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Le avventure, l'usurpazione e la caduta di Procopio vengono regolarmente riferite da Ammiano (XXVI. 6. 7. 8. 9. 10.) e da Zosimo (l. IV. p. 203-210). Spesse volte s'illustrano, e di rado si contraddicono fra loro. Temistio (Orat. VII. p. 91. 92.) vi aggiunge qualche vil panegirico, ed Eunapio (p. 83. 84.) qualche maligna satira.

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Liban. De ulcisc. Julian. nece c. IX. p. 158, 159. Il Sofista deplora la pubblica frenesia, ma non accusa (neppur dopo la loro morte) la giustizia degli Imperatori.

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I Giureconsulti Francesi ed Inglesi dei nostri tempi accordano la teoria, e negan la pratica dell'arte magica: Denisart Recueil de decis. de Jurispr. Vedi Sorciers T. IV. p. 553. Blackstone Commment. Vol. IV. p. 60. La ragione privata sempre suol prevenire o avanzare il sapere pubblico; ond'è che il Presidente di Montesquieu (Esprit des Loix l. XII. c. 5, 6.) rigetta l'esistenza della magia.

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Vedi le opere di Bayle Tom. III. p. 567-589. Lo Scettico di Rotterdam presenta, secondo il suo costume, uno strano mescuglio di vaghe cognizioni, e di vivace ingegno.

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I Pagani distinguevan la magia buona dalla cattiva, la teurgica dalla goetica (Hist. de l'Acad. ec. T. VII. p. 25). Ma non avrebber potuto difendere tale oscura distinzione contro l'acuta logica del Bayle. Nel sistema Giudaico e nel Cristiano tutti i demoni sono spiriti infernali; ed ogni commercio con essi è idolatria, apostasia ec. che merita morte e dannazione.

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La Canidia d'Orazio (Carm. l. V. od. 5. con le illustrazioni di Dacier e di Sanadon) è una strega volgare. L'Erictone di Lucano (Pharsal. VI. 430-830.) è molesta e disgustosa, ma qualche volta sublime. Essa riprende la lentezza delle furie: e minaccia con tremenda oscurità di pronunziare i veri lor nomi, di scuoprire il vero infernale aspetto di Ecate, e d'invocar le segrete potestà che sono sotto l'inferno ec.

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Genus hominum potentibus infidum, sperantibus fallax, quod in civitate nostra et vetabitur semper et retinebitur: Tacit. Hist. I. 22. Vedi Agostin. de Civ. Dei l. VIII. c. 19. ed il Cod. Teodos. l. IX. Tit. XXVI. col Comment. del Gotofredo.

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La persecuzione d'Antiochia fu cagionata da una colpevole consultazione. Si posero le ventiquattro lettere dell'alfabeto intorno ad un tripode magico; ed un mobile agnello, che era stato collocato nel centro, indicò nel nome del futuro Imperatore le quattro prime lettere Φ, Ε, Ο, Δ. Teodoro (forse con molti altri che avevan quelle fatali sillabe nel loro nome) fu condannato a morte. Teodosio successe nel trono. Lardner (Testim. Pagan. Vol. IV. p. 353-372.) ha esaminato copiosamente e bene quest'oscuro fatto del regno di Valente.

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Limus ut hic durescit, et haec ut cera liquescit

Uno eodemque igni…

Virgil. Bucol. VIII. 80.

Devovit absentes, simulacraque cerea figit:

Ov. in Epist. Hipsi. ad Jason. 91.

Tali vane incantazioni poteron commuovere lo spirito, ed accrescer la malattia di Germanico. Tacit. Annal. II. 69.

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Vedi Heinecc. Antiq. Jur. Rom. Tom. II. p. 353. ec. Cod. Teod. l. IX. Tit. VIII, col Comment. del Gotofred.

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È descritta, ed assai probabilmente esagerata la crudele inquisizione di Roma e di Antiochia da Ammiano (XXVIII, 1. XXIX, 1. 2.), e da Zosimo (l. IV. p. 216. 218). Il filosofo Massimo fu con qualche ragione involto nell'accusa di magia (Eunap. in vit. Sophist. p. 88. 89.), ed

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