Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10. Edward Gibbon
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A. D. 661-668
I persecutori di Maometto usurparono l'eredità de' suoi figli, e i difensori della idolatria si fecero Capi supremi della sua religione e del suo impero. Violenta ed ostinata fu l'opposizione d'Abu-Sophian, tarda e forzata la conversione; ma dall'ambizione e dall'interesse fu rassodato nella fede che aveva abbracciata; servì, combattè, e forse credette veramente, e da' nuovi meriti della famiglia d'Ommiyah fu cancellata la memoria de' torti della sua prisca ignoranza. Moawiyah, figlio d'Abu-Sophian e della crudele Henda, sin dalla prima gioventù era stato fregiato dell'incarico, o del titolo di segretario del Profeta. Essendogli stato conferito dal saggio Omar il governo della Siria, amministrò per più di quarant'anni quella rilevante provincia, sia come agente subordinato, o come Capo supremo, senza rinunciare alla fama di prode e di liberale, e soprattutto amò quella di umano e di moderato. Dalla gratitudine il popolo fu vincolato al suo benefattore, e i Musulmani vittoriosi s'arricchirono delle spoglie di Cipro e di Rodi: dal sacro dovere di perseguitare i sicari d'Othmano pigliò pretesto la sua ambizione per operare. Espose nella moschea di Damasco la camicia sanguinente del martire: l'Emir deplorò la disgrazia del suo alleato, e sessantamila Siri giurarono di rimanergli fedeli, e di vendicare Othmano. Amrou vincitore dell'Egitto, che valeva esso solo per un esercito, fu primo a salutare il novello monarca, e divolgò quel pericoloso segreto, potersi creare i Califfi arabi anche fuori della città del Profeta196. Lo scaltrito Moawiyah deluse la prodezza del rivale, e, morto Alì, negoziò l'abdicazione del figlio Hassan, che aveva un animo superiore, o forse inferiore, ad un impero mondano, e a cui non increbbe posporre il palagio di Cufa ad un'umile celletta presso la tomba dell'avo. Finalmente il cangiamento d'un impero elettivo in monarchia ereditaria satisfece gli ambiziosi desiderii del Califfo. Qualche mormorìo di libertà o di fanatismo indicò la ripugnanza degli Arabi, e da quattro cittadini di Medina fu negato il giuramento di fedeltà: ma seppe Moawiyah dirigere i suoi disegni con vigore e destrezza, e il suo figlio Yezid, quantunque d'indole debole e di costumi dissoluti, fu gridato comandante de' fedeli, e successore dell'appostolo di Dio.
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Si narra della beneficenza d'un figlio d'Alì il fatto seguente. Uno schiavo servendo la tavola lasciò cadere sopra il padrone una scodella piena di brodo bollente: allora si gettò a' suoi piedi, e per sottrarsi al gastigo ripetè quel passo del Corano, che dice: «il paradiso è per coloro che san dominare la propria collera. – Io non sono in collera. – E per quelli che perdonano le offese. – Io perdono l'offesa che m'hai fatto. – E per quelli che rendono bene per male. – Io ti dono la libertà e quattrocento pezze d'argento.» Hosein, fratel minore di Hassan, con tutta la pietà di questo avea pure ereditato in parte il coraggio del padre; militò decorosamente contro i cristiani nell'assedio di Costantinopoli. Aggiugneva la primogenitura della stirpe di Hashem al sacro carattere di nipote dell'appostolo: potea sostenere le sue pretensioni contro Yezid, tiranno di Damasco, di cui spregiava i vizi, e non degnava riconoscere i titoli. Fu trasmessa in secreto da Cufa a Medina una lista di cenquarantamila Musulmani, che si dichiaravano parteggiatori della sua causa, e prometteano di pigliar l'armi come tosto ei comparisse su le sponde dell'Eufrate. Senza badare a' consigli degli amici più saggi, deliberò d'affidare la propria persona e la famiglia in balìa d'un popolo perfido. Attraversò il deserto dell'Arabia con numeroso seguito di donne e di fanciulli sbigottiti; ma quando fu presso alle frontiere dell'Irak, la solitudine del paese, e le apparenze che vide d'inimicizia gl'inspirarono molta diffidenza, e gli diedero motivo di temere o la diffalta, o la ruina de' suoi partigiani. Fondati erano i timori; Obeidollah, governatore di Cufa, avea soffocate le prime scintille d'insurrezione, e Hosein fu accerchiato, nella pianura di Kerbela, da cinquemila cavalli, che precisero la sua comunicazione colla città e col fiume. Poteva ancora riparare in una Fortezza del deserto, che aveva affrontato le forze di Cesare e di Cosroe, e sperare nella fedeltà della tribù di Tai, che armato avrebbe diecimila guerrieri in sua difesa. In una conferenza che egli ebbe col Capo della soldatesca nemica, domandò che gli fosse permesso di ritornare a Medina, o d'essere collocato in una delle guarnigioni di frontiera che si tenevano contro i Turchi, o finalmente d'essere condotto sano e salvo davanti Yezid; ma gli ordini del Califfo, o del suo Luogo-tenente, erano rigorosi, e assoluti, onde fu risposto ad Hosein che dovea sottomettersi, come prigioniero e colpevole, al comandante de' fedeli, ovveramente aspettarsi la pena della ribellione. «Pensate forse di sgomentarmi, replicò egli, minacciandomi la morte»? Passò dunque la notte seguente nell'apparecchiarsi, con una rassegnazione tranquilla e solenne, alla sua sorte. Consolò sua sorella Fatima che piangea la rovina della sua famiglia. «Non dobbiamo porre fiducia in altro che in Dio, le disse: in cielo e in terra tutto dee perire e ritornare al suo Creatore: mio fratello, mio padre, mia madre
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D'Anville (
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Abulfeda, Sonnita moderato, espone le varie opinioni sul seppellimento d'Alì, ma s'attiene al sepolcro di Cufa,
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Tutti i tiranni di Persia da Adhad-el-Dowlat (A. D. 977; d'Herbelot, pag. 58, 59, 95), sino a Nadir-Shah (A. D. 1743,
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La città di Meshed-Alì, lontana cinque o sei miglia dalle ruine di Cufa, e centoventi al mezzodì di Bagdad, ha l'estensione e la forma dell'odierna Gerusalemme. Meshed-Hosein, più vasta e più popolosa, è lungi trenta miglia.
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Seguo l'energico concetto e la frase di Tacito (