Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9. Edward Gibbon
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A. D. 532-698
Con tai sentimenti era almeno mestieri aver sempre ragione. Ne' primi anni del suo regno segnalò il suo zelo, come discepolo e protettore della Fede ortodossa. Nel riconciliarsi dei Greci e dei Latini il tomo di San Leone divenne il Simbolo dell'Imperatore e dell'Impero; i Nestoriani e gli Eutichiani erano dalle due parti investiti dalla spada a due tagli della persecuzione, e i quattro Concilii di Nicea, di Costantinopoli, d'Efeso e di Calcedonia furono ratificati dal codice d'un legislatore cattolico112; ma nel mentre che Giustiniano non lasciava cosa intentata per mantener l'uniformità della Fede e del Culto, sua moglie Teodora, i cui vizi non si consideravano incompatibili colla divozione, aveva dato orecchia alle prediche monofisite; quindi sotto la protezione dell'Imperatrice ripreser coraggio, e si moltiplicarono i pubblici o secreti nemici della Chiesa. Un dissidio spirituale metteva a soqquadro la capitale, il palazzo, ed il talamo; ma tanto era dubbia la sincerità di Giustiniano e di Teodora, che assai persone accagionavano dell'apparente loro dissensione una clandestina lega malefica contro la religione e la felicità del popolo113. La famosa disputa dei tre Capitoli114 che ha empiuto più volumi, quando bastavano poche linee, dimostra assai questo spirito d'astuzia e di mala fede. Volgevano tre secoli da che il corpo di Origene115 era pasto dei vermi, l'anima sua, della quale egli aveva insegnato la preesistenza, era in mano del suo creatore; ma i monaci della Palestina avidamente ne leggevano i libri. L'occhio acuto di Giustiniano vi scorse dentro più di dieci errori di metafisica, e perì il dottore della prima Chiesa in compagnia di Pittagora e di Platone, e fu dannato dal Clero all'eterno fuoco infernale, poichè aveva osato negare l'esistenza dell'inferno. Sotto questa condanna stava celato un perfido assalto contro il Concilio di Calcedonia. Aveano i Padri udito senza inquietarsi l'elogio di Teodoro di Mopsuesta;116 e la lor giustizia o indulgenza aveva restituito alla comunion de' Fedeli Teodoreto di Cirra e Ibasso di Edessa; ma questi Vescovi d'Oriente erano tacciati d'eresia; maestro fu il primo di Nestorio, amici di quell'eretico gli altri due; i passi i più sospetti de' loro scritti furono denunciati sotto il titolo dei tre Capitoli; e con questa macchia impressa sulla loro memoria era per necessità messo a repentaglio l'onor d'un Concilio che dal Mondo cattolico era nominato con venerazione, almeno in apparenza. Nondimeno, se questi Vescovi o innocenti, o colpevoli erano sepolti nella notte eterna, non poteano svegliarli i clamori che si faceano sulla lor tomba un secolo dopo la lor morte; se in un'altra supposizione stavano già in balìa del demonio, non potea più l'uomo nè aggravarne, nè mitigarne i tormenti; e finalmente, se godevano in compagnia dei Santi e degli Angeli la ricompensa dovuta alla lor pietà, dovean ridere del vano furore degli insetti teologici, che strisciavano ancora sulla faccia della terra. L'Imperator de' Romani, ch'era di quegli insetti il più arrabbiato, vibrava il suo pungiglione, e scagliava il veleno senza avvedersi probabilmente dei veri moventi di Teodora e degli ecclesiastici che l'assecondavano. Non eran più soggette le vittime al suo potere, e i suoi editti con tutta la lor veemenza non valevano che a pubblicarne la dannazione, e ad invitare il clero dell'Oriente ad unirsi con lui per caricarli d'imprecazioni e di anatemi. Stettero esitanti i Prelati orientali nel congiungersi per questo oggetto col loro sovrano; fu tenuto a Costantinopoli il quinto Concilio generale, ove intervennero tre Patriarchi, e cento sessantacinque Vescovi, e gli autori, come pure i difensori dei tre Capitoli, furono separati dalla comunione de' Santi, e consegnati solennemente al principe dello tenebre. Le Chiese latine aveano più zelo per l'onor di Leone e del Concilio di Calcedonia; e se, come erano solite, avessero combattuto sotto lo stendardo di Roma, avrebbero forse fatto sì che trionfasse la causa della ragione e della umanità; ma il loro Capo era prigioniero, e in mano del nemico; il trono di San Pietro deturpato dalla simonìa fu tradito dalla viltà di Vigilio, il quale dopo una lunga e strana lotta, si sottomise al despotismo di Giustiniano e ai sofismi dei Greci. Per la sua apostasia s'adontarono i Latini tutti, nè vi furono che due Vescovi, che volessero conferire gli Ordini sacri a Pelagio, suo diacono e successore. Pure la perseveranza del Papi trasferì a poco a poca nei loro avversari il titolo di scismatici: la potenza civile del pari che l'ecclesiastica sostenute dalla forza militare, venivano opprimendo, benchè con fatica, le Chiese dell'Illiria, dell'Affrica, e dell'Italia:117 i Barbari, lontani dalla sede dell'impero, si attenevano alla dottrina del Vaticano; e in men d'un secolo lo scisma dei tre Capitoli morì in un cantone oscuro della provincia veneta118; ma pel mal'umore degli Italiani irritati da quella disputa religiosa s'erano agevolate le conquiste dei Lombardi, e già gli stessi Romani erano avvezzi a sospettare della Fede, come a detestar l'amministrazione del tiranno regnante in Bizanzio.
Non seppe Giustiniano star fermo nè consentaneo a sè nelle risoluzioni difficili che volle usare per determinare l'incertezza delle sue opinioni e di quelle dei sudditi: era malmenato in gioventù quando non s'allontanava poco nè punto dalla linea ortodossa; in vecchiezza trascorse egli stesso
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Teofane (
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Si confronti Procopio (
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Sichem, Neapoli, Naplous, ch'è la residenza antica e moderna dei Samaritani, giace in una valle fra lo sterile Ebal, il monte delle Maledizioni al Nort, e il fertile Garizim, o sia monte delle Maledizioni al Sud, distante da Gerusalemme dieci od undici ore di viaggio. Vedi Maundrel, (
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Procopio (
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Le espressioni di Procopio sono notabili: ου γαρ οι εδοκει φονος ανθρωπον εινακ, ην γε μη τηςαυτου δοξην οι τελευτωντες τυχοιεν οντες,
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Procopio
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Origene era di fatto assai propenso ad imitare la πλανη
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Basnagio (
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Vedi le doglianze di Liberato e di Vittore, e le esortazioni di Papa Pelagio al conquistatore ed all'Esarca d'Italia.
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Papa Onorio riconciliò colla Chiesa, (A. D. 638), i Vescovi del patriarcato d'Aquileia; (Muratori,