Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9 - Edward Gibbon

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divennero ribelli e fuggiaschi, e gli alleati di Roma, i più antichi e più utili, impararono a considerar l'Imperatore non come il Capo, ma come il nemico dei Cristiani. La lingua, quel gran principio d'unione e di separazione tra le varie tribù del genere umano, ben presto distinse definitivamente i Settari dell'Oriente con un segno particolare, che annichilò ogni commercio ed ogni speranza di riconciliazione. Il lungo dominio dei Greci, le colonie, e più di tutto l'eloquenza loro, aveano disseminato un idioma indubitatamente il più perfetto di quanti furono inventati dagli uomini; ma il grosso del popolo nella Siria e nell'Egitto usava tuttavia la lingua nazionale, con questa differenza però, che il cofto non si adoperava che dagli ignoranti e rozzi paesani del Nilo, mentre dai monti dell'Assiria al mar Rosso era il siriaco131 la lingua della poesia e della dialettica. La favella depravata e il falso saper dei Greci infettavano l'Armenia e l'Abissinia; e i barbari idiomi di quelle contrade, che poi rivissero negli studii dell'Europa moderna, non erano intelligibili per gli abitanti dell'Impero romano. Il siriaco e il cofto, l'armeno e l'etiopico sono consecrati nelle liturgie delle Chiese rispettive; e la lor teologia possiede versioni speciali132, scritture ed opere di quei Padri, la cui dottrina fece maggior fortuna colà. Dopo uno spazio di mille trecento sessant'anni, l'incendio della controversia suscitato da prima con una predica da Nestorio, arde tuttavia in fondo all'Oriente, e le comunioni nemiche mantengono sempre la fede e la disciplina dei fondatori. Nella più abbietta condizione d'ignoranza, di povertà e di servitù, i Nestoriani, e i Monofisiti negano la primazia spirituale di Roma, e sanno buon grado alla tolleranza de' Turchi, che permettono ad essi di scomunicare da un lato S. Cirillo e il Concilio d'Efeso, dall'altro Papa Leone e il Concilio di Calcedonia. L'aver essi contribuito al tracollo dell'Impero d'Oriente vuol pure qualche narrativa particolare. Il lettore potrà dare con piacere un'occhiata 1. ai Nestoriani, 2. ai Giacobiti133 3. ai Maroniti 4. agli Armeni 5. ai Cofti e 6. agli Abissinii. Le prime tre Sette parlano il siriaco, ma ognuna delle tre ultime usa l'idioma della sua nazione. Gli abitanti moderni per altro dell'Armenia e dell'Abissinia sermocinar non potrebbero coi lor antenati, e i Cristiani dell'Egitto e della Siria, che ricusano la religione degli Arabi ne hanno accettata la lingua. Il tempo ha secondati gli artifizi dei preti, e tanto in Oriente che in Occidente si parla colla Divinità una lingua morta, dal maggior numero dei Fedeli ignorata.

      I. L'eresia dello sciagurato Nestorio andò presto dimenticata nella provincia che gli avea dato i natali, e nella sua diocesi ancora: que' Vescovi d'Oriente che nel Concilio d'Efeso osarono attaccare apertamente l'arroganza di S. Cirillo si ammansarono tosto che il Prelato rinunciò di poi ad alcuna delle sue proposizioni. Questi Vescovi, o i successori loro sottoscrissero non senza mormorare i decreti del Concilio di Calcedonia. Potè l'autorità dei Monofisiti rappattumare i Nestoriani coi Cattolici e congiungere le due parti negli odii stessi, negli stessi interessi, e a poco a poco nei dommi medesimi, e la disputa dei tre Capitoli fu un momento in cui mandarono di mala voglia l'ultimo sospiro. Da leggi penali furono schiacciati que' lor fratelli, che men moderati, o più leali non vollero far causa comune coi Cattolici, e sin dal tempo di Giustiniano era difficile rinvenire nei confini dell'Impero una chiesa di Nestoriani. Al di là di que' confini scoperto avevano un nuovo Mondo, ove sperare libertà, e aspirare a conquiste. Con tutta la resistenza dei Magi aveva il Cristianesimo gettate in Persia radici profonde; e le nazioni dell'Oriente si riposavano alla sua ombra salutare. Il Cattolico o primate risedeva nella capitale; i suoi Metropolitani, i suoi Vescovi, il suo clero avevano nei Sinodi e nelle diocesi loro la pompa e l'ordinanza d'una gerarchia regolare; da gran numero di proseliti fu abbandonato lo Zendavesta per l'Evangelo, la vita secolare per la monastica; era avvivato il loro zelo dalla presenza d'un nemico scaltro, e terribile. Fondatori della Chiesa persiana erano stati alcuni missionari della Siria; quindi la lingua, la disciplina, la dottrina del lor paese erano già una parte inerente della sua costituzione. I primati erano eletti ed ordinati dai suffraganei; ma provano i Canoni della Chiesa d'Oriente la lor filiale dependenza verso i Patriarchi d'Antiochia134. Nuove generazioni di fedeli s'andavan formando nella scuola persiana d'Edessa al loro idioma teologico135: studiavan esse nella versione siriaca i diecimila volumi di Teodoro di Mopsuste, e rispettavano la Fede apostolica, e il santo martirio del suo discepolo Nestorio, la persona e la lingua del quale erano sconosciute alle nazioni che abitavano al di là del Tigri. Alla prima lezione di Ibas, vescovo d'Edessa, s'impresse nell'animo loro un ribrezzo indelebile contro gli empi Egiziani, che nel lor Concilio d'Efeso aveano confuse le due Nature di Gesù Cristo. La fuga dei maestri e degli alunni, espulsi due volte dall'Atene della Siria, disperse una turba di missionari, spinti ad un tempo dallo zelo di religione, e dalla vendetta. Quella rigorosa unità sostenuta dai Monofisiti che, regnando Zenone ed Anastasio, invasi aveano i troni dell'Oriente, provocò i loro antagonisti a riconoscere in una terra libera piuttosto una union morale, che una union fisica nelle due Persone del Cristo. Dopo l'epoca in cui s'era predicato l'Evangelo alle nazioni, i Re sassaniesi vedean con inquietudine e con diffidenza una razza di stranieri e d'apostati, che poteano dar sospetto di favoreggiare la causa dei nemici naturali del lor paese, come ne aveano abbracciata la religione. Soventi volte s'era proibito per via d'editti il lor commercio col clero di Siria; piacquero gli avanzamenti dello scisma all'orgoglio geloso di Perozes, il quale porse orecchia ai discorsi d'uno scaltro Prelato, che dipingendogli Nestorio come amico della Persia, l'indusse ad assicurarsi della fedeltà dei sudditi cristiani, mostrandosi protettore delle vittime e dei nemici del despota romano. Erano i Nestoriani la parte più numerosa del clero e del popolo; presero coraggio dal favore del principe, e il despotismo mise in loro mano la sua spada; ma taluni, troppo deboli di spirito, furono sgomentati dall'idea di segregarsi dalla comunione del Mondo cristiano. Il sangue di settemila settecento Monofisiti o Cattolici fissò l'uniformità della fede e della disciplina nelle Chiese di Persia136. Le loro instituzioni religiose si segnalavano con una massima di ragione, o almen di politica; s'era già rilassata l'autorità claustrale, e cadde a poco a poco; si dotarono case di carità, le quali ebbero cura dell'educazione degli orfani e degli esposti; il clero della Persia non volle la legge del celibato, tanto raccomandata ai Greci ed ai Latini, e i matrimonii approvati e reiterati dei sacerdoti, dei Vescovi, e del Patriarca medesimo crebbero notabilmente il numero degli eletti. Giunsero fuorusciti a migliaia da tutte le province dell'impero d'Oriente a quel paese, fatto asilo della libertà naturale e religiosa. La scrupolosa devozione di Giustiniano fu punita coll'emigrazione de' suoi sudditi più industriosi, i quali trasportarono in Persia le arti guerresche e pacifiche, ed un accorto monarca innalzò alle cariche coloro che per merito erano raccomandati al suo favore. Quei disgraziati Settarii che stando sconosciuti aveano continuato a vivere nelle loro città native, coi consigli, col braccio, e cogli averi loro, diedero aiuto alle armi di Nuschirvan, e a quelle ancor più formidabili del suo nipote, e in guiderdone di tanto zelo ottennero le chiese dei Cattolici: ma quando ebbe Eraclio riconquistate quelle città e quelle chiese, conosciuti ormai per ribelli, e per eretici, non trovarono più altro rifugio, che gli Stati del loro alleato. In quel mentre la apparente tranquillità dei Nestoriani corse assai rischi, e fu turbata più volte; ed essi parteciparono alle disgrazie ch'erano necessarie conseguenze del dispotismo orientale. Non bastò sempre la nimicizia che portavano a Roma per espiare il loro attaccamento al Vangelo; ed una colonia di trecentomila Giacobiti fatti prigionieri in Apamea e in Antiochia ebbe la permissione d'innalzare i suoi altari nemici a veggente del Cattolico, e sotto la protezione della Corte. Nell'ultimo suo trattato inserì Giustiniano parecchi articoli diretti ad estendere e a rafforzare la tolleranza di cui godeva il Cristianesimo nella Persia. Mal informato l'Imperatore dei diritti di coscienza, non sentiva nè pietà, nè stima per gli eretici che rifiutavano l'autorità dei santi Concilii; ma davasi a credere che potrebbero a poco a poco osservare i vantaggi temporali dell'unione coll'impero e colla chiesa di Roma; e se non gli venia fatto d'ottenerne gratitudine, sperava almeno di renderli al lor Sovrano sospetti. In un'epoca più recente s'è veduta la superstizione e la politica del Re cristianissimo condannare al fuoco i Luterani in Parigi e proteggerli in Alemagna.

      A. D. 500-1210

      Il desiderio di guadagnare anime a Dio, e sudditi alla Chiesa, ha in ogni tempo solleticato lo zelo dei

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<p>131</p>

Il siriaco tenuto per lingua primitiva dagli originarii della Siria avea tre dialetti: 1. l'arameo, che si parlava in Edessa, e nelle città della Mesopotamia; 2. il palestino, usato in Gerusalemme, in Damasco, e nel resto della Siria; 3. il nabateo, idioma rustico delle montagne dell'Assiria e de' villaggi dell'Irak (Gregor. Abulfarag. Hist. dynast., pag. 11). Vedi sul siriaco, Ebed-Gesù (Assemani, t. III, pag. 326, etc.), il quale solamente per animo preoccupato ha potuto preferirlo all'arabo.

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Io non velerò la mia ignoranza sotto i manti di Simone, di Walton, di Mill, di Wetstein, d'Assemani, di Lodolfo, o di La Croze da me diligentemente consultati. Pare 1. non esser certo, che noi ogni abbiamo nella primiera integrità versione veruna di quelle decantate dai Padri della Chiesa; 2. la version siriaca esser quella, che sembra aver più titoli d'autenticità, e che per confession delle Sette d'Oriente è più antica del loro scisma.

<p>133</p>

In ciò, che riguarda i Monofisiti e i Nestoriani io debbo moltissimo alla Bibliotheca orientalis Clementino-Vaticana di Giuseppe Simone Assemani. Questo dotto Maronita andò nel 1715, per ordine di Papa Clemente XI, a visitare i monasteri dell'Egitto e della Siria in cerca di MS. I quattro volumi in foglio da lui pubblicati a Roma nel 1719 non contengono che una parte dell'esecuzione del suo vasto disegno; ma forse è la più preziosa. Nato egli in Siria conosceva benissimo la letteratura siriaca, e si vede, che quantunque dependesse dalla Corte romana s'ingegna d'essere moderato e sincero.

<p>134</p>

Vedi i Canoni arabi del Concilio di Nicea nella traduzione d'Abramo Ecchelense, n. 37, 38, 39, 40. Concil. t. II, p. 335, 336, ediz. di Venezia. Que' titoli, conosciuti di Canoni di Nicea e di Canoni arabi sono ambedue apocrifi. Il Concilio di Nicea non fece più di venti Canoni (Theod. Hist. eccles. l. I, c. 8); i settanta o ottanta che vi si aggiunsero, furono estratti dai Sinodi della Chiesa greca. L'edizione siriaca di Maruta non sussiste più (Assemani, Bibl. orient. t. I, p. 195, t. III, p. 74); e nella version araba havvi diverse alterazioni recenti. Questo codice per altro racchiude preziosi avanzi della disciplina ecclesiastica; ed essendo stimato da tutte le comunioni dell'Oriente, è probabile ch'ei sia stato finito prima dello scisma dei Nestoriani e dei Giacobiti (Fabric., Bibliot. graec. t. XI, p. 363-367).

<p>135</p>

Teodoro il Lettore (l. II, c. 5-49, ad calcem. Hist. ecclesiast.) ha fatto menzione di questa scuola persiana d'Edessa. Assemani (Bibliot. orient., t. II, p. 402, t. III, p. 376-378, t. IV, p. 70-924), discute con molta chiarezza ciò che riguarda il suo antico splendore, e le due epoche della sua caduta.

<p>136</p>

Una dissertazione sullo stato dei Nestoriani è divenuta in mano d'Assemani un volume in foglio di 950 facciate, ove egli ha disposto in ordine chiarissimo le sue dotte ricerche. Oltre a questo quarto volume della Bibliotheca orientalis, gioverà consultare gli estratti che stanno nei tre primi tomi (t. I. p. 203, t. II, p. 321-463, t. III, p. 64-70, 378-395, ec. 403-408, 580-589).