Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9. Edward Gibbon
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V. Nelle altre parti dell'imperio poteva il principe annichilare, o ridurre al silenzio i Settarii di una dottrina creduta pericolosa; ma i testardi Egiziani si opposero mai sempre al Concilio di Calcedonia, e la politica di Giustiniano degnò adattarsi ad aspettare il momento in cui potesse giovarsi della lor discordia. La Chiesa monofisita d'Alessandria168 era lacerata dalla disputa dei corruttibili e degli incorruttibili, e nella morte del Patriarca ognuna delle due fazioni presentò un candidato169. Gaiano era discepolo di Giuliano, e Teodosio avea ricevuto lezioni da Severo: i monaci e i senatori, la capitale e la provincia favorivano il primo; confidava il secondo nell'anteriorità della sua Ordinazione, nella grazia dell'Imperatrice Teodora, e nell'armi dell'eunuco Narsete, che avrebbe potuto farne miglior uso in una guerra più gloriosa. Il candidato del popolo fu confinato in Cartagine ed in Sardegna, e questo esilio crebbe il fermento degli animi, e cento settant'anni dopo il cominciamento dello scisma veneravano ancora i Gaianiti la memoria e la dottrina del lor fondatore. In un furioso e sanguinolento conflitto si vide la forza del numero cozzare con quella della disciplina; i cadaveri de' cittadini e de' soldati ingombrarono le strade della metropoli; le devote salivano sul tetto delle case, e scagliavano sul capo dal nemico tutto quello che di pesante o di tagliente veniva loro alle mani; e in fine trionfò Narsete perchè mise a fuoco e fiamme la terza capitale del Mondo romano. Ma non piacque al luogotenente di Giustiniano, che cogliesse un eretico i frutti della sua vittoria; guari non andò che Teodosio fu deposto, sebbene con modi umani, e Paolo di Tanis, monaco ortodosso, fu innalzato alla sede di Sant'Atanasio. Acciocchè potesse sostenersi, fu armato di tutte le forze del governo; aveva la facoltà di nominare o rimovere i duchi e i tribuni d'Egitto; soppresse le distribuzioni di pane, ordinate da Diocleziano, chiuse i templi de' suoi rivali, e una nazione scismatica rimase ad un tratto senza alimento spirituale e corporale. Dall'altra parte il popolo sospinto da vendetta e da fanatismo scomunicò quel tiranno; nessuno, eccettuati i servili Melchiti, non volle più salutarlo nè per uomo, nè per cristiano, nè per Vescovo. Ma tale è la cecità dell'ambizione; cacciato per un'accusa d'omicidio, esibì mille e quattrocento marchi d'oro per ricuperare il suo posto, ove non raccolse che odio ed affronti. Apollinare, suo successore, entrò in Alessandria con un corteggio militare, parato e presto all'orazione ed alla battaglia. Distribuì i suoi armati per tutta la strada; furon collocate le guardie alle porte della cattedrale, e una truppa eletta venne posta in mezzo al coro per difesa della persona del suo Capo. Stavasi Apollinare in piedi nella sua cattedra, e, levato l'abito guerresco, comparve di repente agli occhi della moltitudine colla veste di Patriarca d'Alessandria. Lo stupore per un istante produsse un gran silenzio; ma come tosto Apollinare ebbe cominciato a leggere il tomo di San Leone, fu da imprecazioni, da invettive e da sassi assalito quest'odioso ministro dell'Imperatore e del Sinodo. Subitamente il successor degli Apostoli diede l'ordine di combattere; vuolsi che i soldati marciassero dentro il sangue sino al ginocchio, e che vi rimanessero svenati dugentomila Cristiani; calcolo incredibile, quand'anche si facesse non per una giornata, ma per li diciott'anni del pontificato d'Apollinare. I due Patriarchi che gli succedettero, Eulogio170 e Giovanni171, s'adoperarono a convertire gli eretici con armi ed argomenti più degni del loro evangelico ministero. Eulogio pose in mostra il suo sapere teologico in molti volumi, che esageravano gli errori di Eutiche e di Severo, e cercavano di conciliare le asserzioni equivoche di San Cirillo, del Simbolo ortodosso di Papa Leone e de' Padri del Concilio calcedonese. Mosso da superstizione, da beneficenza, o da politica si segnalò Giovanni il Limosiniere con una munificenza caritatevole; manteneva a sue spese settemila e cinquecento poveri; trovò, quando fu eletto, sedicimila marchi d'oro nell'erario della Chiesa; n'ebbe ventimila dalla generosità dei fedeli; eppure potè vantarsi nel testamento di non lasciar più d'un terzo della più picciola moneta d'argento. Le Chiese d'Alessandria furon consegnate ai Cattolici; fu proscritta la religion dei Monofisiti in Egitto, e fu pubblicata una legge, che escludeva i nativi del paese dagli onori, e dagli impieghi lucrosi dello Stato.
Rimaneva da farsi una conquista più rilevante, quella del Patriarca, oracolo e Capo della Chiesa egiziana. Aveva resistito Teodosio alle minacce e alle promesse di Giustiniano col coraggio d'un Apostolo, ovveramente d'un entusiasta. «Non furono diverse, rispose il Patriarca, le offerte del tentatore quando mostrava i reami della terra; a me sta più a cuore l'anima che la vita o l'autorità. Stanno le Chiese nelle mani d'un principe, che può uccidere il corpo; ma la mia coscienza è mia, e nell'esilio, nella povertà, nei ceppi resterò costantemente fedele alla credenza de' miei santi predecessori Atanasio, Cirillo e Dioscoro. Anatema al tomo di Leone, e al Concilio di Calcedonia! anatema a chi ammette la lor dottrina! e adesso e per sempre sieno caricati d'anatemi! Io sono uscito nudo del seno di mia madre, nudo discenderò nel sepolcro; mi seguano coloro che amano Iddio e cercano la salute». Dopo aver consolato e rincorato i suoi fratelli, salpò alla volta di Costantinopoli; e in sei abboccamenti successivi sostenne senza vacillare l'assalto quasi irresistibile della presenza del sovrano. Le sue opinioni eran favoreggiate nel palazzo e nella capitale; il credito di Teodora lo francheggiava e gli promettea un congedo decoroso; egli terminò la sua carriera, non già sulla cattedra episcopale, ma nel suo paese nativo. Alla nuova della sua morte, Apollinare spinse l'indecenza sino a farne festa in un divertimento dato alla Nobiltà ed al clero; ma fu turbata la sua allegrezza dalle nuove che presto ricevette della dominazione del successor di Teodosio; e mentre si godea le ricchezze d'Alessandria, i suoi rivali davano la legge entro i monasteri della Tebaide, ove campavano di obblazioni spontanee del Popolo. Morto Teodosio si vide nascere dalle sue ceneri una serie non interrotta di Patriarchi, e le Chiese monofisite di Siria e d'Egitto vennero collegate in una stessa comunione, e nel nome di Giacobiti; ma la dottrina che s'era concentrata in una picciola Setta dei Sirii, si propagò nella nazione egiziana, o cofta, la quale con voto quasi unanime
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Tutti i viaggiatori s'incontrano in Armeni, che han la metropoli sulla strada maestra fra Costantinopoli ed Ispahan;
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L'istoria dei Patriarchi d'Alessandria da Dioscoro fino a Beniamino è tratta da Renaudot (p. 114-164), e dal secondo volume degli Annali di Eutichio.
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Eulogio, ch'era stato monaco in Antiochia, valeva più nelle sottigliezze che nell'eloquenza. Egli vuol provare, che non si dee porre opera a riconciliare i nemici della Fede i Gaianiti e i Teodosiani; che la stessa proposizione può essere ortodossa in bocca di S. Cirillo ed ereticale in quella di Severo; che sono ugualmente vere le asserzioni contraddittorie di Leone. Non sussistono più i suoi scritti, se non se negli estratti di Fozio, che li avea letti attentamente, e con piacere. Cod. CCVIII, CCXXV, CCXXVI, CCXXVII, CCXXX, CCLXXX.
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