Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11 - Edward Gibbon

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della letteratura ital.) ne hanno offerto uno specchio storico de' medici della Scuola Salernitana. Quanto al giudicare la teorica e la pratica della lor medicina, è tal bisogna che ai nostri medici sol s'appartiene.

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L'instancabile Enrico Brenckmann ha aggiunte sul finire della sua Historia Pandectarum (Trajecti ad Rhenum, 1722, in 4.), due dissertazioni, De Repubblica amalphitana e Da Amalphi a Pisanis direpta, fondate sulla testimonianza di cenquaranta scrittori; ma poi ha dimenticati i due importanti passi dell'ambasceria di Luitprando (A. D. 959), ove s'instituisce un parallelo fra il commercio e la navigazione di Amalfi e di Venezia.

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Urbs Latii non est hac delitiosior urbe,Frugibus, arboribus vinoque redundat; et undeNon tibi poma, nuces, non pulchra palatia desunt,Non species muliebris, abest probitasque virorum.Guglielmus Appulus, l. III, p. 267.

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Il Muratori pretende che i versi di cui parlasi, sieno stati composti dopo l'anno 1066, epoca della morte di Odoardo il Confessore, rex Anglorum, al quale sono indiritti. Le opinioni intorno a ciò, o piuttosto gli sbagli del Pasquier (Recherches de la France, l. VII, c. 2), e del Ducange (Gloss. lat.) non indeboliscono in modo alcuno le prove del Muratori. Già nel settimo secolo, era conosciuta l'usanza de' versi rimati; usanza tolta alle lingue nortiche ed orientali (Muratori, Antiquit., t. III; Dissertat., n. 40, p. 686-708).

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Esattissima ed assai poetica è la descrizione di Amalfi fatta da Guglielmo Pugliese (l. III, p. 267) co' seguenti versi, il terzo de' quali sembra alla bussola riferirsi:

Nulla magis locuples argento, vestibus, auro,Partibus innumeris: hac pluribus urbe moraturNauta MARIS COELIQUE VIAS APERIRE PERITUS.Huc et Alexandri diversa feruntur ab urbeRegis, et Antiochi. Gens haec freta plurima transit.His Arabes, Indi, Siculi nascuntur et Afri.Haec gens est totum prope nobilitata per orbem,Et mercando ferens, et amans marcata referre.

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Il nostro Autore appoggia forse questo calcolo ai riferti de' viaggiatori eruditi che nel principio del secolo decimottavo visitarono Amalfi (Brenckm., De rep. Amalph. Diss. 1, c. 23); l'Autore però della Hist. des Rep. Ital., nel vol. I, p. 304, ne porta la popolazione a sei o ottomila abitanti. (N. dell'Ed.)

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Latrocinio armigerorum suorum in multis sustentabatur, quod quidem ad ejus ignominiam non dicimus; sed, ipso ita praecipiente, adhuc viliora et reprehensibiliora dicturi sumus, ut pluribus patescat, quam laboriose et cum quanta angustia a profonda paupertate ad summum culmen divitiarum vel honoris attigerit. Così il Malaterra s'introduce a narrare il furto de' cavalli (lib. I, c. 25). Dal momento che questo autore fa menzione di Ruggero, suo mecenate (l. I, c. 19), Guiscardo, qual secondo personaggio, sol comparisce. Trovasi qualche cosa di somigliante nella condotta di Velleio Patercolo, Storico di Augusto e di Tiberio.

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Duo sibi proficua reputans, animae scilicet et corpori, si terram idolis deditam ad cultum divinum revocaret (Gioffredo Malaterra, l. II, c. 1). I tre ultimi libri di questo Storico son dedicati a narrare la conquista della Sicilia; e lo stesso Malaterra ha composto il Sommario esatto de' suoi Capitoli (p. 544-546).

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V. la parola milites nel Glossario latino del Ducange.

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Fra le altre circostanze curiose, o bizzarre, il Malaterra ne racconta che gli Arabi aveano introdotto in Sicilia l'uso de' cammelli, (l. 1, c. 33), e de' colombi messaggeri (c. 42); che il morso della tarantola produce una malattia quae per anum inhoneste crepitando emergit; fenomeno assai ridicolo cui soggiacque tutto l'esercito de' Normanni, accampato sotto la mura di Palermo (c. 36). Aggiugnerò una etimologia che non è indegna dell'undicesimo secolo. Messana è derivato di Messis, luogo d'onde le biade venivano dalla Sicilia inviate in tributo a Roma (l. II, c. 1).

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V. la capitolazione di Palermo nel Malaterra (lib. II, c. 45) e nel Giannone che parla sulla tolleranza generale conceduta ai Saracini (t. II, p. 72).

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Giovanni Leone Affricano (De medicis et philosophis Arabibus, c. 14, presso Fabricio, Bibl. graec. t. XIII, p. 278, 279). Questo filosofo nomavasi Esseriff, Essascialli, e morì nell'Affrica (A. E. 516, A. D. 1112). Tal denominazione ha molta somiglianza coll'altra Seriff al Eldrisi. Così chiamavasi chi offerse il suo libro (Geogr. nubiens.; V. la Prefazione, p. 88, 90, 176) a Ruggero re di Sicilia (A. E. 548, A. D. 1153; D'Herbelot, Bibl. orient. p. 786; Prideaux, Life of Mahomet, pag. 188; Petis de la Croix, Hist. de Gengis-kan, p. 535, 536; Casiri, Bibl. arab. hispan. t. II, p. 9-13), onde temo sia accaduto in ordine a ciò qualche equivoco.

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Il Malaterra parlando della fondazione de' Vescovadi (l. IV, c. 7) porta la Bolla in originale (l. IV, c. 29). Il Giannone, come istorico del paese, offre un'idea di questo privilegio e della monarchia di Sicilia (t. II, p. 95-102), e Saint-Marc (Abrégé, t. III, p. 217-301) discute una tale quistione con tutta l'abilità d'un giureconsulto siciliano.

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Nelle descrizioni della prima spedizione di Roberto contra i Greci, i miei autori sono: Anna Comnena (I, II, IV, V. libri dell'Alexiade), Guglielmo Pugliese (lib. IV e V, p. 270-275), e Gioffredo Malaterra (l. III, c. 13, 14-24, 29-39); essi erano contemporanei, e possono riguardarsi come autentici i loro scritti, avvertendo però, che niun d'essi fu testimonio oculare delle battaglie.

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Una di queste si sposò ad Ugo, figlio di Azzo, o Axo, marchese di Lombardia (Guglielmo Pugliese, l. III, p. 267), ricco, potente e nobile nell'undecimo secolo, e i cui maggiori il Muratori e il Leibnitz hanno scoperto appartenere al nono e decimo secolo. Le due famose Case di Brunswick e di Este derivano da due figli primogeniti del marchese Azzo. V. Muratori, Antichità Est.

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Anna Comnena loda e sospira con un po' troppo di libertà questo bel giovinetto, che le venne promesso in isposo quando fu sciolto l'altro contratto di nozze colla figlia di Guiscardo. Nel lib. I, pag. 23, ella dice che questo principe era αγαλμα φυσεως… Θεου χειρων φιλοτιμημα… χρυσου γενους απορροη un gioiello dalla natura… una bell'opera delle mani di Dio… una emanazione dell'età d'oro, ec. (p. 27). Ella descrive altrove il bianco e il vermiglio della pelle, gli occhi di falco ec. l. III, p 71.

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Anna Comnena (l. I, p. 28-29), Guglielmo Pugliese (l. IV, p. 271), Gioffredo Malaterra (l. III, c. 13, p. 579, 580). Più circospetto si mostra quest'ultimo; ma il Pugliese dice,

Mentitus se Michaelem

Venerat a Danais quidam seductor ad illum.

Si lasciò sorprendere da questa frode Gregorio VII; e il Baronio è quasi l'unico che la voglia sostenere qual verità (A. D. 1080, n. 44).

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Ipse armatae militia non plusquam MCCC milites secum habuisse, ab eis qui eidem negotio interfuerunt attestatur (Malaterra, l. III, c. 24, p. 583), e sono i medesimi che il Pugliese al l. IV, p. 273 chiama equestris gens ducis, equites de gente ducis.

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Εις τριακοντα χιλιαδας da trentamila, così si esprime Anna Comnena (Alexias, l. I, p. 37), e un tale calcolo concorda col numero e col carico de' navigli. Ivit in Dyrrachium cum XV militibus hominum, dice il Chronicon Breve Normannicum (Muratori, Scriptores, t. V, p. 278). Io mi sono adoperato a conciliare insieme queste diverse testimonianze.

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