Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11 - Edward Gibbon

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(Hist. nat. III, 6, 16) assegna QUINQUAGINTA miglia a questo brevissimus cursus, e indica la vera distanza da Otranto alla Vallona o Aulon (d'Anville, Analyse de sa carte des côtes de la Grèce, etc. p. 3-6). Ermolao Barbaro che sostituisce il vocabolo centum (Hardouin, not. 66, in Plin. lib. III) avrebbe potuto essere corretto da quanti piloti veneziani erano usciti di quel golfo.

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Infames scopulos Acroceraunia, Horat., Carmen 1 e 3. Vi è qualche poco di esagerazione nel praecipitem Africum decertantem aquilonibus et rabiem Noti, e nel monstra natantia dell'Adriatico; ma Orazio palpitante per la vita di Virgilio, è un esempio che ben comparisce nella storia della poesia e dell'amicizia.

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Των δε εις τον πωγωνα αυτου εφυβρισαντων insultavanlo per la barba (che gli mancava) (Alexias, l. IV, p. 106). Ciò nondimeno i Normanni si radeano la barba; i Veneziani la lasciavano crescere: di qui avrà avuta origine la mancanza di barba attribuita, poco felicemente per dir vero, a Boemondo (Ducange, Not. ad Alex., p. 283).

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Il Muratori (Annali d'Italia, t. IX, p. 136, 137), osserva che alcuni autori (Pietro Diacono, Chron. Casin. lib. III, cap. 49) fanno ascendere l'esercito de' Greci a censettantamila uomini, ma che si può levare il cento, lo stesso Malaterra indicandone soli settantamila; piccola svista! Il passo al quale fa allusione il Muratori trovasi nella Cronaca di Lupo Protospata (Script. ital. t. V, p. 45). Il Malaterra, (l. IV, 17) parla in termini, ampollosi, ma vaghi, di questa imperiale spedizione: Cum copiis innumerabilibus, e il Poeta Pugliese (l. IV, p. 272):

More locustarum montes et plana teguntur.

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V. Guglielmo di Malmsbury, De Gestis Anglor., l. II, p. 92. Alexius fidem Anglorum suscipiens, praecipuis familiaritatibus his eos applicabat, amorem eorum filio transcribens. Orderico Vitale (Hist. eccles., l. IV, pag. 508, l. VII, p. 841) racconta la partenza di questi profughi dall'Inghilterra e il modo onde presero servigio in Grecia.

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V. il Pugliese (l. I, p. 256). Ho già descritto nel capitolo LIV la storia e l'indole di questi Manichei.

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V. il semplice ed ammirabile racconto di Cesare (Comment. de bell. civil. III, 41-75). Gli è da deplorarsi che Quinto Icilio (il Signor Guichard) non sia vissuto a bastanza per far le note a questa parte di essi come le ha fatte alle azioni campali dell'Affrica e della Spagna.

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Παλλας αλλη και μη Σθηνη un'altra Pallade, ma non Minerva. Il presidente Cousin (Hist. de Constantinople, t. IV, p. 131, in 12) ha tradotto molto aggiustatamente «che combattea come una Pallade, benchè non dotta al pari di quella della Grecia». I Greci aveano composti gli attributi delle loro divinità di due caratteri poco fatti per accoppiarsi, quello di Neith, l'artigiana di Sais nell'Egitto, e quello di una vergine amazzone del lago Tritonio nella Libia (Banier, Mythologie, t. IV, p. 1-31, in 12).

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Anna Comnena (lib. IV, p. 116) ammira con una specie di terrore le maschili virtù di una tal donna. Queste erano più famigliari alle Latine, e benchè il Pugliese (lib. IV, p. 273) faccia menzione della presenza e della ferita della moglie di Guiscardo, affievolisce l'idea della sua intrepidezza:

Uxor in hoc bello Roberti forte sagittaQuadam laesa fuit: quo vulnere TERRITA nullamDum sperabat opem, se poene SUBEGERAT hosti.

Il vocabolo subegerat non è felice che trattandosi di una donna prigioniera.

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Απο της του Ρομπερτου προηγησαμενης μαχης, γινοσηων την προτων κατα των εναντιων ιππασιαν των Κελτων ανυποιστον dalla prima battaglia data da Romperto, conoscendo l'invincibile cavalleria de' Celti che primi combattevano nella fronte (Anna, l. V, p. 133) ed altrove και γαρ Κελτος ανηρ πας εποχουμενος μεν ανυπιστος την ορμην, και την θεαν εστιν poichè il Celta a cavallo è formidabile non che all'impeto, alla sola vista (pag. 140). La pedanteria adoperata dalla Principessa nella scelta delle denominazioni classiche ha incoraggiato il Ducange ad attribuire ai suoi compatrioti l'indole degli antichi Galli.

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Lupo Protospata (t. III, p. 45) dice seimila; Guglielmo Pugliese più di cinquemila (l. IV, p. 275): nel che è lodevole e singolare la lor modestia; era sì facile ad essi con un tratto di penna l'uccidere venti o trentamila scismatici, od infedeli.

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I Romani riguardando come nome di cattivo augurio il nome Epidamnus, gli sostituirono l'altro Dyrrachium (Plinio, III, 26), di cui il popolo avea fatto Duracium (V. il Malaterra), vocabolo che ha qualche somiglianza coll'altro, durezza. Durando era uno fra i nomi di Roberto, e veramente Roberto potea chiamarsi un Durando; giuoco scipitissimo di parole. (Alberic, Monach. in Chron., V. Muratori, Annali d'Italia, t. IX, p. 137).

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βρουχους και ακριδας ειπεν αν τις αυτους πατερα και υιον il padre e il figlio erano appellati bruchi e locuste (Anna, lib. I, pag. 35). Mercè tali comparazioni, tanto diverse da quelle di Omero, costei s'immagina inspirar disprezzo ed orrore contra il cattivo animaluzzo che appellasi conquistatore. Fortunatamente il comun raziocinio, ossia la comune irragionevolezza, ai lodevoli disegni della greca Principessa fan guerra.

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Prodiit hac auctor Trojanae cladis Achilles.

Virgilio nel libro secondo dell'Eneide (Larissaeus Achilles) aggiugne forza alla supposizione del Pugliese (l. I, p. 275), supposizione non giustificata dalle geografiche descrizioni che si trovano in Omero.

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L'ignoranza ha tradotto των πεδιλων προαλματα, (punte de' talari) Speroni; e questi impacciavano i cavalieri che combattevano a piedi (Anna Comnena, Alexias, lib. V, p. 140). Il Ducange ha dedotto il vero significato di queste parole da una usanza ridicola, ed incomoda, durata dall'undicesimo secolo fino al decimoquinto. I ridetti speroni, configurati a guisa di scorpione, aveano talvolta due piedi e una catenella d'argento che gli attaccava al ginocchio.

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Tutta questa lettera merita di essere letta (Alexias, l. III, p. 93, 94, 95). Il Ducange non ha intese le seguenti parole αστροπελεκυν δεδεμενον μετα χρυμαφις. Ho procurato di dar loro una interpretazione possibilmente plausibile: χρυμαφιου significa corona d'oro. Simone Porzio (in Lexico graeco-barbar.) dice che ασροπελεκυς equivale a κεραυνος, πρηστηρ, lampo.

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Intorno a questi principali fatti rimetto i leggitori agli storici Sigonio, Baronio, Muratori, Mosheim, Saint-Marc etc.

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Le vite di Gregorio VII sono o leggende, o invettive (Saint-Marc, Abrégé; t. III. p. 233; ec.), e i moderni leggitori non crederanno più ai suoi miracoli che ai suoi sortilegi. Nel Leclerc (Vie de Hildebrand, Bibliothèque ancienne et moderne, t. VIII) si trovano diverse nozioni instruttive a tale proposito, e molte dilettevoli nel Bayle (Dictionaire critique, Grégoire VII). Questo pontefice fu, non v'ha dubbio, un uomo sommo, un secondo Atanasio, in un secolo più fortunato per la Chiesa. Mi sarà egli lecito aggiugnere che il ritratto di Atanasio da me

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