Gli albori della vita Italiana. Various

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Gli albori della vita Italiana - Various

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Fiesole, presa e distrutta nel 1125. E perchè fu fatta questa guerra? Perchè, ci dice il Villani, Fiesole era divenuta il nido di tutti i cattani lombardi, cioè i conti che avevano, secondo lui, origine longobarda, e che veramente avevano la più parte origine germanica. In questo momento, in fatti, nel quale i messi imperiali sono a San Miniato, i signori feudali del contado si raccolgono intorno a loro, contro la Città, e nei documenti troviamo spesso che gli uni e gli altri sono chiamati Teutonici. La popolazione toscana s'era così come divisa in due. Da un lato si vede un partito germanico, feudale, imperiale; dall'altro le città, in cui erano principalmente gli artigiani, gli eredi del sangue romano, che rappresentavano il lavoro e l'industria, e divenivano ogni giorno più una forza, una potenza capace di misurarsi col partito imperiale. A Fiesole, per la posizione assai forte che essa aveva sul monte, resa più forte da una rôcca, s'erano raccolti molti di questi nobili feudali, e minacciavano la sottoposta Città; ne devastavano le campagne, ne impedivano il commercio. I Fiorentini perciò mossero all'assalto. Leggendo la narrazione, che di questa guerra ci dà il più antico cronista fiorentino, il Sanzanome, il quale era un notaio, par di leggere la descrizione d'una delle guerre fra i Romani ed i Cartaginesi. Egli ci presenta un Fiorentino, che si leva in mezzo al popolo e dice: Se siete veramente i figli di Roma, come pretendete, questo è il momento di mostrarlo. E subito dopo fu emanato un editto dai Consoli, che dichiararono la guerra. Si direbbe che il cronista fosse un erudito del secolo XV, tanto le idee, la coltura, la forma, i pensieri romani erano sin d'allora vivi in quella cittadinanza.

      Se dunque noi troviamo forme e tradizioni romane, prima che il Comune sia costituito, nella narrazione che descrive la prova del fuoco seguita nel 1068; se troviamo tradizioni e forme romane, quando il Comune si va costituendo, nella leggenda che descrive le sue origini; se troviamo forme e tradizioni romane nel primo cronista che descrive la prima grossa guerra, che fecero i Fiorentini, sempre a difesa del loro commercio, sempre contro i nobili feudali, ci deve esser lecito di concludere, che nelle sue mura stava il sangue romano di fronte agli avanzi delle tradizioni e del sangue germanico, raccolto nei castelli che l'accerchiavano, e che ritardarono la sua indipendenza. Ritardandola, non impedirono però l'incremento delle sue forze industriali, commerciali, militari, e così fu che quando morì la contessa Matilde, Firenze era già di fatto un Comune indipendente, sebbene tal non fosse ancora legalmente. E dopo ciò facilmente capiremo che, quando molti non vogliono in nessun modo persuadersi che la cosa sia così semplice, e vanno cercando astruse spiegazioni con grande dottrina, questa assai spesso serve solo a rendere difficili fatti che per sè stessi sarebbero assai facili.

      VII

      Ma qui occorre un'altra osservazione. Se questi concetti sono giusti, se veramente il Comune fiorentino è nato in tal modo, dovrebbe avverarsi quello che noi accennavamo sin dal principio, cioè che qualche luce essi dovrebbero gettare sugli avvenimenti posteriori, e ciò varrebbe anche a confermare la verità di quanto abbiam detto fin qui. Vediamo dunque se gli avvenimenti posteriori confermano le considerazioni finora esposte.

      Se noi apriamo il Villani, troviamo che il primo periodo della storia fiorentina è una serie di guerre continue contro i castelli. Il territorio era tutto incastellato, esso dice, ed i Fiorentini uscivano ogni primavera a combattere. Quale fu la conseguenza di queste guerre? I castelli vennero demoliti; ma i conti che li abitavano non si potevano uccidere; venivano quindi costretti a vivere in Città almeno una parte dell'anno, il che li sottoponeva alle leggi del Comune. Tutto ciò in sul principio non ebbe grande importanza; ma a poco a poco alterò la cittadinanza fiorentina, introducendovi un elemento feudale, che era nuovo, estraneo al Comune, ed aveva un'origine germanica, rappresentava una società nemica. Così dentro le mura si troveranno ben presto due società avverse, che non potranno vivere insieme: l'una dovrà distruggere l'altra; la guerra civile sarà inevitabile. Questi nobili hanno usi e costumi, tradizioni, educazione diversa assai da quella del popolo. Essi vengono, si asserragliano, si fortificano nei loro palazzi, che sono come castelli dal contado portati dentro la Città. Le stesse ragioni che costrinsero i Fiorentini a combattere i castelli nel contado, li costringeranno a combattere i nuovi palazzi fortificati, che sorgono dentro le mura. La guerra civile non ha origine dal fatto del Buondelmonti; non è conseguenza di odii e vendette personali; è una guerra fatale fra due razze, fra due civiltà, una delle quali non può vivere insieme con l'altra: bisogna che l'una o l'altra scomparisca dalla terra. Questa guerra non è una prova che le passioni individuali dominassero tanto in Firenze da prevalere su tutto; ma è invece una prova che i sentimenti di quegli artigiani erano talmente uniti, concordi e tenaci e che essi avevano una fede così profonda nei loro destini, che si apparecchiavano a combattere dentro la Città, quel nemico, che avevano combattuto fuori di essa.

      Giovanni Villani, il quale affermava che il fatto del Buondelmonti, nel 1215, aveva la prima volta diviso la cittadinanza di Firenze, dimenticava di averci precedentemente detto, che nel 1177 la guerra civile era già cominciata per opera dei grandi, cioè degli Uberti, che combatterono sin d'allora il governo consolare. Ciò prova che il fatto del Buondelmonti fu uno di quei tanti episodii, che seguirono spesso in tutti i Comuni del Medio Evo, ma non ebbe una vera importanza politica, perchè non fu causa, ma conseguenza della guerra assai prima incominciata.

      Noi abbiamo dunque un secondo periodo nella storia di Firenze, il quale è una lunga serie di guerre e rivoluzioni interne, che portano una serie di trasformazioni sociali e politiche del Comune. Vediamo da una parte i nobili col Podestà alla loro testa, dall'altra il popolo comandato dal suo Capitano. Scopo e fine di questa lotta è la totale distruzione del partito aristocratico, il che seguì nel 1293 con gli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella, i quali esclusero affatto i Grandi da ogni partecipazione al governo. Tutte queste rivoluzioni hanno di mira uno scopo costante, hanno un'origine comune, si seguono con un ordine determinato. Non è il caso che domina la storia di Firenze, è una legge storica, che risulta dai varii elementi, che costituirono la società fiorentina nel Medio Evo.

      Ma, finita che fu la prima serie di rivoluzioni, con gli Ordinamenti di Giano della Bella, non finiva perciò la guerra civile. Come i nobili del contado, demoliti che furono i loro castelli, non scomparvero affatto, ma entrarono dentro la Città; così, esclusi ora dal governo, non per questo scomparvero affatto, ma s'unirono ad una parte del popolo, cioè ai capi delle principali Arti, e si formò il partito delle Arti maggiori contro le minori, del popolo grasso contro il popolo minuto. Questo rappresentava ora la democrazia già avanzata, quello che oggi diremmo il partito radicale: era l'infima plebe, la quale non capiva, perchè essa, che aveva preso parte alle guerre civili contro i nobili, alle battaglie contro i castelli, dovesse rimanere esclusa dal governo. E quindi, se la prima guerra civile era cominciata per escludere i nobili dal governo, la seconda non fu fatta per escluderne il popolo grasso, ma perchè il popolo minuto voleva insieme con esso avervi la sua parte. E come nel 1293 vedemmo l'ultima conseguenza logica del primo periodo, così nel 1378, col tumulto dei Ciompi, abbiamo l'ultima conseguenza logica del secondo, ed il popolo minuto sale finalmente anch'esso al governo, rimanendo in continuo contrasto coi ricchi. La plebe sin dal principio eccedette nei suoi trionfi, ed allora comparvero sulla scena i Medici, i quali, appoggiandosi ad essa, con accortezza impareggiabile, s'impadronirono del governo. E così la Repubblica, dopo quasi un altro secolo di lotte, finalmente cadde.

      Questa storia fiorentina, adunque, non è un mistero, non è una serie di rivoluzioni sottoposte al caso; essa è invece chiara come una proposizione geometrica. Le sue rivoluzioni hanno una causa costante; il suo scopo politico è sempre lo stesso. Dal giorno in cui il Comune ha messo la prima pietra, noi possiamo, se studiamo quali sono gli elementi che lo compongono, determinare logicamente, prevedere sicuramente quali saranno le rivoluzioni, cui esso anderà soggetto. Sotto i Medici noi troviamo che sono scomparse le Consorterie, la cui distruzione era in fatti cominciata sin dal 1293. Troviamo che le Arti ancora esistono, ma hanno perduto ogni importanza politica; vediamo un governo forte, accentrato; una società che par quasi una società moderna. Una grande uguaglianza civile apparisce per tutto; non più classi, nè gruppi separati ed ostili; non titoli di nobiltà; non privilegi di alcuna sorte; dagli ultimi si può salire, a forza d'ingegno, ai supremi gradi sociali. Sotto un tale aspetto può dirsi che il Comune abbia raggiunto il fine cui aveva sempre mirato, abbia ottenuto un vero trionfo.

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