Vae victis!. Annie Vivanti

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Vae victis! - Annie Vivanti

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contro nessuno,» concluse Cecilia tagliando coi denti il filo, e spianando colla mano il bracciale ben cucito sulla manica del fratello.

      «Eh, sì, probabilmente contro nessuno,» fece eco Andrea, non senza un poco di rammarico nella voce. «Già, nessuno oserà mai invadere il nostro paese.»

      «Andiamo in giardino!» disse Jeannette.

—–

      Tale era l'anima del Belgio alla vigilia dello spaventevole suo fato. Senza dubbio, in alti lochi – nella Place Royale e nel Palais de la Nation – vi era chi vegliava in preda a febbrile angoscia, paventando e prevedendo l'immane calamità; ma per tutto il resto del paese non vi era che una certa irrequietezza quasi baldanzosa, un senso d'aspettazione risoluta.

      Nessuno dubitava che i sacrosanti diritti della nazione non verrebbero rispettati; ciò nonostante – si diceva – non era un male l'essere preparati a tutto. E il paese si mobilizzava e s'armava.

      Ma non v'era in quella dolce sera d'estate alcun serio allarme nei cuori; nessuno – dall'ultimo angolo del Lussemburgo, fino al più remoto casolare delle Fiandre – mirando tramontare quell'ultimo sole del luglio 1914 sui placidi campi di grano sognava che già nel crepuscolo stava a falce alzata la Morte, che già sulla soglia le nordiche belve appiattate e pronte al balzo fremevano, fiutando sangue.... Nessuno, nessuno sognava che di lì a quattro giorni su quelle ridenti vallate delle Ardenne l'orda delle jene germaniche sarebbe passata nel suo delirio di furore, nella sua frenesia di strage.

      .... Oh, ridenti vallate delle Ardenne!…

* * *

      Così, mentre nel villaggetto di Bomal, Chérie e Cecilia, Jeannette e Mirella correvano pel giardino soleggiato, a un lontano balcone di Berlino si affacciava in quell'ora stessa un uomo dalla barba grigia.

      Ai suoi piedi ondeggiava una folla convulsa e tumultuosa. Parlava, parlava l'uomo dalla barba grigia. E prometteva sangue alle jene.

      … Così, mentre le quattro soavi fanciulle progettavano sorridenti la festa che avrebbero fatta il quattro d'agosto, da quel balcone sulla Wilhelmstrasse veniva pronunciata la sentenza che determinava il loro fato e il fato dell'Europa.

      «… Inviteremo Lucilla, Cricri e Verbena,» diceva Chérie.

      «Distruggeremo quanti si porranno sulla nostra via!» gridava l'uomo sul balcone.

      «… Faremo musica,» diceva Jeannette.

      «Abbatteremo su loro il nostro pugno di ferro,» diceva l'uomo sul balcone.

      «… E balleremo,» rise Mirella.

      «E il nostro calcagno ferrato li schiaccerà,» disse Von Bethmann Holweg.

—–

      E le Jene Grigie ulularono.

      III

Dal diario di Chérie

      Oggi è il primo d'agosto. Fra tre giorni avrò diciott'anni.

      A diciotto anni, dice Luisa, si è una vera signorina. Non si portano più le treccie per le spalle; anzi, io mi pettinerò come Cecilia: tutti i capelli raccolti in cima al capo con un grande pettine spagnuolo! A diciott'anni si può anche portare dei gioielli, quando se ne hanno; e si può mettersi del profumo, e pensare: chi mai amerò?....

      Cecilia mi dice che stamattina ha veduto passare Florian Audet. Era a cavallo, alla testa del suo squadrone di Lancieri. Ritto in sella, così bello e severo, pareva Lohengrin, dice lei. Forse quest'anno, con tutto questo trambusto di manovre e di mobilitazione, egli non si ricorderà della mia festa.... Chissà?

      Oggi fa molto caldo.

      Non abbiamo alcuna notizia di Amour. Povero Amour! Che cosa gli sarà accaduto? Siamo molto rattristate pensando alla sua sorte; e stanotte Mirella è venuta in camera mia a dirmi che non poteva dormire per il pensiero di certi schiaffi che gli aveva dato quando non se li meritava.

—–

      Più tardi. – Claudio scrive che il suo reggimento ha ricevuto l'ordine di recarsi a Mons. Dice che è possibile – ma non probabile – una invasione del nostro paese. Ci raccomanda, qualsiasi cosa accada, di essere molto calme e coraggiose.

      All'idea di dover essere calme e coraggiose ci siamo talmente spaventate che non sappiamo più dove dar della testa. Ogni qual volta il campanello suona, ci figuriamo che è il nemico che arriva, e ci mettiamo tutte a strillare.

      (Sentenza da ricordarsi: Non dire mai a nessuno di aver coraggio perchè questo mette paura).

—–

      2 Agosto. – Altra giornata torrida. Ah, se si fosse a Westende! Com'era bello laggiù quando si andava in bicicletta sulla sabbia nel vestito da bagno. Un giorno, ricordo, io arrivai fino all'Yser. L'Yser è un grazioso canale azzurro che separa Westende da Nieuport; sulla sponda del canale sta un uomo con una barca che vi traghetta a Nieuport per dieci centesimi. (Veramente io quel giorno non volevo affatto andare a Nieuport, poichè ero vestita da bagno. D'altronde, non avendo tasche, non avevo neppure i dieci centesimi).

      Mi pare di non scrivere delle cose di grande importanza in questo mio diario. Me lo ha regalato mio fratello Claudio dicendomi che non lo riempissi di futili sciocchezze. Ma cosa scriverci? Qui, di fatti importanti non ne accadono mai.

      Non vi è nessuna notizia di Amour.

      La Germania ha dichiarato la guerra alla Russia. (Ecco, questo sarebbe un fatto importante, ma mi pare più una notizia da giornali che una cosa da mettere nel mio diario.)

      Lulù afferma che la Germania ha tutti i torti, ma noi, essendo neutrali, non dobbiamo dirlo.

—–

      Più tardi. – Questo pomeriggio – essendo oggi domenica – andremo a fare una gita. Si va con Frida a Roche-à-Frêne a girovagare tra le rocce. Verrà forse anche Lulù; e Fritz ci seguirà con un cesto di sandwich, latte e frutta. E' stata Mirella a suggerirlo. Ha detto stamattina a colazione: «Mammà! Adesso mi pare che siamo stati tristi abbastanza. Abbiamo pianto e strillato tutto ieri e ier l'altro. Oggi si potrebbe andare in escursione a Roche-à-Frêne.»

      Mirella è intelligentissima; e sarebbe anche bella. Peccato che abbia i capelli che non si arricciano.

—–

      Sera, tardi. – Siccome niente d'importante è avvenuto quest'oggi – eccettuata una sola cosa – descriverò in questo diario la nostra escursione.

      (Dirò subito la cosa importante: abbiamo veduto Florian e mi ha promesso di venire senza fallo a trovarci il giorno della mia festa.) Ora dunque parliamo della gita. Eravamo quasi allegre dopo essere state così tristi e spaventate in questi giorni passati a causa della guerra. Anche Lulù disse che era difficile pensare ad avvenimenti spaventosi con un sole così gaio e un cielo così bleu.

      Frida per tutta la strada fu arcigna e silenziosa, e continuamente rallentava il passo per stare dietro a noi e vicino a Fritz. A proposito: Lulù ci disse che se il contegno della Germania non fosse corretto tutti i tedeschi sarebbero espulsi dal Belgio.

      Questo vorrebbe dire che anche Frida se ne andrebbe. Se così fosse non ce ne dispereremmo. Essa è assai cambiata da qualche tempo in qua. Non risponde quando le si parla; quando scherziamo e ridiamo tra noi, essa ci guarda fisso coi suoi occhi tondi e vitrei, che sembrano, dice Mirella, quelli di un gatto randagio nella notte.

      «Guarda Frida che fa il gatto crepuscolare,» dice Mirella ad ogni istante.

      Questa

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