Vae victis!. Annie Vivanti
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Читать онлайн книгу Vae victis! - Annie Vivanti страница 8
Adesso che ci penso, anche gli undici non si compiono che una sola volta nella vita. Mi ricorderò di dirlo anch'io il giorno del mio compleanno; ho visto che mammà se ne è molto commossa....
Così scriveva Mirella seduta al tavolo in sala da pranzo; e il suo atteggiamento – dalla testa molto inclinata sull'omero, alla punta della lingua sporgente e moventesi lentamente da un angolo all'altro della sua piccola bocca socchiusa – dinotava accuratezza e diligenza.
Dietro a lei la porta s'aprì senza grande strepito e Fritz s'affacciò per un istante. Guardò intorno, poi richiuse la porta e stette in ascolto sul pianerottolo; si udivano indistintamente dalla camera da letto le voci sommesse di Luisa e Chérie.
Fritz salì rapido al secondo piano e girò la maniglia della stanza di Frida. Era chiusa a chiave.
«Apri la porta,» comandò.
Frida obbedì. Non era la prima volta ch'essa apriva la sua porta a Fritz.
«Come parli forte,» susurrò ella in tono di rimprovero; e richiuse a chiave l'uscio. «Forse ti avranno udito.»
«E quand'anche?» disse Fritz. «Udranno ben altro.» Sedette ed accese una sigaretta. «Ah, ecco! Da due anni faccio il servitore qui. Da domani in poi diventerò il padrone.»
«Da domani!» balbettò Frida impressionata. «Ma che cosa dici?»
«Dico che ci siamo! Ci siamo finalmente!» esclamò Fritz, e il suo sguardo si levò lucido e feroce, verso la finestra aperta al cielo d'occaso.
Già da tempo il sole tondo e rosso – il gran sole d'agosto – era tramontato, ma il giorno s'indugiava ancora come se gli dolesse di finire. Là dove il cielo era più chiaro esso portava nel seno la falciuola scolorita della luna nuova, come una pallida ferita per la quale il giorno dovesse morire.
«Ci siamo, ci siamo!» ripetè Fritz. «E tu tienti pronta alla partenza.»
In quel giorno stesso l'uragano s'era già scatenato sull'Europa. Le Jene Grigie si riversavano sul Belgio dal Sud-Est. A Dohain, a Francorchamps, a Stavelot l'orda cenerognola s'avanzava inesorabile, onda su onda, spargendo intorno la violenza e la morte.
Ma i cannoni non parlavano ancora. Nel villaggetto di Bomal, discosto appena una ventina di miglia, nulla se ne sapeva; e Luisa appuntando una rosa nelle treccie lucenti di Chérie diceva: «Domani penseremo alla guerra.»
Chérie la baciò e rise. Rise, ma con gli occhi un poco pensierosi, mentre mirava nello specchio la sua graziosa imagine. Poichè la giornata, di un azzurro insolente, svaniva in una serata d'azzurro tenue – e Florian Audet non aveva ancora mantenuto la sua promessa.
Forse, pensò Chérie, il suo battaglione ha ricevuto ordini di lasciare l'accampamento sulla Mosa; forse egli è stato mandato alla frontiera. Sospirò. Ah! s'ella avesse potuto rivederlo ancora!… Se avesse almeno potuto dirgli addio!…
Ma ecco entrare a colpo di vento la piccola Mirella, simile a un petalo di fior di pesco nel vestitino di seta vermiglia. «Vieni, vieni, Chérie! Hanno suonato alla porta!»
E poichè non c'era nessuno che potesse andare ad aprire – Maria e Marietta erano partite, Frida stava chiusa in camera sua, e Fritz era sparito – le due fanciulle scesero correndo ad aprire la porta a Lucilla e a Cricri, radiose entrambe nelle loro vesti di mussola cilestrina. Presto arrivarono anche Cecilia e Jeannette, e poi Verveine, coi brevi riccioli al vento – e tutte insieme colle bianche braccia intrecciate e le chiare gonne ondeggianti salirono alla sala da musica.
Verveine sedette al pianoforte, e le altre danzarono cantando:
«Sur le pont
«D'Avignon
«On y danse,
«On y danse,
«Sur le pont
«D'Avignon
«On y danse,
«Tout en rond
Attraverso le finestre spalancate le voci ridenti si spandevano nella mite aria serale; e un giovane soldato a cavallo che passava al galoppo per la strada silenziosa del villaggio udì la canzone ancor prima di giungere alla porta del dottor Brandès. Era Florian Audet che veniva a mantenere la sua promessa.
Egli saltò a terra, e gettando la briglia sopra una punta della piccola cancellata, suonò il campanello. Fu Luisa che scese ad aprirgli la porta.
«Ah, Florian,» esclamò lieta, «come sarà felice Chérie —» ma in quell'istante la luce dal corridoio battè in pieno sul viso del giovane, ed essa lo vide livido e stravolto. «Che cosa c'è?» chiese, abbassando la voce.
«Devo parlarvi!» rispose Florian, traendola in casa; entrò con lei nello studio del dottore e chiuse la porta. Luisa sentì d'improvviso come una gran pietra caderle sul cuore.
«Florian! dimmi… che cosa è accaduto? Vi sono notizie peggiori?»
«Le peggiori possibili,» disse il giovane. Indi i suoi occhi stupiti errarono sopra la graziosa figuretta che gli stava di fronte. «Si può sapere perchè siete vestita così?» Il volto gli si contrasse in un sorriso d'amara ironia. «Cosa c'è? Un ballo?»
«Ma no, Florian…» balbettò Luisa. «Ma sai pure che è la festa di Chérie…»
«Sur le pont d'Avignon
«On y danse, on y danse....
cantavano di sopra le voci giovanili.
Florian si coprì gli occhi. «Mio Dio,» mormorò… «Quanta incoscienza! E come faccio io a lasciarvi – come faccio?» Indi alzando lo sguardo vide gli occhi spauriti di Luisa che lo fissavano, e le prese la mano.
«Marraine,» disse. «Voi sarete coraggiosa – non è vero? E' meglio che io vi dica come stanno le cose.»
«Sì, Florian,» disse Luisa tenendo gli occhi fissi su di lui mentre il colore le spariva a poco a poco dal volto, lasciandolo di un pallore latteo.
«Ebbene – il paese è invaso ad ogni punto. Vi è già stato uno scontro a Verviers.»
«A Verviers!» gridò Luisa.
«Sì. E a Fleuron!»
Vi fu un silenzio.
Quindi Luisa domandò, quasi afona: «Che cosa… che cosa accadrà? Cosa significa questo per il nostro paese?»
«Significa rovina e strazio,» mormorò Florian a denti stretti. «Significa violenza, strage e devastazione.»
Luisa fu presa da un tremito convulso e si lasciò cadere su una seggiola. Florian girò su e giù per la stanza. «Teniamo ancora Visé,» mormorò soffermandosi. «Lo teniamo contro Von Emmich e le sue jene infernali!… E quando non potremo più tenerlo faremo saltare il ponte della Mosa.»
Luisa ebbe un singulto; poi alzò gli occhi – i grandi occhi che parevano macchie d'inchiostro nella faccia scolorita. «Florian! Credi – credi possibile che.... costoro vengano qui?»
«Tutto