Due. Eva Forte

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Due - Eva Forte

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ascoltare dalla sua voce. Gli occhi le diventano lucidi, per la prima volta da quando mio padre è morto vedo in lei la malinconia della solitudine e dell'assenza e mi accorgo che bisogna veramente fare tesoro di questi momenti insieme, per ricordarli per sempre, registrandoli nella memoria sperando che si possano però riproporre in eterno. Dopo aver preso la busta preparata con la pasta appena fatta, un pezzo di ogni dolce e con le uova fresche e le verdure del nostro orto, torno indietro sulla mia strada verso la macchina. Il vento ormai si è affievolito e il sole ancora più alto mi riscalda il volto.

      

      

      Cominciano a sentirsi i primi profumi del pranzo, in qualche casa stanno arrostendo i peperoni, da una finestra aperta arriva quello di una torta appena tirata fuori dal forno e tutto il paese partecipa di questi odori che si mescolano gli uni con gli altri in una bellissima alternanza che solo i piccoli centri possono regalare ai visitatori. Mi fermo dal fornaio per prendere la pizza bianca, sempre calda e appena sfornata. So che mi pentirò di questo acquisto, ogni volta che la mangio mi sento male perchè molto ben condita e leggermente pesante, ma senza averla mangiata non mi sembra di essere stato qui, tra le piccole montagne laziali. A rompere questa mia beatitudine, fatta di mani unte di olio e con la bocca soddisfatta grazie alla pizza e al sale grosso, lo squillo del cellulare che mi fa trasalire e spezza l'incantesimo. La prossima volta devo ricordarmi di spegnerlo. Come un equilibrista, riesco a tirarlo fuori dalla tasca del giaccone, senza far cadere la pizza e riuscendo a non rompere le uova incartate nel giornale, dentro la busta. Sullo schermo vedo la foto della mia ex, Lucia, ma appena faccio per rispondere, smette di squillare. La richiamerò più tardi. Con lei ho passato gli anni più belli della mia vita, in una sincronia unica per sei anni, fino a quando ha accettato un lavoro all'estero e io mi sono rifiutato di seguirla. Li mi sono accorto che non era poi il grande amore che credevamo, una presa di coscienza comune a tal punto da farci rimanere molto legati ancora oggi. In questi giorni è tornata in Italia e così ci sentiamo più spesso del solito e non solo con messaggini e e-mail. Rivederla è sempre molto bello, per qualche istante ho anche pensato di aver fatto male ad averla lasciata andare via, ma poi mi sono reso conto che era solo un fatto puramente egoistico e così ora ho accettato la nostra amicizia a distanza, che si rafforza ogni giorno di più. Questa sera ci vedremo, finalmente soli per raccontarci faccia a faccia di quest'ultimo anno passato lontani.

      

      

      Salgo in macchina e dopo aver sistemato la busta sul sedile posteriore, riparto alla volta della Capitale, con i polmoni pieni di aria pulita e le scarpe sporche di terra. Oggi avrei veramente voglia di rivederla, ma so benissimo che dovrò aspettare a domani mattina per il nostro consueto scambio di sguardi. Durante il tragitto richiamo Lucia e le racconto della mia mattinata campestre, ci diamo l'appuntamento per la sera e mi saluta dicendomi che ha una bella novità da raccontare. Il suo tono di voce è pieno di entusiasmo, sembra una bambina davanti all'albero di natale pieno di doni tutti per lei. Forse tornerà in Italia? L'idea mi fa ben sperare e comincio a farci l'idea a riaverla nuovamente vicina a me, anche lavorativamente parlando. Siamo tutti e due fotografi free lance, o meglio io lo sono ancora mentre lei ora lavora per una famosa rivista patinata di fotografia in Francia. Quasi alle porte di Roma mi fermo per fare qualche scatto alle balle di grano ben distanziate sulle distese di terra tutte intorno all'autostrada, approfittando di una piccola area di sosta dove poter fermare la macchina. Viene voglia di scavalcare la staccionata e correrci intorno, fino a buttarsi lunghi in terra a prendere un po' di quel sole che trasforma il grano in fili d'oro. Sarebbe piacevole rimanere con la schiena sull'erba appena tagliata per poi ti alzarsi pieni di pezzi di paglia incastrati tra i capelli. In lontananza due cavalli proprio davanti al sole permettono qualche scatto più vivo: sembra proprio che stiano correndo dentro i suoi raggi, viene quasi paura che si brucino e che il loro correre avanti e indietro sia una sfida contro quella palla infuocata. Poi scompaiono all'orizzonte e il sole perde il suo aspetto che incute timore e torna ad essere solo lo sfondo di uno scenario da innamorati. Perso in mille pensieri e poche foto scattate, mi accorgo di essere in ritardo sulla tabella di marcia e così, mio malgrado, devo tornare nella grande città, per essere fagocitato negli impegni pomeridiani prima di arrivare al tanto atteso appuntamento serale.

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      

      CAPITOLO 2

      Sguardi al bar

      

      

      La sveglia suona come ogni mattina quando ormai sono già con gli occhi aperti da almeno un quarto d'ora a crogiolarmi nel letto sentendo il primo fresco della mattina che si infila sotto al piumone di piume d'oca. Un piccolo momento tutto per me per pensare a come andrà la giornata, anche se negli ultimi mesi il primo pensiero va a lui. Assurdo pensare come prima cosa in assoluto a un completo sconosciuto, che ormai però fa parte della mia quotidianità. Sono talmente presa da questa persona che tutti i preparativi sono incentrati su di lui, per cercare di capire cosa gli possa piacere e come attirare la sua attenzione. In finale è solo questo che voglio, attirare l'attenzione del mio uomo misterioso, fermando tutto a questo primo approccio sperando che niente vada mai oltre rischiando di rovinare questo magico momento della prima mattina. Al nostro bar, dove ci vediamo ogni giorno sempre alla stessa ora, mi siedo sempre nel medesimo posto, rivolta verso il bancone per poterlo vedere bene. Lui sa che sono li, e il primo sguardo appena arriva è sempre per me.

      

      

      Mi alzo, piedi scalzi e camicia da notte sulle ginocchia anche d'inverno, per sentire la freschezza delle lenzuola insieme al calore della coperta. Anche il cuscino, rigorosamente profumato di ammorbidente, deve essere sempre fresco e così, finché non mi addormento, lo rigiro appena si scalda un po' con il calore del corpo per riavere sulle guance quella sensazione rigenerante che solo il freddo può dare. Prima di fare la doccia riscaldo il piccolo bagno secondario, la stanza tutta mia dove non entra mai nessun altro all'infuori di me. Il mio piccolo rifugio curato nei minimi particolari, con tanto di musica in filo diffusione e doccia con cromoterapia. Preparo la mia playlist

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