Scherzi Delle Fiabe. Marco Fogliani
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La signora di sopra sembrava intendersene dell’argomento, e diede anche qualche consiglio sul modo migliore per lavarlo e pulirlo. Forse in cuor suo ella sperava che il tappetino non fosse caduto da uno dei terrazzi soprastanti, ma che fosse piovuto dal cielo, in modo da poterselo tenere. Invece si accontentò di una buona tazza di tè e di dimostrare a una sconosciuta la sua competenza sull’argomento e la sua onestà.
Avevo fatto una marachella e mi meritavo di essere punito. E poi mi ero preso un po’ di polvere: quindi era doppiamente giusto che fossi sculacciato ben bene col battipanni. Non era proprio il caso di rilavarmi dopo quello che aveva detto quella signora. (Una vera intenditrice: forse con lei mi sarei trovato meglio.)
Però avevo ricevuto un sacco di complimenti, e continuo tuttora a riceverne ogni volta che arriva un nuovo ospite.
L’unico dispiacere è che ho meno possibilità di giocare con Giorgio, per diversi motivi. Intanto perché raramente lo lasciano venire in salone; e poi perché spesso mi trovo addosso le zampe di un tavolino. Già, hanno preso questa provvedimento dopo che per un paio di volte mi hanno trovato nella sua stanza a giocare con lui. Ma per il resto, il nostro affiatamento e la voglia di giocare insieme non sono cambiati.
In quanto a quella coperta della nonna che dicevano fosse così bella, non ne ho più sentito parlare né ho avuto più modo di vederla o incontrarla; per quanto, ora che anche i miei meriti vengono riconosciuti, non avrei più alcun motivo di esserne geloso.
IL GENIO DELLA PENNA
Adesso il camioncino era vuoto davanti al capannone, e stavamo portando dentro gli ultimi scatoloni.
Ormai si era al tramonto ed io, Filippo e mio figlio Alfredo eravamo accaldati e impolverati dopo tutta la fatica del pomeriggio. Prima lo sgombero della soffitta di un vecchio palazzo, con pochi piani ma soffitti alti e niente ascensore. Poi - iniziando dai mobili e proseguendo coi bauli e gli scatoloni - caricare il furgoncino troppo piccolo per le effettive necessità. Ma la sistemazione riesce sempre quando si ha tanta pazienza, esperienza e voglia di evitare viaggi inutili, viaggi che sembrano ogni giorno di più la traversata di mari agitati. Infine, scaricare i mobili nel capannone di fianco (MOBILVecchi Armando snc), e il rimanente da noi.
“Ormai sarei troppo vecchio per queste fatiche, che pure ho assiduamente frequentato per tanti anni. Per fortuna che adesso mio figlio Alfredo è grande e grosso, e la voglia di lavorare non gli manca. E poi studia ragioneria, che può essere d’aiuto nel portare avanti una piccola azienda; anche se, come si dice, val più la pratica della grammatica.”
Era il tramonto; ma quella sera, tra queste riflessioni, intravedevo un poco di tramonto anche nella mia vita. Sentivo di dover lasciare in eredità ad Alfredo qualcosa di più, svelando a lui per primo ed unico i miei segreti del mestiere. In fondo, ormai, era il pilastro dell’azienda, il presente ed il futuro, e su di me tra un po’ non si sarebbe più potuto contare molto.
Così, dopo aver dato a Filippo il suo e congedatolo (col signor Vecchi avevo già regolato i conti), ho voluto trattenere Alfredo. Sapevo che era sporco e sudato, e che non vedeva l’ora di farsi una doccia e sdraiarsi a riposare. Sapevo anche che forse era indietro coi compiti e con lo studio, e che l’indomani a scuola sarebbe stato redarguito per lo scarso impegno. Eppure la faccenda, questa specie di testamento, mi sembrava molto importante sia per la mia vita che per il suo futuro.
“Vieni Alfredo: voglio mostrarti alcune cose”.
Così siamo entrati nel capannone, ed ho cominciato a vuotare uno dei sacchi sul nostro piano di lavoro. Il resto del locale cominciava a precipitare nell’oscurità, e solo noi col nostro tesoro multiforme tenevamo desto l’interesse dell’unica lampadina accesa e penzolante dal soffitto.
“Tu ormai sai tenere la contabilità, registrare le entrate e le uscite e valutare se gli affari vanno bene o vanno male. Ma è ancora più importante capire qual è il giusto valore di ogni cosa.”
Lui non sembrava particolarmente interessato.
“Prendi per esempio il contenuto di una soffitta. Per un vecchio che ha trascorso tutta la vita in quella casa, ogni oggetto ha il valore inestimabile dei suoi ricordi. Non la vorrà certo vendere, se non costretto: sarebbe come perdere la memoria. Ma se poi passa a miglior vita e gli eredi devono svuotarla per ridipingerla e rivenderla, allora il contenuto della soffitta diventa un intralcio e perde quasi ogni valore.“
“Quello che voglio dire è che il valore non dipende tanto dall’oggetto, ma dalla persona che se lo trova davanti. Perciò, più che trovare la roba giusta da comprare e rivendere, occorre trovare le persone giuste da cui comprare e a cui rivendere.”
Non so se avesse qualche perplessità o semplicemente si aspettasse maggiore concretezza dalle mie parole.
“Non dico che non dobbiamo contribuire ad aumentare il valore della merce. Anzi, possiamo fare molto in questo senso. A volte basta pochissimo: guarda qui.”
Rovistai un attimo tra gli oggettini sul tavolo, cercando un esempio di quello che volevo spiegargli. Trovai una scatolina di metallo opaca che faceva al caso mio.
Presi i miei attrezzi per la lucidatura e ci lavorai con energia per pochi secondi. Non sembrava più la stessa.
“Vedi come con poco è diventata più nobile, più desiderabile?”
Il mio discorso avrebbe dovuto continuare evidenziando l’importanza di tenere sempre aggiornato e ben documentato il nostro catalogo (aiutati anche da un buon fotografo); e soprattutto l’importanza di saper riconoscere età, stile, materiale, ed altre caratteristiche di un oggetto o di un mobile. Purtroppo mio figlio, con mio dispiacere, non ha mai mostrato particolare interesse al riguardo.
E poi avrei proseguito con le mie idee su come farmi pubblicità (aprendo al pubblico periodicamente; organizzando mostre a tema, anche itineranti; partecipando a fiere ed esposizioni; realizzando filmini specializzati; aprendo un sito internet); il tutto per selezionare i migliori acquirenti. Ma siccome ormai si era fatto tardi, conservai questi argomenti per il viaggio di ritorno. Volevo solo dargli un ultimo esempio pratico su come con l’attenzione e l’esperienza si possa scoprire quello che ad altri passa inosservato.
“A volte puoi trovare, nascoste sotto la patina del tempo, della sporcizia o dell’inattività, oggetti di valore intrinseco che ad occhi meno esperti sono sfuggiti. Ad esempio pezzi d’argento.”
Rovistai di nuovo nel mucchio, sicuro che avrei trovato qualcosa di più prezioso di quanto sembrasse.
“Questa vecchia penna stilografica, per esempio, ha delle parti in oro, me lo sento.”
Ripresi il mio occorrente per la pulizia ed iniziai a strofinare. Ma mentre strofinavo, in particolare armeggiando attorno al pennino, ebbi una strana sensazione: come se la penna fosse animata da un movimento interno, qualcosa come un motorino elettrico che vibrava. Disorientato, ed anche un po’ spaventato, la lasciai cadere dalle mani. Pensai di smontarla per vedere cosa ci fosse dentro. Noi robivecchi ogni tanto ci imbattiamo in alcuni abitatori delle soffitte. Ce ne sono di diversi tipi e di diverse grandezze; e anche se non mi era ancora capitato di trovarne uno che si fosse insediato in una penna stilografica, questa al momento mi sembrava la spiegazione più probabile.
Appena