Scherzi Delle Fiabe. Marco Fogliani

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Scherzi Delle Fiabe - Marco  Fogliani

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caffettiera.” Guardò nelle pagine vicine, e anche nell'indice, ma di una vecchia caffettiera non si parlava da nessuna parte. E certo non fece caso neanche al fatto che, verso la metà del libro, alcuni numeri di pagina risultavano saltati; ma poteva essere benissimo un errore di stampa.

      E fu così che anche il terzo desiderio della caffettiera si avverò: in tutto l'universo non rimase traccia di quella storia. Quei pochi che la conoscevano se la dimenticarono, e nessuno se la ricordò più – tranne ovviamente io che la sto scrivendo, e voi pochi fortunati che ne state leggendo!

      STORIA DI UN MANICHINO

      “Ciao Gustavo. Gustavo!”

      Gustavo, nella sua bottega di falegname artigiano, se ne stava concentrato in un angolo, seduto, con la sua tipica scoppoletta di traverso sulla pelata rosa. Era impegnatissimo attorno alla sua nuova creazione, un gruppo di santi in contemplazione della Madonna in cielo: o almeno così sembrava.

      “Sveglia! Neanche il profumo dei funghi porcini riesce più a distrarti. E anche il tuo mitico fiuto per il buon vino ha fatto cilecca, stavolta.”

      “Niente affatto.” Gustavo, quello vero, si affacciò con la pelata scoperta dalla porta del retrobottega. “Ho sentito i funghi appena sei entrato.”

      “Che scherzi sono mai questi? Chi si sta dedicando alla tue sculture, e chi volevi imbrogliare? Una donna, scommetto.”

      “E’ un manichino”, disse il visitatore dopo una breve pausa per osservare con maggiore attenzione. “Un maledetto manichino di legno. E magari è opera tua.”

      “Sono io stesso, non vedi? Ha i miei stessi interessi, le mie stesse misure. Gli manca solo lo spirito, l’anima, la capacità di esprimersi e di muoversi. Anzi, per muoversi si muove bene quanto me, anche se non da solo.” Lo prese per un braccio e gli fece dare un saggio della sua mobilità e abilità. Prima un saluto militare; poi un saluto romano ed uno con pugno chiuso. Poi proseguì inaspettatamente con un espressivo repertorio di gesti napoletani.

      “Non ha nemmeno quel mio problemino alla caviglia destra.”

      Si trattava di uno di quei manichini snodati che usano i pittori per aiutarsi nel raffigurare le persone. Era a grandezza naturale.

      “Adesso gli farò una compagna fedele, così almeno in questo sarà meglio di me. Poi ci manca solo l’intervento divino, l’alito vitale.”

      

      

      Già. Quando arriva l’alito vitale? Perché alcune cose sono vive ed altre no? E cosa le fa vivere?

      Queste domande non hanno risposte semplici, sempre che ne abbiano una. Però io so che alcuni oggetti sono capaci di suscitare, nelle persone che li guardano, tali e tante emozioni - in altre parole dei flussi vitali - per cui si può dire che siano un poco vivi essi stessi. Questo sosteneva il mio primo maestro nonché autore, Gustavo, il cui nome e cognome potete leggere qui incisi sul mio braccio destro. Questo lui intendeva per arte. E non per vantarmi, ma Gustavo era a detta di tutti un artista, più che un falegname.

      Non lo potrete certo giudicare da un manichino come me, per quanto mi abbia costruito con tanta attenzione, studiando e provando tutte le mie articolazioni e i miei meccanismi; e sebbene mi abbia levigato e rifinito con cura perché fossi la sua immagine “corporea” ed “immortale” allo stesso tempo. Voleva che qualcosa di sé, ma di infimamente inferiore a sé, rimanesse dopo la sua morte, e dedicasse la sua umile esistenza all’arte, così come lui voleva dedicargliela.

      No, l’artista non si riconosce da un manichino snodato, come oggigiorno ne fanno tanti in serie; né dagli astrusi contorcimenti mentali che può escogitare sui temi dell’arte e della vita. L’ho riconosciuto dal volto di tutti coloro che, entrando nel suo laboratorio, hanno ammirato le sue Crocifissioni, le sue Pietà e tante altre sculture sacre. L’ho riconosciuto dal suo disinteresse per il denaro, la fama e tante altre cose che interessano i più. L’ho riconosciuto dalla sua preoccupazione che ogni pezzo della sua vita, e quindi principalmente le sue opere, fossero collocate “al posto giusto”, quello per cui erano nate e per cui erano state pensate dalla Mente dell’Universo.

      Vi posso dire che si era messo in testa che una certa sua scultura dovesse adornare il secondo altare della navata destra della nostra parrocchia, quello dedicato a Sant’Antonio. Non ci sono stati santi per fargli cambiare idea. Né un ricco signore di città, che gli aveva offerto parecchi soldi per avere quell’opera nella sua cappella privata; né il parroco stesso, che trovava l’altare principale più consono a tanta bellezza.

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