Morrigan. Laura Merlin
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â¹â¹Tu sei la terza divinità , devi aiutarci a sconfiggere chi ci sta togliendo tutte le libertà âºâº. Il suo tono era disperato. â¹â¹Lui ti sta cercando per ucciderti, perché sa che senza te il potere di Morrigan non può venire alla luceâºâº.
Mi girava la testa, non riuscivo a capire più niente.
Il flusso dei pensieri si bloccò di colpo e decisi che dovevo saperne il più possibile. â¹â¹Cosâè il potere di Morrigan? Non riesco a capire, cosa devo fare? In che modo potrei salvarti?âºâº.
â¹â¹Ci sarà il tempo per spiegare ogni cosa quando ci raggiungeraiâºâº. La sua voce assunse un tono grave. â¹â¹Il tuo tempo sulla terra è ormai finito. Devi unirti a noi, Sofiaâºâº.
Lâaltra me spalancò gli occhi allâimprovviso, come se avesse percepito la presenza di qualcuno che non doveva essere lì. Cominciò ad agitarsi e a guardarsi attorno preoccupata.
â¹â¹Mi hanno scoperta, maledizioneâºâº, imprecò. â¹â¹La Dea ti vuole, il tuo destino è già stato scritto. Non puoi cercare di cambiare il corso degli eventi. Salvaci!âºâº.
Pronunciò queste parole con intensità e violenza tali che sembrarono lame taglienti. Mi colpì nel profondo dellâanima e capii che forse non era solo un semplice brutto sogno: era qualcosa di reale che avrebbe cambiato in maniera drastica la mia vita.
Avrei voluto supplicarla di restare e spiegarmi meglio cosa stava succedendo, ma non appena provai ad aprire bocca per parlare, dietro la ragazza si materializzò una sagoma.
Era una figura annebbiata, potevo vederne solo i contorni sfocati. Lâunica cosa che riuscivo a focalizzare erano i suoi occhi, due intensi occhi neri come la notte che mi paralizzarono lâintero corpo.
Non volevo stare lì un minuto di più, dovevo uscire dal sogno a tutti i costi. Solo che ero bloccata in quella dimensione.
Urlai a squarciagola e lâombra di quella figura sconosciuta si fece sempre più vicina. Una risata profonda mi risuonò nelle orecchie. â¹â¹Sarai mia, Sofia, non puoi sfuggirmiâºâº, tuonò lâombra.
â¹â¹Stai lontano da meâºâº, gridai â¹â¹voglio andarmene da quìâºâº, e allâimprovviso spalancai gli occhi e sobbalzai nel letto.
Ero sudata, la fronte imperlata di sudore. Mi guardai subito attorno. Per fortuna ero nella mia stanza. Chiusi gli occhi e le immagini di quellâincubo mi passarono per la testa, una a una, come il riassunto veloce di un film.
Un gelido alito dâaria mi sfiorò la pelle ancora umida.
Qualcuno mi stava osservando. Avevo la netta sensazione di sentirmi di nuovo quegli occhi neri puntati addosso, ma non riuscivo a vedere nessuno.
Il cuore cominciò a battere a mille.
Sentii dei passi sempre più vicini e iniziai a ripetermi che non poteva essere vero, che il sogno non poteva avverarsi.
Qualcosa saltò nel letto. Soffocai uno strillo con le mani e portai le ginocchia al petto di scatto.
â¹â¹Ade! Mi hai fatto morireâºâº, dissi alla mia palla di pelo color miele. Mi misi a coccolare il mio cane che nel frattempo si era raggomitolato vicino a me.
Decisi di concentrarmi su di lui, accarezzandolo per rilassarmi. Avrei valutato la mattina seguente se preoccuparmi o meno dellâincubo. Nel frattempo avrei dovuto provare a dormire ancora un poâ, però la paura di ritornare in quellâorribile fantasia era troppa.
Di una cosa ero certa: le brutte sensazioni che provavo non mi avrebbero lasciata, anzi, sarei stata pronta a scommettere che sarebbero aumentate col passare del tempo.
2
LA VECCHINA
Ero rimasta sveglia quasi tutta la notte. Il sogno della sera prima mi aveva lasciato addosso una strana sensazione. Avevo come il terrore che tutto ciò potesse essere vero e non solo frutto della mia mente contorta.
Mi alzai e mi sedetti sul bordo del letto. Respirai a fondo tre, quattro volte, finché non riuscii a sentirmi un poâ più tranquilla.
Trascinai i piedi fino allâarmadio, presi un paio di pantaloni corti e neri e la prima canotta che mi venne tra le mani.
Mi guardai allo specchio. Ero pallida, due occhiaie scure indicavano il fatto che avessi riposato molto male e i capelli non erano da meno.
Per la prima volta dimostravo qualche anno in più. Ero abituata a sentirmi dire che sembravo più piccola: mai nessuno mi dava diciotto anni. Dopotutto avevano ragione. Nemmeno io mi sarei data la mia età , ma quella mattina dimostravo davvero i miei anni.
Mi passai una mano sul viso come se con quel gesto avessi potuto cancellare tutti i pensieri.
Poi presi la piastra, i trucchi e cominciai il restauro.
â¹â¹A noi due, sconosciutaâºâº, minacciai il mio riflesso con la spazzola. â¹â¹Vedremo chi avrà la meglioâºâº.
Alla fine vinsi io. I capelli tornarono lisci e li raccolsi in una coda di cavallo, il fondotinta coprì le occhiaie e la matita nera diede un tocco di colore agli occhi stanchi.
In realtà il trucco sarebbe stato inutile dato che dovevo solo andare a fare jogging al parco prima di mettermi a fare qualcosa, ma quella mattina ne sentivo proprio il bisogno.
E sentivo anche il bisogno di leggere i tarocchi.
Era unâabitudine. Ogni volta che avevo un dubbio o unâincertezza prendevo le carte per vedere cosa mi avrebbero consigliato di fare.
In un certo senso mi facevano sentire più tranquilla.
Attraversai la stanza con due enormi falcate, presi il mazzo di carte dal cassetto vicino al letto e mi sedetti a terra a gambe incrociate.
Mi concentrai e mescolai le carte con cura cercando di svuotare la mente. Spezzai il mazzo, lo ricomposi e sospirai.
Poi a mezza voce dissi: â¹â¹Come posso capire il sogno di ieri sera? Che succederà adesso?âºâº.
Era una domanda un poâ assurda da fare: di solito chiedevo come mi dovevo comportare, se dovevo fare una determinata cosa, oppure domandavo dei consigli riguardo a un lavoro o a unâidea. Non volevo e non avrei mai usato i tarocchi per cercare di leggere il futuro. Andava contro la mia convinzione che i veri fautori del proprio destino siamo noi stessi e nessuno può sapere per certo cosa accadrà domani.
Quella mattina, però, la domanda fu spontanea. Tirai fuori tre carte dal mazzo e le poggiai